In totale, nel 2024, in provincia di Cuneo sono state 1.253 le persone sottoposte a misure alternative al carcere che sono state interessate dai progetti dell’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna. Un dato importante, che va a comporre quello piemontese – 9.730 persone e 4.500 detenuti – e quello nazionale, che segna 142.773 persone in esecuzione penale esterna e 62.445 detenuti.
A sciorinare i dati – nel corso dell’ultima riunione della VI commissione consiliare del Comune di Cuneo, occorsa nella serata di giovedì 15 maggio – le dottoresse Elena Boranga (direttrice dell’Ufficio) e Silvia Eicholzer. Presenti in sala Consiglio, oltre i commissari, anche il presidente Erio Ambrosino e il garante cittadino dei diritti dei detenuti Alberto Valmaggia.
“Gli obiettivi nostri e del carcere si raggiungono solo collaborando con la collettività”
“La commissione di stasera è stata convocata come quarto momento d’incontro legato al tema del carcere, una sorta di chiusura del cerchio – ha detto Ambrosino nel suo intervento introduttivo -. Ho avuto il piacere, l’onore e la fortuna di conoscere l’UEPE nella mia attività professionale e mi sembrava giusto riservargli dello spazio”.
L’Ufficio – che fa capo al Ministero della Giustizia come gli istituti penitenziari, ma a differenza di questi dal 2014 è stato accorpato al Dipartimento Giustizia Minorile di Comunità – si trova al quinto piano del cuneese Palazzo degli Uffici Finanziari e ospita 16 funzionari di servizio sociale, un educatore e quattro poliziotti penitenziari impegnati sull’intera provincia di Cuneo e i suoi quattro istituti.
“Ci occupiamo prevalentemente di misure alternative al carcere, messe alla prova e tutte le pene sostitutive istituite con la legge Cartabia – ha detto la dottoressa Boranga -, con obiettivi del tutto identici a quelli del carcere stesso. Oltre ai lavori di pubblica utilità sosteniamo anche i detenuti nell’eventuale entrata nel mondo del lavoro vero e proprio, un’attività importante sia per la persona che esce dal carcere, sia per chi è in detenzione domiciliare. Per funzionare, però, abbiamo bisogno di una collettività che possa e voglia collaborare”.
Le convenzioni: solo a Cuneo sono 29 i progetti aperti
Secondo Eicholzer i detenuti compresi nei progetti dell’UEPE non hanno commesso reati gravi a livello sociale o sono persone prima incensurate; alternativamente, hanno operato una “messa alla prova” – una misura che esisteva per i soli minori, ma che nel 2014 è stata estesa anche agli adulti -: gli imputati possono chiedere al tribunale di non andare a processo ma di entrare in un progetto d’intervento stabilito dall’UEPE come compensazione, una pratica che deflaziona i tribunali di processi in maniera alternativa. Insomma chi è condannato sconta la sua pena fuori dall’istituto penitenziario, con certe restrizioni, lavorando a favore del territorio e in un’ottica di restituzione alla società e di individuazione, nei coinvolti, di un senso di responsabilità sociale.
“Per realizzarla davvero non servono solo le nostre competenze specifiche ma anche una rete di relazioni sul territorio solida e funzionale – ha aggiunto Eicholzer -. Ed è complesso attuarla concretamente su un territorio provinciale così ampio come il nostro. Si è partiti con accordi a livello di Comuni e operatori sociali dedicati alle sole attività di volontariato, poi sono arrivate le convenzioni, realizzate dal tribunale ordinario di Cuneo e Asti”.
Nel solo Comune di Cuneo sono 35 le persone coinvolte da attività legate alle convenzioni. Di queste, 29 le hanno proseguite anche nell’anno in corso.
“Gli elementi di criticità più importanti nella nostra attività sono la mancanza di risorse economiche per imbastire i progetti e la carenza degli operatori, ovvero gli stessi di tutti gli attori del mondo sanitario con cui ci confrontiamo su base quotidiana – ha concluso Eicholzer -. Attualmente, è chiaro, senza gli enti pubblici e le associazioni no profit non potremmo fare nulla”.