Il 3 dicembre ricorre la Giornata internazionale per le persone con disabilità. Una condizione che tocca quasi un quinto della popolazione mondiale. Per questo motivo è importante comprenderla e farla comprendere, anche attraverso i libri.
Dalla fantasia di Luisa Aliotta è nato un racconto che affronta anche il tema dell’inclusione e dell’integrazione, facendo comprendere la ricchezza che può giungere da persone “speciali” con le quali si può avere la fortuna di confrontarsi.
Il suo libro d’esordio “Che il libeccio faccia il mio gioco”, ha conquistato il premio Mestre 2025. Si tratta di un romanzo vibrante, capace di rimbombare in un punto imprecisato del petto, e quando certe pagine fanno provare emozioni così intense, metterle per iscritto sembra quasi di far loro un torto.
Ma di che storia parliamo? Ludovica De Broca è una giovane bohémien, direttrice di biblioteca e scrittrice, che ama definirsi viveur, perché vive in modo incontrollato, abbandonandosi con passione a tutto ciò che è meraviglioso e sconvolgente, come un’esteta perduta nella bellezza. Convinta di questo stile di vita, difende con determinazione ciò che chiama “la purezza” nel suo vero mondo di carta, un universo parallelo dove prendono forma esperienze che nel mondo reale non trovano spazio, come l’amore.
Ludovica ingaggia una continua battaglia contro il mondo sensibile, quello concreto e condiviso da tutti (inclusi la sua migliore amica, il suo assistente e clienti pretenziosi) pur lanciandosi in raffinati giochi di seduzione con le persone che la circondano.
Si innamora almeno due volte, certa che l’amore possa esistere nei libri e nelle lettere che scrive, cercando ostinatamente una forma di comunicazione tra la realtà pratica e la vita interiore, quella parte profonda e autentica che abita ogni essere umano, ma che in molti resta silente.
Nel tentativo di trovare una forma esistenziale, ovvero una corrispondenza tra vita ed esistenza, la protagonista sperimenta diversi espedienti per superare questa presunta incomunicabilità: tradimenti disperati, epistole mai consegnate, “giochi di significanti”, “sguardi identitari”… fino all’incontro con un ragazzo sordomuto, che diventa la chiave per infrangere il confine tra il suo mondo di carta e la realtà. Sarà attraverso di lui che finalmente toccherà qualcosa di autentico e fragile, qualcosa che il mondo non riesce a comprendere. Come accadrà? La risposta per scoprirlo è di iniziare a leggere e poi… non smettere!
Un po’ di biografia
Luisa Aliotta è una scrittrice e insegnante di sostegno, italiano e storia all’istituto comprensivo Muzzone di Racconigi, dove vive. Nata in provincia di Napoli il 28 giugno 1993, è laureata in Filosofia e Storia presso l’Università Federico II di Napoli, scrive con un approccio post-esistenzialista e influenze romantiche. Le sue opere esplorano temi esistenziali, riflettendo sull’individuo e le sue contraddizioni. Ha vinto premi letterari, tra cui il secondo posto al Premio Hombres di giornalismo nel 2023, il primo posto al Premio di poesia Amalia Vilotta nel 2021 e il primo posto al concorso Versi e Non Versi nel 2024 con l’articolo “Come nasce un insegnante di materie umanistiche”. Le sue influenze includono Pessoa, Moravia, Pavese e Bufalino. Inoltre, gestisce un blog intitolato “La donna che guarda”, dedicato alla divulgazione culturale, dove esplora e condivide riflessioni su letteratura, filosofia e tematiche esistenziali. Il suo romanzo d’esordio Che il libeccio faccia il mio gioco, ha conquistato il premio Mestre 2025, prestigioso riconoscimento dedicato alla narrativa contemporanea, e adesso siamo curiosi di sapere se Luisa Aliotta in futuro saprà raccontarci altre emozioni…














