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Langhe | 30 ottobre 2022, 17:26

San Benedetto Belbo e il cuoco di Mussolini che venne mandato al confino… a casa sua!

Chi l’avrebbe mai detto? Il Duce ebbe un cuoco cuneese alle sue dipendenze, ma lo licenziò. Il perché rimane un mistero

Il cancello con le due statue del Duce

Il cancello con le due statue del Duce

Chi l’avrebbe mai detto? Il cuoco di Mussolini arrivava da San Benedetto Belbo, per la precisione da borgata Scarroni, a qualche chilometro dalla Censa di Placido.

Precisiamo. Per un certo periodo Angelo Giacosa, un omone grande e grosso, nato presumibilmente verso la fine del 1800 ed emigrato a Roma chissà quando, fu il cuoco del Duce. Questa è l’unica certezza. Non si sa come arrivò a Roma e perché, non si sa come ottenne quel posto, e nemmeno se cucinò ai fornelli di Villa Torlonia o di Palazzo Venezia.

Si sa che a Roma si sposò e che sua moglie aveva un’occupazione particolare: gestiva un bordello.

A completare tutti questi misteri c’è pure l’epoca. Subito dopo la presa del potere nel 1922? Fine anni ‘20? Nel periodo successivo? Chi lo sa. Di scritto non c’è nulla, e nei vari passaggi orali, la storia di Angelo Giacosa potrebbe essere stata amplificata, infiocchettata di aneddoti o di invenzioni: ricostruirla, è come ricostruire un puzzle con pezzi mancanti.

Emilio Porro, attuale sindaco di San Benedetto, ci ha accompagnato davanti alla casa dove il Giacosa trascorse molti anni e dove morì nel 1952, per farmi vedere i “nanetti” posizionati sulle pile del cancello.

Non ci sono dubbi. Petto in fuori e cappello a cilindro: è Benito. Nonostante la pancia da birraio.

"Quel che si sa – ci racconta il sindaco - è che il Giacosa fece fare queste due statue apposta per schernire il Duce nel periodo in cui era costretto a non muoversi da casa sua, essendo stato mandato 'al confino'. In quegli anni visse benissimo, perché la moglie lo manteneva. Arrivavano a suo nome regolari vaglia postali, con cifre considerevoli, e con quei soldi il Giacosa fece molti lavori alla casa, oggi semi abbandonata, ma un tempo addirittura raffinata per decori e finiture. Inoltre si occupava di un orto e pare organizzasse dei festini…".

Insomma, il casino romano produceva utili e l’ex cuoco del Duce viveva in una tranquilla borgata affacciata sul Belbo, facendo bricolage casalingo, coltivando l’orto e organizzando party e “vijà”.

Pare che il suo cortile fosse conosciuto come “La grotta del piccione”, la gente veniva a suonare e ballare. Si racconta che, a un certo punto della serata, il Giacosa mettesse all’asta una torta, probabilmente fatta da lui. I giovani dei paesi mettevano insieme una cifra, la offrivano, e quelli che si aggiudicavano il dolce, non solo potevano mangiarselo, ma avevano diritto a tre balli senza concorrenza e quindi a invitare le ragazze che preferivano!

A casa di Angelo Giacosa si mangiava bene, anche la carne, quando altrove c’era la “malora”.

Di tanto in tanto la moglie scendeva dal passo della Bossola con macchinone e autista, e prima del paese imboccava la via con l’indicazione Borghelletto – Scarroni, a quei tempi ancor più stretta e da asfaltare. 

Non ebbero figli. Lei vendette la casa, morì a Roma e, con la legge Merlin, il bordello chiuse.

Restano tanti interrogativi, il primo dei quali è: cosa combinò Angelo Giacosa per meritarsi il confino? L’Ovra, l'Opera di Vigilanza e Repressione Antifascista, scoprì che era un comunista e tramava per avvelenare Mussolini? Di sicuro non venne allontanato per scarse capacità culinarie, in quel caso l’avrebbero semplicemente cacciato a pedate.

La sensazione, tenuto conto dei nanetti sbeffeggianti e il dettaglio dei capelli a sbucare dal cilindro, capelli che il duce non aveva, mi porta a pensarlo come un uomo a cui non piaceva lo stile fascista, uno che si lasciò scappare qualche battuta di troppo, captata dalla solita spia, che magari capiva il piemontese.

Alla fin fine, Angelo Giacosa, il cuoco di Mussolini, visse meglio di tanti altri in quel periodo difficile, cucinando per sé e per gli altri, con risorse indirette del regime.

Peccato non saperne di più.

Silvio Bertaina

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