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Farinél | 15 gennaio 2023, 11:15

FARINEL/ A.A.A. Neve Cercansi

Domani lunedì 16 gennaio si festeggia la giornata internazionale della neve: una festa che rischia di essere celebrata senza la festeggiata, che per mesi e mesi si è fatta attendere sulle colline del nostro territorio per poi mandare il traffico in tilt lo scorso 15 dicembre e poi tornare a latitare.    

FARINEL/ A.A.A. Neve Cercansi

Pochi giorni fa, mentre ero intento a navigare nel web, il mio occhio è stato catturato dal titolo di un articolo: “Lunedì 16 gennaio sarà la giornata mondiale della neve”.

Mi sono subito documentato sull’argomento, scoprendo che questa giornata è stata creata nel 2012 dalla Federazione internazionale dello sci al fine di promuovere gli sport invernali, soprattutto tra i giovani.

Ad attirare la mia attenzione, in realtà, non è stata la notizia con le relative motivazioni che hanno portato a dedicare un giorno alla “regina bianca”, ma all’amara considerazione che forse, di questi tempi, resta davvero poco da festeggiare in merito a questo tema.

Dopo un inverno 2021-2022 disastroso dal punto di vista delle nevicate, che ha lasciato spazio a una delle estati più torride di sempre, la fine dell’anno ha avuto l’infausto compito di ricordarci quanto ormai siamo poco abituati a vedere le nostre colline imbiancate quando, lo scorso 15 dicembre, il traffico del cuneese è rimasto paralizzato per ore a causa di pochi centimetri di neve.

Ci siamo scordati in fretta cosa significasse vedere le nostre colline cariche di neve, io stesso lo avevo scordato, seppur da bambino mi adoperassi ogni inverno nella realizzazione di numerosi pupazzi di neve e non capissi perché i grandi maledicessero quella meravigliosa manna caduta dal cielo per fare contenti noi piccoli.

La neve c’era, c’era sempre stata e la sensazione era che ci sarebbe sempre stata.

Oggi, a distanza di meno di trent’anni da quei ricordi di bambino, le stesse colline che mi hanno visto correre rapidissimo a cavallo del mio slittino la mattina successiva a una violenta nevicata, piangono l’assenza di precipitazioni e soffocano a temperature mai viste.

Lunedì 9 gennaio sono stato invitato a presentare il convegno dell’8° congresso della camera del lavoro della Cgil a Cuneo. Tra i relatori invitati anche due ragazze in rappresentanza di Fridays for Future, il movimento internazionale di protesta per la Giustizia Climatica.

Nell’occasione ho imparato due cose, o meglio una già la sapevo ed è che le parole sono importanti, quando le ragazze hanno sottolineato che non sono in corso cambiamenti climatici che ci son sempre stati e sempre ci saranno, ma che è in corso una crisi climatica senza precedenti e che quindi sia necessario non parlare di cambiamenti climatici, ma di crisi climatica.

La seconda è che, scusatemi il francesismo, ma siamo quasi fottuti. Questo lo immaginavo, ma non sapevo quanto fosse avanzato il processo e se io, che oggi ho 40 anni, vengo preso dallo sconforto a pensare a questo, figuriamoci loro, i ragazzi di FFF che di anni ne hanno, spesso, meno della metà.

Fuori dalle mura del Foro Boario di Cuneo i 10 gradi, il sole tiepido, l’aria quasi primaverile, al 9 gennaio, che prima trovavo piacevoli, mi son sembrati, quasi, un inferno.

Le ragazze hanno usato il paragone con il nostro corpo che in condizioni normali ha una temperatura di 36,5 gradi, per lasciare immaginare cosa possa succedere quando le temperature si innalzano di 4 gradi in 30 anni, come successo al nostro pianeta. Il risultato è una febbre alta costante con sintomi e instabilità, ma anche con la paura/prospettiva di arrivare a un collasso del corpo.

Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, a partire dal settore degli sport sciistici che per la provincia di Cuneo e per il Piemonte rappresenta un settore trainante dell’economia.

Ora ci troviamo nella situazione in cui per sciare bisogna salire oltre i 3.000 metri con il mondiale di Sci alpino che è stato completamente stravolto con località di riferimento per gli sport invernali che, nelle migliori delle ipotesi si sono riconvertiti a bike park e nella peggiore sono rimaste deserte.

Non sta a me dire quanto sia grave la situazione (per chi volesse approfondire esistono fior fiori di studi che raccontano cosa stia succedendo nel Mondo in questo momento dal punto di vista climatico), non sta nemmeno a me lanciare moniti e neppure a dire cosa bisogna o non bisogna fare per “salvare” il Pianeta.

Il tema della crisi climatica è spinoso, molto complesso e rischia di sollevare molte polemiche e altrettante inesattezze.

Desidero però ricordarvi di non sottovalutare la vostra importanza in relazione a questo tema e l’importanza delle vostre (e nostre) abitudini.

Non dimentichiamoci che ognuno di noi, nel suo piccolo, ha la possibilità (e mi sentirei di aggiungere, la responsabilità) di fare qualcosa per impattare anche solo un po’ di meno sull’ecosistema. Parlo di gesti molto semplici, apparentemente banali: differenziare correttamente, non sprecare acqua ed energia, acquistare prodotti più “vicini” possibile, seguire la stagionalità dei prodotti della terra e molti altri.

Salveremo il mondo in questo modo? Probabilmente no, ma avremo ottenuto come gradito “effetto collaterale” di diventare consumatori più consapevoli e, più in generale, cittadini più responsabili.

Qualcuno si consola (e si autoassolve) pensando che a interrogarsi sia solamente l’Europa che rappresenta il 7% delle emissioni di Co2 nell’ambiente, è vero, è purtroppo vero; quindi, tutti i nostri sforzi potrebbero rivelarsi vani, ma è anche vero che tutte le rivoluzioni culturali sono partite dall’Europa. Il Vecchio continente ha la responsabilità e il dovere, mentre gli altri continuano la corsa agli armamenti e la guerra di posizionamento, di far capire che non esiste un Pian(eta) B.

Marcello Pasquero

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