In quel tempo, Gesù disse ai farisei: «C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”. E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”» (Lc 16,19-31).
Oggi, 28 settembre 2025, la Chiesa giunge alla XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C, colore liturgico verde).
A commentare il Vangelo della Santa Messa è don Antonio Dellagiulia, Decano della Facoltà di Scienze dell’Educazione e professore di psicologia dello sviluppo, presso l’Università Pontificia, a Roma.
Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.
Eccolo, il commento.
Molte volte, leggendo le parabole del Vangelo, i personaggi descritti non hanno un nome; siamo quindi interpellati ad immedesimarci in quanto ci viene narrato. I racconti parlano non solo a noi, ma anche di noi. Così, il Vangelo di oggi ci presenta la figura di un ricco, del quale non sappiamo il nome, e di un povero che conosciamo invece come Lazzaro, il cui nome significa “Dio aiuta”.
C’è un contrasto molto forte tra questi due personaggi che vivono l’uno accanto all’altro: l’uno rinchiuso nel suo palazzo a banchettare quotidianamente, l’altro alla sua porta desideroso di ricevere i resti della mensa. Un contrasto esteriore che rivela un atteggiamento interiore. Il cuore del ricco è incapace di vedere il bisogno di Lazzaro che giace alla sua porta: è troppo preoccupato dei suoi banchetti per vedere il bisogno dell’altro. Il suo cuore è intorpidito, è incapace di riconoscere la presenza di Lazzaro vicino a lui e condividere. Dice un grande scrittore, Bernanos: «L'uomo di questo tempo ha il cuore duro e la pancia sensibile».
In questa domenica chiediamoci quanto siamo capaci di lasciarci interpellare dalla sofferenza di chi ci è accanto e quanto siamo capaci di condividere.
Nel Vangelo di Matteo, Gesù ci dice: «Non preoccupatevi di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito?». Vestirsi e nutrirsi sono delle esigenze fondamentali per la nostra vita, ma possono diventare così importanti da rinchiuderci in noi stessi così come lo è stato per il ricco della parabola che ci viene descritto da solo, chiuso alla relazione. È il contrario di Gesù: se il ricco banchetta, Gesù ci dona se stesso come cibo; se il ricco si veste finemente, Gesù muore nudo sulla Croce.
Ci ricorda san Basilio: «Quando possiedi una bella somma, già vai desiderandone un’altra uguale. Appena l’hai ottenuta, ecco che subito vai bramando di raddoppiarla. E così via: ogni volta, ciò che aggiungi non sazia il tuo desiderio di possesso, ma semplicemente accende di nuovo la tua avidità».
Non dobbiamo demonizzare le nostre ricchezze, ma vigilare su quanto il nostro cuore è attaccato ad esse, ricordando quanto diceva papa Francesco: «La ricchezza, la vanità, il potere incatenano il cuore dell’uomo, che invece Gesù vuole libero». La vita cristiana è un cammino di libertà.














