"Questa opera è un modo per ringraziare tutti coloro che in qualche modo hanno segnato la mia vita artistica e umana". Così Paolo Belli presenta al Caffè Letterario di Bra il suo nuovo album “La musica che ci gira intorno” (PB Produzioni/Artist First), a nove anni di distanza dall’ultimo lavoro “Sangue Blues".
Un ritorno in grande stile per il musicista che si è «Voluto fare un super regalo» per festeggiare i suoi 60 anni. Il disco contiene 13 canzoni di successo del panorama italiano in un arco temporale che va dalla fine degli anni Sessanta alla metà degli anni Novanta.
L’album è una vera chicca, tanto che il musicista ce lo racconta: track by track. Si parte con “L’italiano”, successo di Toto Cutugno del 1983. «Per ricordare una famosa sera passata insieme, suonando e cantando, ma soprattutto imparando il jazz, assieme allo stesso Toto Cutugno, Enzo Jannacci, Tullio De Piscopo e Rino Zurzolo».
Si passa poi a “Che sarà” dei Ricchi e Poveri (1971) con Juan Carlos Albelo Zamora: «Per anni la domanda che sarà della mia vita è stata, per me, un tormentone e ora, dopo aver raggiunto la soglia dei 60, questa canzone ha cominciato a darmi qualche risposta».
La terza canzone è “Ma come fanno i marinai” di Lucio Dalla e Francesco De Gregori (1978), con l’attore Stefano Fresi. «Perché nella leggerezza di questa canzone è nascosta una grande verità del musicista».
Ecco poi “Natale” di Francesco De Gregori (1978). «Quando l’ho interpretata per la prima volta a Telethon, qualche anno fa, ho sentito subito un qualcosa di forte e struggente, dolce e amaro, e l’ho sentita mia, in tutta la sua forza emotiva, e credo che la chiave swing le doni una leggerezza che rende le parole di De Gregori ancora più potenti».
Quinta traccia, “La musica che gira intorno” di Ivano Fossati (1983). «... “Saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro...”. Mai come oggi si deve ricordare a tutti, a me per primo, di abbattere quel muro».
Sesto e ottavo pezzo, “Vorrei incontrarti tra cent’anni” Ron e Tosca (1996), con Arisa e “Futura” di Lucio Dalla (1980). «Sono stati i primi brani (grazie a Telethon) in cui mi sono cimentato e piaciuto (perdonate l’immodestia) nel rivisitare dei brani storici e farli diventare Jazzy... (ricevendo anche i complimenti dallo stesso Lucio Dalla). Con questi arrangiamenti è cominciata la mia serenità nello smontare e rimontare brani meravigliosi e sentirmeli esattamente vestiti perfetti per il mio modo di esprimermi».
Il settimo brano è “La voce del silenzio”, canzone presentata al Festival di Sanremo 1968 da Tony Del Monaco e Dionne Warwick. «Questa canzone l’ho sempre amata, ma mai avrei immaginato di eseguirla in televisione e in un disco. È il giusto omaggio all’amicizia che mi lega a Carolyn Smith».
La nona canzone è “Viaggi e miraggi” sempre di De Gregori (1992). «Da sempre sono legato ai testi di De Gregori, questo è l’omaggio a colui che ha scritto un testo perfetto per chi fa la mia professione e allo stesso tempo, perché sono legato a questa frase: “Certi angoli del presente che fortunatamente diventeranno curve nella memoria...”».
L’album prosegue con “La prima cosa bella” di Nicola di Bari e dei Ricchi e Poveri (1970) con Juan Carlos Albelo Zamora: «Perché è una delle canzoni d’amore che canto spesso a mia moglie».
Undicesimo pezzo, “Parlare con i limoni”, perla di Enzo Iannacci del 1987. «Perché per me Enzo Iannacci è, come Totò, John Belushi e James Brown, un maestro che mi accompagna e da cui apprendere. In questa canzone ci sono tanti pensieri che rappresentano il mio modo di pensare. Jannacci per me era come un Dio, e con questo brano ho dato fondo a tutta la mia venerazione. Ho cantato con lui varie volte e ho toccato con mano quale genio fosse. Era un artista poliedrico, uno swing man che sapeva perfettamente cos’è il jazz. Ogni volta che posso fare un suo pezzo lo faccio perché lo sento proprio mio».
Si passa poi a “L’anno che verrà” ancora di Dalla (1979). «La canzone che mi permette ogni volta di ricordare e sentire vicino Fabrizio Frizzi».
L’album si chiude con “Va bè (se proprio te lo devo dire)” di Vasco Rossi (1979). «Perché devo tantissimo a Vasco, innanzitutto per avermi, allo stesso modo di Buscaglione e Carosone, insegnato a scrivere testi swing in italiano e per avermi “regalato” il suo palco, per ben due tour».
Tutti i brani, eseguiti con la sua Big Band (composta da sedici elementi), hanno un suono subito riconducibile allo stile di Belli, tra swing, jazz e latin. «Ho voluto rendere omaggio alla musica in stile “grande orchestra”, suonando questi pezzi come non ci si deve dimenticare di fare, nonostante io sia un amante delle nuove tendenze e del modo di eseguirle. E sono contento di aver fatto esercitare la propria arte a dei super musicisti che collaborano con me da 30 anni e che, nonostante tutto, continuano e mi permettono di eseguire i brani esattamente come me li immaginavo». Il disco è prodotto da Paolo Belli e Fabrizio Brocchieri per PB Produzioni.
Un artista versatile, Paolo, che fin dai tempi dei “Ladri di Biciclette” ha saputo costruire un sound personalissimo e riconoscibile, una sorta di pop colorato di swing, che lo ha portato anche a collaborare con grandi esponenti della musica italiana e internazionale, tra i quali Sam Moore, Dan Aykroyd, Billy Preston, Jon Hendricks, Jimmy Whiterspoon, Vasco Rossi, Piero Chiambretti, Enzo Jannacci, Fabio Fazio, Litfiba, Red Ronnie, Paolo Rossi, Gialappa’s Band, Mogol, Avion Travel, P.F.M. e Mario Lavezzi. Ha vinto per ben due volte il Festivalbar.
Negli ultimi anni è stato anche Presidente della Nazionale Italiana Cantanti e da sempre è molto impegnato nella solidarietà, attraverso l’Associazione “Rock no war” e la Fondazione Telethon, per cui da oltre dieci anni conduce la maratona televisiva sulle reti Rai, oltre ad altre iniziative magari meno visibili, ma in grado di donare sollievo e contributi alle persone meno fortunate.
Ormai volto noto della tv, rivedremo Paolo Belli a “Ballando con le stelle”, dove dal 2005 accompagna Milly Carlucci alla conduzione dello show del sabato sera di Rai1, di cui cura anche le musiche con la sua Big Band. Ma che bravo!











