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Attualità | 31 agosto 2022, 18:10

Rincaro bollette: «L'Italia ha fatto orecchie da mercante e questa ne è la conseguenza»

Intervista a Massimo Marengo, titolare del Gruppo Marengo, da anni specializzato nelle tecnologie relative alle energie rinnovabili

Massimo Marengo, imprenditore che da anni lavora nel settore delle energie rinnovabili

Massimo Marengo, imprenditore che da anni lavora nel settore delle energie rinnovabili

Interventi strutturali in campo energetico per guardare a un futuro sereno e competitivo, il fare cultura sulle energie alternative e mirare ad aiuti specifici a privati e imprese che ne hanno vera necessità. Questi sono gli ingredienti della ricetta nata dopo le riflessioni di Massimo Marengo, titolare del Gruppo Marengo di Alba, che comprende AlbaSolar, AlbaSystem e ASPEC, realtà specializzate in vari settori tecnologici per l’energia (solare, rinnovabile, autoprodotta, cogeneratori…), e che da più di 50 anni lavora nel campo energetico.
A fronte della tematica legata al rincaro delle bollette sembra che il nostro paese abbia fatto “orecchie da mercante”, e solo il 10% degli italiani, tra privati e imprese, ha dato ascolto alla transizione energetica, di cui si parla da molti anni. In una situazione come quella attuale che ha portato ad un’impennata dei prezzi, bisognava farsi trovare pronti, o meglio più forti. Tutti aspetti di cui abbiamo parlato, e le soluzioni non mancano di certo!

Rincaro fonti energetiche: un appuntamento previsto o un fulmine a ciel sereno?

«Direi entrambi. Un appuntamento previsto nel senso che stiamo parlando da tanti anni di transizione energetica, tema di discussione risaputo, ma su cui sembra che non abbiamo imparato molto in Italia. Per i privati qualcosa in più si è fatto mentre per le aziende, dopo il boom del fotovoltaico durato fino al 2012, non si è più fatto molto. Ed il fulmine a ciel sereno cade proprio qui perché non siamo pronti a questo cambiamento repentino, dovuto ad una situazione in cui lo shift verso le energie rinnovabili dovrebbe essere più veloce, per fronteggiare i rincari delle materie prime energetiche tradizionali.

Il Covid19, la ripresa economica, la guerra, la speculazione: aspetti che si sono mischiati tra loro in poco tempo, e che stanno rendendo la vita difficile a famiglie e imprese.
La transizione energetica, che va di pari passo con quella ecologica, sembra un argomento di cui non si vuole sentire parlare in modo adeguato: questo è successo negli anni, ed ora dobbiamo correre ai ripari in poco tempo».


Come ci si deve comportare in questo momento?

«Ora bisogna prepararsi con le associazioni di categoria, con il Governo che verrà, e che speriamo possa ascoltare gli addetti ai lavori. Ora siamo in un momento di shock da cui bisogna riprendersi. Fossimo pronti sarebbe meglio, e un dato su tutti la dice lunga su quanta strada dobbiamo ancora percorrere. Sto parlando del misero 10%, la percentuale a livello italiano di privati e imprese che hanno tecnologie di energia rinnovabile in varie forme. Una percentuale troppo bassa, e che si è fatta trovare pronta a questo momento storico.

Ma perché questo numero? Perché, come sosteniamo da anni noi operatori del settore, non sono stati fatti interventi strutturali per permettere la risoluzione del problema. Gli aiuti sono importanti ma sono solo calmanti. Pensiamo al 50% ed al 110% (operazione che ha provocato problemi…).
Bisogna aiutare le piccole-medie imprese, che, in Italia, rappresentano circa il 95% delle aziende totali: se i costi aumentano troppo molte di queste rischiano di chiudere…

Se ci fossero state politiche a favore di soluzioni strutturali e di una cultura dell’autoproduzione di energia come asset strategico aziendale, credo che il problema rincari sarebbe affrontato diversamente».

La sensazione di una corsa ai ripari da parte del Governo è ben chiara. La domanda nasce spontanea: perché non si è pensato di intervenire prima?

«La situazione in cui siamo dimostra la mancanza di visione, di cultura, e di sensibilizzazione. A livello istituzionale si è sempre pensato ad aiutare, e va bene, ma a cascata non serve che nel breve periodo. La soluzione del Governo potrebbe essere misure non a bonus ma ad interventi strutturali.

Ho sempre portato avanti l’idea che gli investimenti per l’autoproduzione dell’energia e la transizione per le aziende siano fondamentali, ma vedo che non ci sono che strumenti irrisori. Manca la cultura dell’energia e, se questo non cambierà, tra qualche anno saremo punto e a capo anche per l’acqua… Le soluzioni ci sono: i desalinizzatori. I 45 circa presenti nel nostro paese non bastano di certo. Prendiamo spunto dalla Spagna dove in funzione ce ne sono a centinaia, e vengono alimentati da energia rinnovabile. Come vede è tutto collegato».

In percentuale quanto ci si può rendere indipendenti dalle fonti energetiche tradizionali?

«Il fotovoltaico dovrà avere un ruolo determinante perché la conformazione del nostro territorio permette di ottenere molto da questa tecnologia che può andare a coprire una fetta importante dei consumi. Dato medio del fotovoltaico: si può coprire dal 60% all’80% del fabbisogno diurno,e, per il 90% delle aziende ora si potrebbe arrivare al 70% di copertura. Percentuali molto interessanti e rispettose della transizione energetica ed ecologica.
Ad esempio alcune aziende realizzano impianti sul tetto e a terra, dove questa tecnologia rende al meglio».


Per le aziende gasivore ed i privati?

«Le aziende gasivore devono essere aiutate sul prezzo calmierato della materia prima, ma riguardano una piccola percentuale in Italia. Per le altre aziende in generale ci vogliono strumenti nuovi per fare impianti e risolvere i problemi strutturali. Per le famiglie il consumo medio è di 3500 kw/h-anno con un impianto da 3 kw. Se si aggiunge una batteria si può coprire la parte notturna del consumo. Un aspetto comune fondamentale sarebbe lo sganciare il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas. E su questo sembra che si stia lavorando a livello europeo».

Quale potrebbe essere una strategia per i privati?

«Ad esempio presso l’ACA di Alba si potrebbe iniziare a fare cultura per i privati grazie all’associazione degli amministratori di condominio, professionisti che potrebbero riportare, dopo un corso di formazione, le novità alle famiglie presenti nei palazzi, così da sensibilizzarli maggiormente. Questa è una proposta che stiamo portando avanti. Il Governo potrebbe aiutare le famiglie che hanno veramente bisogno, non guardando tanto alla dichiarazione dei redditi, ma alla reale situazione economica, e agevolare al cambiamento in modo più massivo.

Concludo dicendo che aziende come la mia stanno lavorando parecchio, conseguenza di quanto detto prima sul non essersi fatti trovare pronti al cambiamento. La corsa a ripararsi non è mai efficace, ma noi addetti ai lavori cerchiamo di sensibilizzare le persone per recuperare il tempo perso in Italia. L’energia non è una commodity: deve essere un asset, e non solo per le aziende».

Livio Oggero

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