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Schegge di Luce | 26 ottobre 2025, 07:34

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di don Luigi Maria Epicoco

Commento al Vangelo del 26 ottobre 2025, XXX Domenica del Tempo Ordinario

Don Luigi Maria Epicoco con la comunità parrocchiale di Madonna del Pilone

Don Luigi Maria Epicoco con la comunità parrocchiale di Madonna del Pilone

In quel tempo, Gesù disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato» (Lc 18,9-14).

Oggi, 26 ottobre 2025, la Chiesa giunge alla XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C, colore liturgico verde).

A commentare il Vangelo della Santa Messa è don Luigi Maria Epicoco, sacerdote della diocesi de L’Aquila.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

La parabola raccontata nella pagina del Vangelo di oggi è l’elogio della vera umiltà. Infatti i due personaggi che fanno da protagonisti sono idealmente collocati l’uno in prima fila e l’altro all’ultimo posto.

Il primo pensa di poter vantare davanti a Dio dei meriti: «O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo».

L’altro invece può solo ammettere la propria inadeguatezza: «O Dio, abbi pietà di me peccatore».

Gesù non ha dubbi nel dire che solo questo secondo torna a casa giustificato. Chi accumula medaglie pensando che questo lo autorizzi a disprezzare gli altri è palesemente fuori strada.

Chi si sente migliore del suo prossimo non ha lo Spirito di Dio nel proprio cuore. Chi invece ha lo Spirito nel proprio cuore prova sempre compassione per l’altro anche quando è immerso nel peggiore dei suoi peccati.

L’umiltà infatti non è disprezzarsi ma è avere talmente tanto consapevolezza della propria miseria da provare compassione per quella altrui. È non sentirsi mai migliori anche quando evidentemente il tenore della propria vita è decisamente migliore.

Molti santi amavano dire che se il Signore non avesse tenuto la Sua mano sulla loro testa probabilmente sarebbero diventati i peggiori peccatori del mondo. Non esageravano, probabilmente è proprio così. Infatti il bene che viviamo è un dono non una medaglia.

Silvia Gullino

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