Per raccontare Alba a un forestiero non c’è luogo migliore di via Teobaldo Calissano. Il liceo Classico Govone, che fu fondamentale per la formazione di Beppe Fenoglio, la chiesa più antica del territorio: San Domenico, il tempio degli albesi, restaurato grazie a Famija Albeisa, un barbiere old style, il caffè Teatro, l’Osteria Era Nuova.
Poco più in là il Seminario e, a fare da collante, il Teatro Sociale Giorgio Busca, il teatro degli albesi. È questo, forse, l’angolo più vero dell’albesità che regge alle catene delle multinazionali, al rinnovamento che omologa tutto e trasforma ogni città in una insipida fotocopia.
Al centro di questa piccola, ma significativa, porzione di città è il nostro teatro, che giustamente viene celebrato in questi giorni dall’amministrazione albese, perché non è scontato avere, in una città di poco più di 30 mila abitanti un teatro unico in Europa e, più in generale, un teatro.
A lungo Alba rischiò di perdere questo importante presidio di cultura che oggi diamo per scontato, ma che ribadisco, scontato non è.
Le anime di questo scrigno meraviglioso sono Simonetta Pavese e Mario Brucato, molto più che due dipendenti comunali, amano questo teatro e ne conoscono ogni centimetro. Sono i custodi di un grande patrimonio.
Quando qualche amico viene a trovarmi ad Alba da lontane città d’Italia o d’Europa, la prima cosa che faccio è andare a vedere se per caso Simonetta e Mario sono in teatro, perché ritengo che nessun luogo possa raccontare Alba come il “Giorgio Busca”, risorto dalle ceneri, come una fenice, più volte.
La nascita del Teatro Sociale di Alba risale al 1855, in pieno clima risorgimentale. Fu costruito per volontà di un gruppo di cittadini illuminati, desiderosi di dotare la città di uno spazio dedicato alle arti sceniche, allora simbolo di progresso sociale e di apertura verso il mondo. Il teatro divenne presto uno dei principali punti di riferimento culturali della zona, attirando compagnie teatrali, artisti e un pubblico eterogeneo, affamato di spettacoli e novità.
L’edificio, caratterizzato da una facciata sobria ma elegante, rappresenta uno splendido esempio di architettura ottocentesca. All’interno, la sala a ferro di cavallo, decorata con stucchi e affreschi, trasmette ancora oggi il fascino delle grandi serate d’altri tempi. Col tempo, il teatro ha conosciuto diverse ristrutturazioni, necessarie per restare al passo con le esigenze tecniche e di sicurezza, senza mai tradire la propria identità storica e artistica.
Nel corso dei decenni, il Teatro Sociale di Alba ha ospitato spettacoli teatrali, concerti, conferenze, proiezioni cinematografiche e molte altre iniziative, diventando un punto d’incontro per generazioni di albesi. Dai grandi nomi della prosa italiana ai giovani talenti locali, il palcoscenico del Sociale è stato – e continua a essere – una palestra di cultura e creatività.
Grande animatore fu Enrico Serafino a cui mi univa una profonda amicizia e che fu tra i protagonisti della rinascita del Teatro Sociale che mise le basi durante le sindacature di Tomaso Zanoletti e si concretizzò nei due mandati di Enzo Demaria.
Fu un grande lavoro collettivo contro quei, a dire il vero pochi, che pensavano Alba potesse fare a meno di un teatro.
Ne parleremo questa sera alle 18.30 in un incontro da non perdere che avrò l’onore di moderare in cui con il sindaco Alberto Gatto, il senatore Tomaso Zanoletti, il dottor Francesco D’Agostino, gli architetti Ugo Dellapiana e Guido Caminiti, con l’ingegner Giuseppe Gobino e Marino Busca andranno a raccontare la rinascita del Teatro Sociale.
Una rinascita che va di pari passo con quella della città e che fa del Teatro Sociale uno dei luoghi di cultura più vivi, animati e importanti del Piemonte, un teatro unico in Europa di cui andare fieri e da difendere e tutelare.














