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Attualità | 17 marzo 2023, 17:25

Bra, Valter Manzone ci racconta i suoi 40 anni da insegnante e formatore al Cfp dei Salesiani

Da poco in pensione, il docente è stato recentemente ricevuto dalla Giunta comunale. Per l’occasione, lo abbiamo intervistato, per parlare della sua longeva carriera e di cosa da questa si porta con sé

Valter Manzone, a sinistra, con Davide Busato

Valter Manzone, a sinistra, con Davide Busato

Nella mattinata di martedì 14 marzo, la Giunta comunale di Bra ha ricevuto Valter Manzone, per oltre un quarantennio formatore presso il CNOS-FAP salesiano di Bra, di cui negli ultimi sette anni ha ricoperto anche il ruolo di direttore. L’appuntamento era mirato a salutare l’insegnante da poco andato in pensione e ringraziarlo per il lavoro svolto in questi anni. Per l’occasione, abbiamo intervistato Manzone, per parlare della sua longeva carriera e di cosa da questa si porta con sé.

Quando sei entrato ai Salesiani? Quali sono stati i tuoi ruoli nei 40 anni di carriera come insegnante?

Sono approdato ai Salesiani, che precedentemente non conoscevo, nel luglio del 1973, per visitare la scuola. Ho così deciso di iniziare lì l’Istituto Tecnico-Industriale, cancellando all’ultimo la mia iscrizione al Liceo Classico di Alba. Sono stato spinto a questo cambiamento dall’accoglienza ricevuta e da come, il direttore dell’epoca, Don Giovan Battista Colombo, mi ha fatto innamorare dell’ambiente. Dopo il primo anno di università, mi convoca Giuseppe Cagnoli, coordinatore del nascente centro di formazione professionale, per propormi di svolgere alcune ore come insegnante di matematica. Ho accettato subito e, dall’anno successivo, sono passato a un full time, alla luce dell’ottima esperienza e dal fatto che nel frattempo i corsi stavano aumentando. Da allora non mi sono più schiodato. Sono poi diventato coordinatore (l’equivalente del vicepreside) e poi negli ultimi 7 anni direttore. Ho lasciato l’incarico nel settembre scorso a Davide Busato, mio precedente coordinatore, da cui sono stato sostituito egregiamente.

Quali sono state le sue sfide come direttore? Come è cambiato il Cfp nel corso di questi sette anni?
Il periodo più complicato è stato sicuramente quello della pandemia, durato due anni. Abbiamo dovuto escogitare modalità coinvolgenti per passare nozioni professionalizzanti agli studenti. Con ottimi risultati: siamo riusciti a mantenere vivo l’interesse dei ragazzi, senza perderne nessuno, anzi aumentando gli iscritti. Nel frattempo, si è consolidato il Cfp, ora con 5 percorsi. Siamo cresciuti anche nella formazione degli adulti, abbiamo stretto alleanze con un centinaio di imprese del territorio, abbiamo spostando oltre 500 ragazzi in vari Paesi con l’Erasmus, soprattutto in Spagna, e da 10 anni ne accogliamo anche noi dall’estero. Tra le altre cose, ci tengo soprattutto a ricordare che sono stato uno dei fautori della rete di orientamento condivisa con le altre Scuole Superiori, dal nome "Bra orienta". Il suo obiettivo era superare l’idea di dover farci la "guerra" tra Istituti per accopparci più studenti, per passare a quella di creare percorsi affinché ogni studente trovi la strada migliore per se stesso.

Proprio alla luce dei necessari accorgimenti messi in atto per il Covid, c’è qualcosa che avete preservato da quell’esperienza, una volta usciti dalla pandemia?
Abbiamo acquisito la capacità di coinvolgere, con l’idea di inclusione di tutti gli studenti. Abbiamo poi mantenuto gli intervalli ad orari diversificati per le varie classi, nati per evitare assembramenti. I ragazzi hanno poi imparato una modalità più intelligente di usare gli strumenti informatici. Essere social, essere tutti connessi, ma per un fine intelligente.

Nei tuoi 40 anni al Cfp non sei stato solo insegnante, ma anche formatore ed educatore. Qual è stato il tuo approccio e cosa da questa esperienza utilizzi anche per la tua attività come giornalista?
I ragazzi che arrivano alla nostra scuola hanno bisogno di essere ascoltati e seguiti. Questo aspetto mi ha da subito coinvolto: sono sempre stato a mio agio nel creare empatia coi giovani, come mi è stato sempre riconosciuto. Con molti di loro ha creato un rapporto mantenuto nel tempo, come dimostra il fatto che sono stato testimone di nozze di diversi tra questi. Ho imparato a mantenere lo stesso approccio con adulti e ragazzi, seppur le situazioni siano diverse. Questo significa dare sempre ragione alle cose che uno fa, come insegnava Don Bosco, e cercare di andare a fondo, senza limitarsi alla superficie.

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