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lavocedialba.it | 27 maggio 2024, 08:21

Botta, Cia Saluzzo: “La stagione 2024 si presenta con tante incognite, anche se restiamo fiduciosi”

Il presidente di zona dell’organizzazione agricola chiede alle Istituzioni meno burocrazia e lentezza nelle decisioni e pone il problema del biologico non valorizzato come si dovrebbe

Diego Botta al lavoro in un luppoleto

Diego Botta al lavoro in un luppoleto

Diego Botta è il presidente Cia della zona di Saluzzo. Con Ivan Lodini e Luigi Cagioni ha fondato ed è titolare del birrificio Kauss di Piasco. Gli abbiamo chiesto quali sono le prospettive dell’annata agricola 2024 per l’area della quale è rappresentante.

Afferma: “Essendo il nostro territorio coltivato in modo prevalente a frutta, l’andamento non è ancora ben chiaro. Al momento si può dire che sarà complicato, incerto e con tante incognite. Dopo l’avvio della stagione caratterizzato da siccità e temperature elevate, avevamo intravisto la possibilità di un miglioramento. Le piogge prolungate delle ultime settimane, anche se dovrebbero scongiurare la mancanza di acqua durante l’estate, hanno ritardato i lavori nei campi e fanno prevedere produzioni non abbondanti. Per fortuna le gelate tardive sono state contenute, provocando danni limitati. Sulla qualità è ancora presto parlarne. In ogni caso restiamo fiduciosi”.

Le spese per l’energia e per le materie prime? “Sono diminuite rispetto ai picchi passati, ma con un assestamento a un livello più alto se confrontate con quelle del periodo pre-crisi. Una lenta retromarcia, che non è ancora sufficiente per rendere meno “pesanti” i costi produttivi delle aziende”.

Il biologico nel Saluzzese ha avuto un buon sviluppo. Come sta andando il comparto? “Non è valorizzato e promosso come si dovrebbe e i prodotti vengono pagati all’incirca lo stesso prezzo di quelli convenzionali. Chi ha investito nel settore oggi si trova ad affrontare maggiori difficoltà rispetto all’agricoltura tradizionale, in quanto i costi di produzione sono più alti e la resa è minore. A cui si aggiungono anche minori consumi. Alcuni produttori stanno pensando di tornare alla coltivazione integrata o convenzionale: e questo non aiuta le politiche green”.

Quali strade possono percorrere gli agricoltori per contrastare le ormai evidenti difficoltà causate dai cambiamenti climatici e dalle trasformazioni dei mercati? “Un tempo avevamo il meteo caratterizzato da maggiore equilibrio, ora a preoccupare sono gli eventi estremi. Per cui bisogna dedicare grande attenzione alle produzioni, attraverso strumenti di difesa delle colture e metodi accurati di gestione dei campi. Sul fronte mercati dobbiamo progettare le aziende in modo strategico: essere cioè consapevoli che l’agricoltore non è più un mestiere di pura “manovalanza”, ma serve una programmazione imprenditoriale per rendere sostenibile l’attività. Intercettando e anticipando il trend dei cambiamenti in atto”.

Cosa servirebbe dalle Istituzioni? “Purtroppo sono sempre più lontane dal nostro settore. Con il passare del tempo i problemi crescono. Avremmo bisogno che ci aiutassero a capire l’evoluzione dei mercati, le trasformazioni climatiche, le fitopatologie. Invece, aumentano gli iter e gli adempimenti che occorre affrontare. La macchina burocratica è di una lentezza esasperante. Poi, il problema della mancanza di acqua non è risolto per gli anni a venire: non possiamo sperare che piova come quest’anno, perché non sarà sempre così. Bisogna costruire gli invasi”.




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