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Attualità | 14 aprile 2022, 19:14

Vinitaly sì o no? il Consorzio Barolo dice basta, le cantine si schierano: "A Verona per incontrare i clienti, ma il vino si vende diversamente"

Abbiamo raccolto alcuni pareri dei produttori di rientro dalla fiera veneta. Il presidente Ascheri: «Strumento fondamentale per farsi conoscere e avere importanti contatti fino a qualche anno fa, ora la formula che propone necessita di nuova linfa»

Dopo due anni di assenza il Vinitaly è tornato ad essere protagonista nei padiglioni di Verona Fiere

Dopo due anni di assenza il Vinitaly è tornato ad essere protagonista nei padiglioni di Verona Fiere

Il Vinitaly, dopo due anni di assenza, è tornato a far alzare i calici ed a far parlare di vino al mondo. Una fiera, che se ne dica, nuovamente partecipata, sulla quale però c’è una grande domanda, le cui risposte hanno diverse sfumature: le fiere sono veramente un appuntamento a cui non mancare? Un quesito che abbiamo girato ad alcuni produttori, e i pareri sono discordanti: il Vinitaly fa parlare di sé, questo è certo!

Matteo Ascheri, presidente del Consorzio Barolo Barbaresco Alba Langhe e Dogliani, ha ribadito l'idea secondo la quale le fiere sono giunte al capolinea, almeno secondo la loro declinazione attuale: «Come avevo già accennato, in occasione di Grandi Langhe (leggi articolo), il Vinitaly è una fiera a mio avviso stanca. Strumento fondamentale per farsi conoscere e avere importanti contatti fino a qualche anno fa, ora la formula che propone necessita di nuova linfa, per poter accogliere e lanciare meglio il mondo del vino. Preferisco vedere il Consorzio protagonista in occasioni come Grandi Langhe, o in eventi dove c’è più sostanza e meno apparenza, e mi riferisco ai grandi stand che, secondo me, lasciano il tempo che trovano. Concludendo, il Vinitaly, così come è, va rivisto, e per il Consorzio è stata l’ultima edizione».

 

Stefano Pesci, direttore della cantina Terre del Barolo risponde così all'interrogativo: «Tutto sommato è stato un buon Vinitaly in cui abbiamo incontrato operatori italiani, europei e qualcuno dall’Asia e dagli Stati Uniti. Alla domanda rispondo con una riflessione, che ho condiviso con colleghi: se in due anni il mercato del vino è andando in crescendo anche senza il Vinitaly, partecipare a questa fiera è proprio necessario? Io credo che ne valga ancora la pena, anche se l’aspetto dell’accoglienza diretta in cantina è fondamentale. E noi, con la nuova cantina, abbiamo potenziato questo importante aspetto. Concludendo, credo che il vino albese stia vivendo un periodo florido e che le occasioni vadano colte. E il Vinitaly è una di queste».

 

Flavio Sobrero, titolare della Cantina Sobrero di Castiglione Falletto è rimasto soddisfatto: «Nel complesso il Vinitaly ha confermato di essere una fiera in cui è importante incontrare i propri clienti. L’assenza di importatori asiatici si è fatta sentire, in compenso l’affluenza di quelli europei e americani è stata buona.
Assaggiare le nuove annate con loro è diventato ormai un rito e credo che il Vinitaly lo continueremo a fare, anche perché è un modo per ricevere i nostri clienti tutti insieme in un solo luogo, essendo stato difficile muoversi in questi anni. A livello di vendita, il vino si riesce a piazzare sul mercato anche senza questo appuntamento, su questo concordo con diversi colleghi».

 

Federico Persano, consulente agronomico della Cantina del Nebbiolo di Vezza d'Alba, punta il dito sulla situazione generale che ha tagliato fuori l’Oriente, e afferma: «Il grande afflusso di persone non c’è stato, sicuramente a causa della pandemia e della situazione della guerra, due aspetti che hanno condizionato soprattutto la parte orientale del mondo. I nostri contatti sono venuti, ma abbiamo creato poco su quelli nuovi. Di nuovo poco, in tutti i settori. In ogni caso abbiamo deciso di non partecipare più a tutte le fiere, ad esempio non saremo al ProWein. Diciamo che non ci sono grandi aspettative in generale a partecipare a queste fiere perché ormai ci si può contattare e vedere in molti modi: con video call, viaggi mirati, accoglienza in cantina, e questo è un trend in aumento già da un po’ di anni. Si va fondamentalmente al Vinitaly per trovarsi con i propri clienti, ma, a mio avviso, ci vorrebbre maggiore selezione del pubblico».

 

C’è chi al Vinitaly non ci è proprio andato, come Maurizio Rosso, titolare della storica cantina Gigi Rosso di Castiglione Falletto: «Ho deciso di non partecipare - spiega - perché secondo me questa fiera, alla quale ho preso parte per ben 31 edizioni, pur essendo importante per l’Italia, non può dare le stesse emozioni ai clienti rispetto a una loro visita nelle Langhe. E la strada che percorro è proprio quella di accogliere le persone direttamente in cantina, per far vivere un’esperienza diretta del territorio, in loco. Nei prossimi giorni, ad esempio, avrò ospite un cliente della Corea del Sud che è stato al Vinitaly. Io non ho nulla contro il Vinitaly, ma credo che il dare importanza al territorio e al lavoro dei vitivinicoltori sia meglio farlo nel modo che ho appena spiegato».

Livio Oggero

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