Numeri in crescita, tanta attesa e partecipazione con un momento di confronto fra tutti gli addetti ai lavori: "Grandi Langhe" giunge alla 8ª edizione e si prepara ad accogliere i professionisti del mondo del vino a Torino lunedì 29 e martedì 30 gennaio alle OGR Torino per la più grande degustazione dedicata alle denominazioni di Langhe e Roero. Matteo Ascheri, presidente del Consorzio di Tutela Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani racconta i segreti di un progetto che sta funzionando.
Cosa ci può dire dell'edizione 2024?
"Si tratta di un appuntamento sempre più importante e di risonanza internazionale: quest'anno ci saranno 300 aziende, con una quarantina in 'stand by' che non potranno essere ospitate per questioni di spazio. È il nostro terzo anno a Torino, prima l'evento si svolgeva a maggio e nei nostri territori, ma abbiamo deciso di cambiare finestra temporale e di trovare un luogo facilmente raggiungibile e di ampio respiro che permettesse di ampliare il numero di partecipanti".
Qual è la carta vincente?
"Bisogna mantenere la centralità dei produttori: sono loro che producono il vino e che si occupano della promozione e della vendita. Noi come Consorzio dobbiamo portare avanti quello in cui crediamo, valorizzando i protagonisti del territorio e investendo sulla loro crescita. Dobbiamo un po' ribaltare il concetto di andare ad eventi che fanno solo la fortuna di chi li organizza".
Nella due giorni ci sarà anche un momento legato all'approfondimento sul tema della tutela dei territori.
"Abbiamo commissionato una ricerca all'Università Cattolica di Milano: è giusto occuparsi di temi importanti, come la gestione del successo, la presenza sempre più massiccia degli investitori nei nostri territori. Non abbiamo la pretesa di trovare delle soluzioni, dobbiamo capire quello che sta succedendo nel campo della sostenibilità e anche dell'etica. Ben vengano gli investitori, ma il rischio è quello di perdere la nostra anima, la nostra specificità. Il nostro obiettivo è quello di sensibilizzare gli addetti ai lavori e di far uscire l'orgoglio e l'appartenenza delle nostre aziende".
Quali sono, secondo, lei le peculiarità delle nostre zone?
"Bisogna far capire chi siamo e chi siamo diventati, per impegno, per progetti, ma anche perché siamo stati baciati dalla fortuna. Abbiamo ancora tantissime aziende di carattere familiare che danno un'interpretazione personale del prodotto, quella che io chiamo 'irregolarità'. Poi ci sono mille sfaccettature, le scelte personali non sono questionabili e c'è anche il problema di una visione che, spesso, divide le diverse generazioni".
Ci sono anche altri eventi che daranno visibilità al territorio.
"Il 19 e 20 marzo saremo a New York per la presentazione mondiale delle nuove annate di Barolo e Barbaresco: 200 aziende in presenza. Questi numeri dimostrano che abbiamo un'identità molto forte. Quando siamo arrivati nella Grande Mela per la prima volta, nel 2020, sono rimasti tutti molto colpiti e ammirati. Siamo stati anche in Cina perché dobbiamo espandere il nostro mercato, fuori dalle mete tradizionali".