In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano (Mc 16,15-20).
Oggi, 12 maggio la Chiesa celebra la solennità dell’Ascensione del Signore (Anno B, colore liturgico bianco).
A commentare il Vangelo della Santa Messa è don Cosimo Monopoli, Cappellano Militare per l’Esercito Italiano in Avellino. Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.
Eccolo, il commento.
Quaranta giorni dopo la sua risurrezione, Gesù ascende (o meglio, è assunto) in cielo!
Partiamo dalla consapevolezza che siamo chiamati a leggere il quaranta non tanto come periodo cronologico (ovvero il tempo che scorre) quanto come tempo kairologico (ovvero il momento favorevole per la grazia e la misericordia di Dio, quindi tempo sufficiente per vedere le opere di Dio e tempo entro il quale occorre decidersi ad assumere le proprie responsabilità senza ulteriori rimandi; infatti come è stato per Noè con i quaranta giorni del diluvio universale, per Mosè con i quaranta giorni sul monte Sinai, per il popolo di Israele con i quarant’anni nel deserto, per i cittadini di Ninive con i quaranta giorni di penitenza in vista della conversione, per Elia con i quaranta giorni di cammino verso l’Oreb, per Gesù con i quaranta giorni di digiuno nel deserto… e potremmo continuare la lista, così è per quei discepoli e apostoli con i quaranta giorni in cui sperimentano l’evento della risurrezione vedendo e toccando il Risorto, stando, dialogando e mangiando con Lui: vivono questo tempo di grazia per leggere con occhi nuovi gli insegnamenti del maestro, per ravvedersi dalla paura che ha causato la loro fuga dal momento buio della passione e per lasciarsi plasmare dalla vitalità dell’amorevole dedizione del Signore al fine di annunciare le sua meraviglie).
I discepoli, come i 72, erano già stati inviati ad annunciare e manifestare le opere del maestro per poi tornare per confrontarsi ed essere confortati nel rallegrarsi dell’opera compiuta e con entusiastici alti e bassi poi hanno fallito il venerdì santo, ma ora, dopo aver fatto esperienza del Risorto per quaranta giorni, non possono più rimandare la loro decisione alla sequela e alla testimonianza: sono destinatari di un imperativo con il quale Gesù lascia loro le redini per far giungere il suo messaggio di amore ad ogni creatura.
Andate! È il verbo che si impone per l’invio in missione senza limiti geografici per proclamare il lieto messaggio del Regno di Dio, cioè che la salvezza e la vita divina rivelata dai miracoli e dalla risurrezione di Gesù, il Figlio di Dio, è offerta a tutti i popoli indistintamente; questo significa evangelizzare: continuare l’opera di salvezza per la quale Gesù è stato inviato dal Padre.
Gli inviati portano una proposta alla quale ogni creatura può aderire credendo in Gesù, vero Dio e vero Uomo, e ricevere il battesimo nel nome della Santissima Trinità. Questa adesione non resta teorica e privatistica, ma ha come naturale conseguenza la testimonianza, accompagnata realmente da prodigi: scacciare i demoni (collaborare con la Grazia a tirar fuori il prossimo da situazioni negative e viziose, traboccando amore), parlare con linguaggi nuovi (ogni comunicazione sia impregnata dalla Parola di Dio), prenderanno in mano i serpenti (riuscire ad affrontare la realtà con verità e carità), saranno immunizzati dai veleni (nessuna menzogna o maldicenza o falsità può scalfire il cristiano), guariranno i malati (attraverso la consolazione del corpo fisico e l’aiuto alla salvezza dell’anima).
Che grande responsabilità e che grande gioiosa certezza ci viene donata in questa missione, consapevoli che l’ascensione del Signore Gesù al cielo non è un evento conclusivo, ma dando la nostra testimonianza l’ultima parola che anima la nostra speranza è: tornerà!