Con la morte di Ornella Vanoni, avvenuta a Milano la sera del 21 novembre, se ne va molto più di una cantante. Se ne va un’interprete raffinata, che ha saputo dare voce alle innumerevoli sfumature dell’amore e della malinconia. Oltre 55 milioni di dischi venduti, 8 partecipazioni al Festival di Sanremo e un primato unico: essere l’unica donna ad aver vinto due Premi Tenco.
La carriera di Ornella Vanoni inizia negli anni ‘50, quando frequenta la scuola del Piccolo Teatro di Milano sotto la guida di Giorgio Strehler. È su quei palchi che nasce il suo stile interpretativo: misurato, raffinato, capace di rendere ogni parola un gesto teatrale.
Negli anni ‘60 entra nell’orbita della cosiddetta “scuola della mala”, interpretando brani raccontati come storie di personaggi marginali e tormentati. In questo periodo emergono i primi successi, tra cui Le mantellate e Senza fine, che la impongono come una voce diversa, densa, riconoscibile dopo una sola nota.
A cavallo tra gli anni ‘60 e ‘70 arrivano alcune delle collaborazioni più importanti della sua vita artistica. Con Gino Paoli nasce un sodalizio umano e professionale che segna profondamente entrambi: da lui interpreta capolavori come Che cosa c’è e Una ragione di più, brani che ancora oggi rappresentano l’essenza della canzone sentimentale italiana. Collabora anche con Sergio Bardotti, Ennio Morricone, Pino Donaggio, Vinicius de Moraes e Toquinho, aprendo un dialogo con la musica brasiliana che entrerà stabilmente nel suo repertorio.
Gli anni ‘80 e ‘90 confermano la sua centralità nel panorama musicale. Con Insieme a te non ci sto più, la Vanoni diventa un punto fermo per autori, registi e produttori che vedono in lei un’interprete capace di tenere insieme dramma, ironia e consapevolezza. Con la sua voce elegante e la capacità di reinventarsi, Ornella Vanoni ha saputo attraversare epoche e generazioni.
E ora che non c’è più, il silenzio della musica italiana non suona affatto come silenzio. Suona come un addio che nessuno era pronto a dire.














