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Farinél | 26 ottobre 2025, 12:02

Farinél- A North Kinangop dove gli angeli parlano la nostra lingua

Il nostro Farinél torna per la quarta volta in missione in Kenya con l’urologo Bruno Frea e con una squadra molto albese di volontari, pronti a spendersi in modo gratuito per la popolazione degli altipiani del centro Africa

Da un’asta all’altra per far arrivare oltre 25 mila euro da Barolo en Primeur e Asta mondiale del tartufo all’ospedale di North Kinangop, il nosocomio cresciuto grazie al sogno di un grande missionario, don Sandro Borsa, prete di origine padovana, da anni legato al nostro territorio.

Arrivato alla quarta missione, il buon senso, a un mese dalla rottura scomposta e multipla del mio braccio destro, avrebbe imposto di evitare un viaggio lungo 28 ore e i duri letti delle brandine dell’ospedale, ma è stato troppo forte il richiamo di questo luogo distante migliaia di km; eppure, così vicino a casa.

Non è un caso che lo stemma della città di Alba sia la prima cosa che è possibile vedere entrando nella guest house dell’ospedale, fulcro delle serate e delle notti dei volontari che di giorno operano all’interno delle mura del North Kinangop Catholic Hospital. 

È difficile spiegare cosa sia questo luogo a chi non ci è mai stato, forse impossibile, un ospedale totalmente autosufficiente in cui si produce ciò che si consuma, in linea con il sogno di Don Sandro, un personaggio che potrebbe insegnare economia in Bocconi, pur non avendo mai studiato economia.

Nel periplo dell’ospedale si allevano animali, si coltivano frutta e verdura, si producono pane e pizza, latte, si rompono le pietre che serviranno a realizzare nuovi reparti e nuove abitazioni per medici e infermieri. 
Fuori il contesto è di una povertà estrema, si vive con 30-50 dollari al mese, ma la benzina costa 1,4 dollari al litro, spostarsi è una cosa da ricchi. 

Dentro Don Sandro cura tutti, sia chi arriva in ospedale con l’assicurazione, sia chi non se la può permettere, il modello italiano che sconfigge quello americano grazie all’umanità e al buon cuore di un missionario che ha trovato comunque il modo di far quadrare i conti a fine mese, pagando quasi 500 stipendi, tra mille peripezie.

I medici specializzati e i volontari danno un contributo fondamentale perché consentono all’ospedale di tagliare i costi e di recuperare fondi, il resto lo fanno le donazioni come quella delle due aste o dei tanti benefattori grazie ai quali è stato possibile donare quasi 100 mila euro all’ospedale in pochi anni.

Il sabato e la domenica sono dedicati al riposo, da lunedì partiranno gli ambulatori, le visite e le operazioni, l’urologo Bruno Frea, 79 anni, in Kenya per la sua 31 esima missione, con la sua equipe di specializzandi opererà oltre 50 persone a settimana.
Eroi, non possono essere definite diversamente queste persone che dedicano la propria vita agli altri e che a una pensione dorata o al meritato riposo, preferiscono continuare a salvare vite.
Ieri, approfittando della giornata di riposo, siamo andati a Nakuru per visitare lo splendido parco della città, viaggiando su una delle ambulanze che nel fine settimana vengono messe a disposizione dei volontari italiani non dovendo trasportare i pazienti.

All’ingresso del parco, ma anche nel ristorante, persino per strada, sono decine le persone che vedendo le insegne dell’ospedale di North Kinangop raccontano della nonna o del genitore ricoverato e tutti parlano della grande umanità incontrata all’interno del nosocomio.
Ogni volta è un grande orgoglio perché mi fa capire di essere nel posto giusto, di sostenere il posto giusto, di lottare e cercare fondi per il posto giusto. Un angolo di paradiso nell’inferno di un paese in cui ci si uccide per pochi dollari, una polveriera pronta a esplodere da un momento all’altro.

“Cercare e saper riconoscere chi o che cosa in mezzo all’inferno non è inferno e costruire e dargli spazio”. Nella frase di Italo Calvino c’è tutta la filosofia di un posto come North Kinangop.

Il 21 di settembre con un braccio danneggiato in più punti, la prima cosa che dissi all’ortopedico dell’ospedale di Verduno fu: “La prego mi dica che potrò partire il 22 ottobre per il Kenya”. 

Oggi sono qui, per la quarta volta e in ogni occasione è stato diverso, ogni volta mi è servita per resettare e ripartire, per rimettere a posto la scala dei valori e delle priorità. La prima volta arrivò dopo un mese e mezzo dalla mia separazione e mi salvò, la seconda nel luglio 2024, mi riportò al mondo in un periodo ancora più difficile. La terza a novembre 2024 fu una toccata e fuga di una settimana ricca di nuove conoscenze e amicizie.

Questa è la volta della consapevolezza, della maturità, sono qui perché volevo essere qui e ho aspettato questo momento per quasi un anno e sono contento di potervela raccontare perché questi eroi meritano tutta la visibilità e il sostegno possibile.

 

Marcello Pasquero

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