Federica Barbero Invernizzi, architetto con studio a Moretta, dal giugno 2023 è la responsabile regionale del ‘Dipartimento spettacolo teatro e valorizzazione del territorio per Fratelli d'Italia’.
Nel suo lavoro di architetto si afferma per l’approccio rispettoso e attento nel recupero e nella ristrutturazione di edifici, esterni ed interni, combinando abilmente elementi tradizionali e moderni.
Attraverso la sua passione per l'architettura e il suo impegno politico, Federica Barbero Invernizzi si distingue come un punto di riferimento nella valorizzazione del territorio piemontese.
Com’è nata la vocazione per l’architettura?
“L'architettura è una passione di famiglia che ho ereditato da mio padre il quale è geometra, con uno studio tecnico a Canelli.
Anche uno dei miei due fratelli è architetto come me.
Appena laureata, ho avuto l'opportunità di lavorare per il Comune di Santo Stefano Belbo. Mi era stato affidato il compito di portare a termine alcune varianti al Prgc, questa prima esperienza a livello normativo e territoriale è stata molto interessante e costruttiva sia a livello professionale che umano”.
Cosa ama progettare maggiormente?
“Amo la progettazione e il design, così come la ristrutturazione e il recupero di edifici esistenti.
Sviluppo i miei lavori fino ad una resa fotografica attraverso la renderizzazione, che trasforma un modello tridimensionale in una foto realistica.
Per me la cura del dettaglio è fondamentale.
Quando ho frequentato l'Università, i computer non erano ancora così diffusi e si disegnava ancora quasi tutto a mano in quanto non c’erano ancora programmi dettagliati riguardanti il disegno tecnico e i rilievi.
La mia tesi di laurea si intitolava 'Il palazzo nobiliare barocco a Torino'.
Per realizzarla, ho girato tutta la città per scovare i palazzi più belli e studiarne i dettagli".
Qual è stata la sua reazione iniziale alla nomina, da parte di Fratelli d’Italia, a ‘Responsabile del dipartimento teatro, spettacolo e valorizzazione del territorio’? Considerando la sua formazione in architettura, non si aspettava un ruolo più tecnico?
"Valorizzare il territorio significa per me abbracciarne la sua cultura, la sua storia e la sua bellezza. È un ruolo che mi onora e che mi permette di mettere al servizio della mia comunità le mie competenze.
Vivo a Moretta da oltre 20 anni, ma sono originaria di Canelli nell’astigiano, luogo di confine tra Langhe e Monferrato. Le mie radici contadine mi hanno trasmesso i valori della terra e l'amore per la tradizione.
Sono quindi grata di poter contribuire allo sviluppo e alla crescita del Piemonte in tale senso.
Fin da subito ho intrapreso questo percorso, stringendo contatti con diverse realtà del Cuneese e del Torinese, sia nel mondo dell'associazionismo che del volontariato".
Ci parli delle realtà in cui è entrata in contatto.
"Ad esempio, nel campo del teatro ho avuto modo di conoscere un gruppo di piccole compagnie che stanno lavorando alla creazione di una scuola di recitazione. Un progetto ambizioso che, se realizzato, porterebbe nuova linfa al panorama teatrale locale.
Credo fermamente che il teatro e lo spettacolo siano strumenti di grande valore per la valorizzazione del territorio. Non solo arricchiscono l'offerta culturale, ma stimolano anche il senso di appartenenza e d'identità della comunità.
Sono quindi entusiasta di poter dare il mio contributo a questo progetto".
Con i ragazzi del centro diurno di Nizza Monferrato allo spettacolo di Natale
Quali sono, secondo lei, le caratteristiche distintive del teatro dialettale che lo rendono un patrimonio prezioso da preservare?
"Le compagnie di teatro dialettale, composte da attori amatoriali, sono un patrimonio prezioso per la nostra comunità. Offrono svago, socializzazione e un senso di appartenenza, arricchendo il tessuto sociale anche delle piccole comunità.
Tuttavia, queste realtà soffrono di una carenza di fondi, aggravata dal periodo della pandemia.
Per questo motivo, è fondamentale intervenire per tutelare e garantire la loro sopravvivenza.
Ritengo che diverse soluzioni possano essere messe in campo, come creare una rete di collaborazione tra le compagnie favorendo lo scambio di risorse e competenze, oppure mettendo a disposizione sedi gratuite per gli spettacoli dialettali e realizzare una sorta di censimento completo delle compagnie amatoriali per mappare le loro esigenze specifiche".
Vive a Moretta con la sua famiglia in una casa che ha ristrutturato, in cui ha realizzato anche il suo studio di architettura. Quanto la rappresenta il luogo in cui vive e lavora?
"Qualche tempo dopo la laurea ho conosciuto mio marito Pierantonio (Invernizzi ndr) e mi sono trasferita a Moretta. Qui di fronte alla casa in cui viviamo ho aperto il mio studio di architettura dopo aver ristrutturato un edificio antico.
Nella ristrutturazione ho seguito i principi che nutro per il rispetto dell'ambiente e l'amore per i materiali di recupero. Ho evitato sprechi e ho cercato di mantenere la coerenza con l'edificio originale e il contesto locale.
Avevo fatto ricerche sulle antiche riproduzioni del paese, che mi avevano ispirato l'idea di riplasmare questa zona di Moretta come lo era un tempo.
Nel progetto ho ridisegnato la volumetria dell'edificio e per la sua realizzazione ho utilizzato materiali di recupero, come il legno delle travi del tetto che sono diventate il parquet.
Anche i mobili sono stati disegnati da me. Amo il contrasto tra antico e contemporaneo, e cerco di abbinare le due cose nei miei progetti".
Com’è stato trasferirsi a Moretta dopo aver vissuto a Canelli e poi a Torino nel periodo degli studi?
"Rispetto a Canelli e Torino, dove ho vissuto la mia gioventù, Moretta mi ha colpito per la sua dimensione più raccolta e a misura di persona.
Subito ho imparato ad apprezzare la sua tranquillità e il senso di comunità.
I periodi più belli della mia gioventù li ho vissuti nelle cascine dei miei nonni, in campagna a Canelli e sulle colline sopra Alba, tra vigneti e noccioleti.
La natura ha sempre avuto un ruolo importante nella mia vita, e qui a Moretta ho trovato nuovi posti da esplorare con mio figlio Egidio e mio marito Pierantonio, come i sentieri naturalistici che costeggiano il Po o visitare tutti i beni artistici ed architettonici di queste zone a partire dall’abbazia di Staffarda e il centro storico di Saluzzo.
Credo di aver trasmesso a mio figlio, che oggi ha 20 anni, la passione per la natura, la storia e l'architettura e proprio frequentando questi luoghi, ha sviluppato un profondo legame nei loro confronti.
I miei genitori mi hanno insegnato l'importanza della serietà e del rigore, valori che ritrovo nel mio lavoro di architetto. È una professione che mi permette di esprimere la mia creatività e di contribuire alla bellezza del territorio".
Lei ha spostato Pierantonio Invernizzi che con i suoi due fratelli Ambrogio e Giovanni, con la mamma Anna e la famiglia Barattero (zii e cugini ndr) sono proprietari della Latterie Inalpi, un colosso nel campo lattiero caseario. Che ruolo ha nell’azienda familiare?
"La mia famiglia è molto unita e facciamo tante cose insieme, dai viaggi di piacere ai progetti di lavoro. Ci confrontiamo e prendiamo decisioni in modo univoco sia con mio marito che con mio figlio, cosa che per me è molto importante.
Certamente sono coinvolta nell'azienda di famiglia.
La nostra casa è stata progettata per ospitare tante persone ed è un luogo dove ci si sente a proprio agio e si possono creare relazioni sincere.
Mio marito Pierantonio e mio figlio Egidio, (che porta il nome del nonno, fondatore dell’Inalpi ndr) sono parte integrante della mia vita e del mio lavoro.
Condividiamo i valori della famiglia e della tradizione, che sono un fondamento in cui crediamo molto.
In azienda, ognuno ha il suo ruolo ben definito. Non credo nei ‘tuttologi’, ma nella collaborazione e nel confronto. Solo così si può fare progredire un’azienda che era nata a conduzione familiare.
In Inalpi, con il mio studio ci siamo occupati della ristrutturazione degli uffici, sia per quanto riguarda l'architettura interna che la progettazione dell’arredamento".
Con l’Inalpi siete attivi nel campo dell’aiuto ai più deboli. Ha collaborato in qualche iniziativa recente?
"Lo scorso dicembre, assieme a mio marito, ci siamo recati a Torino per conto dell’Inalpi per donare un ambulatorio mobile dedicato ai senza fissa dimora.
È gestito dalla ‘Civess’ (Corpo italiano volontari emergenza soccorso e solidarietà) associazione torinese attiva nel supporto alle persone in situazioni di difficoltà per dare assistenza medica di base direttamente nelle strade della città, raggiungendo i più bisognosi ovunque si trovino per garantire il diritto alla cura a tutti, anche a chi vive ai margini della società".
Qual è la sua opinione sulle attuali trasformazioni ambientali e sul cambiamento climatico?
"Considero l’ambiente una priorità nel mio lavoro, per questo cerco di essere sempre attenta al riciclo dei materiali.
Credo che sia fondamentale lavorare in modo sostenibile, nel rispetto del territorio e delle risorse naturali.
Pur apprezzando l'innovazione tecnologica amo il contatto con la natura.
Nel mio tempo libero oltre a dedicarmi a lunghe passeggiate coltivo l’orto, un'attività per me rilassante e rigenerante.
La terra e l'ambiente sono per me valori essenziali e nella mia professione cerco di recuperare le tradizioni edilizie del passato, utilizzando anche materiali locali".
Come concilia il suo lavoro con la politica?
"Ritengo che la politica sia un servizio alla comunità in quanto dobbiamo mettere al centro le persone e i loro bisogni, non gli interessi di parte.
Per me la politica è un impegno per il bene comune, uno strumento per migliorare la vita della collettività.
Come architetto, mi occupo di progettare spazi che siano belli, funzionali e sostenibili. In politica, mi impegno a fare lo stesso mettendo a disposizione le mie competenze.
Entrambe le professioni richiedono creatività, ‘problem solving’ e la capacità di lavorare con persone diverse.
Sono fiduciosa che, insieme, possiamo costruire un futuro migliore, più giusto e più inclusivo".