Si sono svolti venerdì 20 ottobre nella sua Bra i funerali di Bernardo Negro.
Di lui quelle storie narrate in poesia, capaci di unire il passato al presente, il riferimento a Bra e la grande cultura che lo guidava a percorrere la storia, la letteratura e l'arte. Ed ancora le ricorrenze, ognuna delle quali si rispecchiava nei fatti dei nostri giorni, i paesi, le montagne, il mare, la giovinezza, le molte poesie dedicate a sua moglie Pina in una ritrovata e splendente giovinezza.
Ai lettori de Il Caragliese, da un paio d’anni il nome di Bernardo Negro risuonava attraverso la lettura delle sue poesie nello spazio dedicato. A ricordarlo con grande affetto e riconoscenza è oggi Maria Silvia Caffari, colei alla quale il poeta inviava i suoi versi per essere poi pubblicati.
"Volevamo fargli omaggio per il dono delle sue poesie - dice - e l’occasione è giunta: la pubblicazione della sua ultima raccolta di poesie, nel dire ultima vogliamo dire la più recente, perché Bernardo Negro continua a scrivere poesie, per altre stagioni. La poesia andrebbe incontrata direttamente, letta in proprio, riletta spesso perché spesso nasconde tra le righe, in profondità di ogni parola, perfino negli spazi apparentemente vuoti, stratificazioni di significati. Ma presentare il poeta e le sue poesie lo si fa per un desiderio di condivisione. La parola condivisione, in un’epoca social, risuona immediatamente e per me oggi vuol dire mettere in comune qualcosa che si è trovato meritevole di essere gustato con altri".
Maria Silvia Caffari prende poi tra le mani un foglio ed emozionata incomincia a leggere: "E allora, eccolo qui “Un fiume di sguardi: versi 2018-2020” (Tip. Grosso, Bra 2020), il titolo preso da una poesia a pagina 120, scritta il 13.11.2019: “Il tempo è passato sulla lungimiranza / dei cenni ed era bello fissare il flutto / che si ripeteva: mi guardavano / le stelle del sogno tra il formicolare / infinito degli arrivi. …”. Succede così con i poeti, sono i loro versi, presi più o meno deliberatamente, più o meno a caso, ad aprire la chiave delle interpretazioni. Il tempo, il flutto, le stelle, il formicolare, gli arrivi che presuppongono partenze, tutto è movimento, il fluire delle cose sotto il nostro sguardo, di accadimenti o anche soltanto di attese e speranze, e quale più precisa metafora di un fiume a dire cosa è la vita. Tutta la poesia di Bernardo Negro è un fiume, che da carsico è spinto alla luce sotto gli altrui sguardi per una irruenza di sorgenti che diventano torrenti impetuosi, per acquietarsi in riposanti slarghi di memorie.
Colline e montagne, il mare sempre lontano, da cui separano “le nebbie degli smarrimenti”, come nella prima poesia “Rocca di abisso” , in cui alle altezze fanno controcanto gli abissi, ma a prevalere nelle poesie di Negro sono sempre le altezze, tra le nubi che fanno onde in cerchio alla fissità Monviso, e che preannunciano svelamenti: “Ti ritroverò, padre, quando si alzeranno le nubi”.
Malinconia e serenità, in Bernardo Negro mai la tristezza che rode l’anima e asservisce il verso a confessioni personali non richieste, come succede spesso in poeti ‘indiscreti’, bisognosi di mostrare i propri dolori ma incapaci di uscire dal personale per essere voce comune di questa umanità, dolorosa, delusa spesso, ma anche viva di amori e speranze, e che non si siede mai su autocompatimenti. Così scrive il poeta: “Mettere ‘quanto basta’ d’illusione / per cuocere la malinconia” e “Condire con l’arcobaleno / del cielo sereno / e presentare, finalmente / con gusto e garbo paziente / l’umore della fantasia / con l’esclamazione della Poesia”, (nella poesia Q.B.), un programma di intenti, la malinconia la più assidua compagna amica delle grande anime, ma attraversata dalla luce che si scompone nel “vapore” dell’ “incenso”, per ricomporsi in un arcobaleno, segno di alleanza e pace tra l’uomo e il divino.
Il divino anche nella quotidianità, e il fiume degli sguardi di Bernardo scorre “in un fremito disperso nell’aria / vado enumerando le mie inquietudini”, ma il poeta non dimentica di soffermarsi a guardare i giocatori di Petanque, e i giocatori al tennis, mentre nella rotondità delle palle, si svela il “tondeggiare del Destino” e lei la sua donna, “vieni verso di me, riconciliata / dal poco che si vede del Monviso”.Quante volte, giunti lassù sotto la cima del Monviso per guardarlo in tutta la sua bellezza, le nubi a nasconderlo! Quante parole accorrono a raccontarlo? Il poeta questo sa fare, netto il suo parlare, come il vento delle cime, il silenzio di un sorriso “riconciliato”, soddisfatto, per aver visto anche se per poco il roccioso gigante che domina tutti i nostri orizzonti.
In questa raccolta, spontaneamente e con ragione andiamo a cercare “cose nostre”, paesaggi familiari, luoghi conosciuti e amati, e ci sono, lungo il cammino del fiume poetico di Bernardo: il Monviso, ma anche San Magno, “dove gli spiazzi sono follie / di nubi rovesciate sulla terra”, il mercato di Sampeyre, dove “Il Ciarlatani sapevano mangiare il fuoco a vincere il sole d’Estate”, Elva, dove “Accettavano pure candide trecce bianche / i cavié…” e San Defendente, per la festa del Santo “dalla spada riposta nel segreto / della Legione Tebea.”, e Vallera, per la “Festa delle ‘bocce quadre” e quando “Il torpore… si scuote in un ballabile che schioda il ritmo / per l’abbraccio delle coppie sotto le stelle”, e Caraglio che “aspetta stelle acquattate tra nubi / che appena reggono l’incertezza / del cielo…”....
Sì, difficile fermare questo fiume di versi, ci obbliga esser giunti alla poesia in fine di raccolta “A tempo e luogo”: “Ma i flutti scivolano sull’oblio. Difficile/ tracciare memorie di paesaggi vaganti; / eppure da ogni parte si vede il mare. / Bisognerà tornare lungo spiagge / non più sulfuree e accarezzare istanti. Dicono.”.
Sono tante eredità preziose quelle che ci lascia Bernardo Negro e nel mio cuore, così come in quello dei suoi affezionati lettori, il suo ricordo non svanirà".












