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Schegge di Luce | 09 aprile 2023, 09:04

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di don Marco Panero

Commento delle Letture della Messa del 9 aprile, domenica di Pasqua

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di don Marco Panero

Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.

Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».

Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.

Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.

Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. (Gv 20,1-9).

Oggi, 9 aprile è la domenica di Pasqua e si celebra la Risurrezione del Signore (anno A, colore liturgico bianco). A commentare il Vangelo della Santa Messa è il sacerdote salesiano don Marco Panero, professore di Filosofia Morale, presso l’Università Pontificia Salesiana, a Roma.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di Luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole che sono come scintille per accendere le ragioni della speranza che è in noi. Eccolo, il commento.

C’è un gran trambusto attorno al sepolcro di Gesù, il mattino di Pasqua. Quel luogo periferico, collocato fuori dalla città santa, diviene improvvisamente protagonista, annunciandosi come il futuro centro topografico della Gerusalemme cristiana.

Di fronte alle parole allarmate della Maddalena, Pietro e l’altro discepolo (da identificarsi verosimilmente con Giovanni) decidono di fare un immediato sopralluogo alla tomba. Significativamente vanno insieme. E ci vanno di corsa, come anche Maddalena era arrivata di lì correndo. Una corsa di impazienza e trepidazione, che svela l’amore che lega a Gesù ciascuno dei discepoli. Nel caso di Pietro, verrebbe da pensare che quella corsa sia un tentativo di riscattarsi dalla vergogna del rinnegamento, consumato solo due giorni prima.

Giovanni giunge per primo al sepolcro, probabilmente perché più giovane e prestante. Vi giunge con lo slancio di un cuore reso agile dall’amore. Eppure, giunto sulla soglia, non entra, ma cede rispettosamente il passo a Pietro, quasi a non voler alterare in alcun modo la scena, prima che Pietro avesse modo di rendersene conto. È istruttiva questa reciproca precedenza tra Pietro e Giovanni. L’acutezza spirituale di Giovanni e la sua leggerezza d’amore lo fa arrivare per primo e credere per primo. Eppure il suo radicamento nella comunità gli fa rinunciare ad ogni presunto privilegio, cedendo la precedenza a Pietro.

Davanti ai loro occhi si para il sepolcro vuoto, muto testimone della Risurrezione, però ancora insufficiente a far sorgere la fede. Non trovare più il corpo di Gesù non dimostra infatti che Egli sia davvero risorto, come in effetti le parole della Maddalena lasciano intendere. Occorre dell’altro per venire alla fede. Tant’è che la fede nella Risurrezione del Signore maturerà gradualmente nei discepoli e nella stessa Maddalena, e avrà bisogno anche del contatto con il Signore risorto, che si manifesterà loro di lì a poco.

Allora sì, tutto diviene chiaro: le profezie delle Scritture, i discorsi che Gesù faceva quando era ancora con loro, il senso stesso della sua passione e morte. Da quello sguardo di fede anche la loro vita di discepoli ne esce trasfigurata; da allora nulla sarà più come prima, e vivere, per loro, significherà d’ora in poi annunciare a tutti la Risurrezione del Signore. 

Da quel giorno memorabile, un lieto annuncio corre sulla bocca dei credenti e attraversa le generazioni: «Il Signore è davvero risorto!».

È il saluto che i cristiani si scambiano a Pasqua, rincuorandosi a vicenda. La Pasqua non è uno dei tanti avvenimenti del passato: è l’evento su cui poggia la fede cristiana, la storia della Chiesa, la missione evangelizzatrice. Di più, è il fondamento sicuro della nostra speranza, il lume che dà senso ai giorni terreni e alla nostra stessa morte corporale. Possiamo vivere - e vivere con serena speranza, nonostante tutto - perché c’è la Pasqua del Signore. «Il Signore è davvero risorto!».


Silvia Gullino

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