La vicenda della tangenziale di Fossano è una di quelle tipiche storie all’italiana dove nulla sembra avere capo, né coda.
Una traversia iniziata il 18 aprile 2017, quando improvvisamente il ponte che attraversa via Marene nel territorio del comune di Fossano cedette e crollò, schiacciando un’autovettura di una pattuglia dei carabinieri che stavano effettuando un servizio di controllo. Fortunatamente in quel momento i militari di pattuglia si trovavano all’esterno dell’abitacolo e, avvertiti i primi scricchiolii, si misero in salvo. Altrettanto casualmente non transitavano mezzi, né sul ponte dello svincolo che conduce a Bra né sulla carreggiata sottostante della SP 165, la cosiddetta “Reale”. Non ci furono dunque vittime.
Dopo lo sbigottimento iniziale, l’interesse della collettività fu cercare di capire, attraverso le indagini, chi e che cosa avesse causato il crollo: per oltre due anni le macerie del ponte giacquero nell’area prospicente, dietro il cimitero di Fossano, teatro di tanto in tanto di rilievi. Nel contempo restava la drammatica situazione della viabilità, con centinaia di camion costretti ogni giorno ad intasare le strade della città per by-passare Fossano.
Ci sono voluti 4 anni prima di giungere ad una richiesta di rinvio a giudizio, che ha visto inizialmente coinvolte sedici persone con l’accusa di crollo colposo attraverso tre distinti fascicoli. Due di esse, tecnici dell’Anas che avevano scelto il rito abbreviato, la scorsa settimana sono stati assolti, mentre altre dieci andranno a giudizio ordinario. Rito che inizierà il 20 giugno prossimo per concludersi in dicembre, quando si dovrebbe avere la prima sentenza.
Nel frattempo, nell’aprile 2021, i consulenti del pubblico ministero stabilirono che “lo svincolo non crollò solo perché mal costruito, ma anche perché chi avrebbe dovuto controllare non lo fece, occupandosi malamente della manutenzione”. Tra le ipotesi anche il deterioramento dei cavi, legato a una cattiva impermeabilizzazione.
Per questo motivo Anas vietò il transito sulla tangenziale dei mezzi pesanti superiori alle 3,5 tonnellate, con la decisione di abbattere e ricostruire tutti i ponti che sovrappassano strade e linee ferroviarie dell’intera variante. Spesa prevista circa 60 milioni di euro.
Tra proteste e lungaggini si è provveduto a ricostruire la campata dello svincolo crollato il 18 aprile 2017. Due anni dopo, ad inizio giugno 2019, iniziarono i lavori che terminarono nell’agosto dello stesso anno con l’immancabile passerella di “addetti” il giorno della riapertura: funzionari Anas, parlamentari ed amministratori pubblici regionali e locali furono tra i primi a transitare sul ponte nella tarda mattinata del 9 agosto.
Nel frattempo Anas aveva iniziato a demolire parte dei viadotti. Il primo a cadere sotto i colpi delle scavatrici fu quello denominato “Levaldigi” nel maggio 2021, cui seguirono tutti gli altri.
Compresa la prosecuzione del ponte da poco riaperto su via Marene. Con la conseguenza che oggi l’attraversamento, appena rifatto, è di nuovo “monco” e lo svincolo della tangenziale in direzione Bra ancora una volta chiuso. Paradosso nel paradosso.
Un anno dopo, arriviamo a maggio 2022, i 60 milioni previsti da Anas per la ricostruzione dei viadotti potrebbero non bastare più: “Le difficoltà oggettive nell’approvvigionamento materiali correlate anche al caro prezzi – scrive l’ente in una nota ufficiale - hanno imposto una necessaria revisione, che probabilmente farà slittare la previsione di inizio lavori di qualche settimana”. Quante, non si sa.
È cambiato anche il progetto iniziale: si procederà alla demolizione ed alla ricostruzione delle campate senza ricorrere alla tecnica della precompressione, che consente di creare artificialmente una tensione all'interno dei materiali da costruzione, ma bensì attraverso l’impiego di acciaio Corten, la cui peculiarità principale è quella di auto proteggersi dalla corrosione elettrochimica.
Questo, secondo Anas, consentirebbe un notevole risparmio di costi e tempo durante le future periodiche ispezioni, oltre ad una durata maggiore dell’opera.
E Dio solo sa quanto sarebbe stato utile se l’opera originaria fosse stata realizzata con la stessa diligenza promessa oggi.