In un contesto segnato da incertezze internazionali, dazi e un calo percepito dei consumi, il vino torna ad essere oggetto di riflessione collettiva. E in questo scenario, dove si discute di eccedenze, tagli alle rese e prospettive di mercato, la voce di Giovanni Minetti, presidente del Consorzio Alta Langa, si distingue per lucidità e posizionamento. “Il vino è un prodotto fragile. Va tutelato non solo nella produzione ma nella narrazione culturale”, afferma.
Per l’Alta Langa, i numeri parlano chiaro: quasi 100 produttori, una produzione venduta nel 2024 di 1,8 milioni di bottiglie, e un potenziale di 3,4 milioni per la vendemmia in corso, che usciranno sul mercato non prima del 2027. “Lavoriamo con orizzonti lunghi. Quel che produciamo oggi lo gusteremo tra quattro o cinque anni. E questo ci obbliga a guardare oltre l’emergenza”, sottolinea Minetti.
Se da un lato l’Alta Langa non vive al momento problemi di mercato, proprio grazie alla sua struttura e alle sue dimensioni, dall’altro il presidente invita a non leggere la congiuntura solo attraverso strumenti classici. “Si parla molto di rese e sblocchi d’impianto, ma si parla troppo poco di promozione. Il vino deve essere raccontato, condiviso, riconosciuto come fattore sociale”. L’analisi si fa ancora più netta sul fronte della percezione: “C’è un’umoralità generale che tende a chiuderci, a farci conservare invece che crescere. Serve visione”.
Sul fronte dei dazi, Minetti invita alla cautela: “Gli effetti reali vanno valutati. Per certe fasce di prezzo, non sposteranno granché. Per le piccole denominazioni, invece, possono rappresentare un ostacolo. Ma attenzione: il vero rischio è che si crei allarmismo e si spinga i produttori a svendere pur di liberare le cantine. Questo favorisce solo dinamiche speculative”.
A dimostrazione della delicatezza del momento, c'è stato l'incontro presso l’Assessorato regionale all’Agricoltura, dove si è fatto il punto sulla situazione generale del comparto vitivinicolo piemontese. “Si cerca di capire se i problemi attuali siano congiunturali o strutturali. In alcuni casi la produzione eccede la domanda, ma in altri sono situazioni temporanee. Non bisogna farsi prendere dal panico”, commenta Minetti.
Ma è sulla comunicazione che il presidente dell’Alta Langa si sofferma con più convinzione. “Il vino viene spesso raccontato male, o non viene raccontato affatto. Eppure è uno dei doni più belli della natura, è parte della nostra cultura. Stiamo assistendo a una fase raffinata di attacco, non nuova, ma più subdola. Lo si demonizza, si dimentica che è un elemento fondante della dieta mediterranea”. E nel frattempo, osserva, “crescono i consumi di superalcolici, mentre il vino, che ha un legame profondo con la nostra tradizione e con la moderazione, viene percepito in modo più critico. Questo squilibrio comunicativo va corretto”.
Minetti guarda anche al passato: “Negli anni Ottanta le cantine si aprivano una volta l’anno. Oggi sono sempre aperte, ma la comunicazione resta fragile. In Francia il vino è rispettato a livello popolare. Da noi manca ancora quella consapevolezza collettiva del suo valore culturale”. E aggiunge: “Abbiamo fatto passi avanti, ma il sistema resta diviso. Serve una regia nazionale, un progetto che parli del vino come espressione dell’identità italiana”.
Senza mai negare le difficoltà, Minetti invita a distinguere tra problemi strutturali, che in alcuni casi esistono, e problemi congiunturali, legati a una fase di passaggio. “Non sarei pessimista. I problemi si affrontano, ma serve più coraggio, più chiarezza, e soprattutto più fiducia nella forza del vino non solo piemontese, ma italiano”.


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