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Attualità | 09 maggio 2025, 09:00

Primavera al galoppo sui sentieri del Roero con Giorgio Revelli ed i Cavalieri del Bandito

I buoni motivi per imparare ad andare a cavallo e godere la bellezza della natura in 10 risposte

Giorgio Revelli a cavallo in un campo di colza

Giorgio Revelli a cavallo in un campo di colza

Non siete mai andati a cavallo? Pensate sia uno sport difficile e fuori dal tempo? Niente di più sbagliato.

Vi faremo cambiare idea parlandovi dei Cavalieri del Bandito, la storia di un’amicizia straordinaria tra uomo, animali e natura, dove uno guarda all’altro con rispetto e lealtà.

Tra le colline del Roero si snodano percorsi di rara bellezza che la Scuderia guidata da Giorgio Revelli conosce bene, soprattutto in primavera quando la voglia di stare all’aria aperta cresce come le temperature meteo, che regalano giornate tiepide e soleggiate.

Strigliare i cavalli, intrecciare la criniera e raschiare gli zoccoli per poi mettersi in sella alla ricerca di nuove avventure, significa avere la possibilità di vivere un sogno antico. E poi andare a cavallo fa bene per tanti motivi.

Tipo: allontana lo stress attraverso i gesti di cura per l’animale che richiedono profonda calma, Ippocrate suggeriva lunghe cavalcate per sconfiggere l’insonnia; favorisce l’autostima; mantiene giovane il cervello; s’impara la comunicazione non verbale; migliora l’equilibrio; regala un grande senso di libertà e contatto con la natura; è un allenamento che sollecita tutti i muscoli e li tonifica.

Non vi basta? Bene, sappiate che in un mesetto la vostra silhouette sarà rimodellata. Giusto in tempo per la prova costume!

INTERVISTA A GIORGIO REVELLI, PATRON DELLA SCUDERIA DEL BANDITO

Fare sport è sempre una buona scelta, perché l’attività fisica aiuta a mantenerci in salute e giovani più a lungo. Se poi scegliamo uno sport da praticare all’aria aperta e che ci permetta anche di mantenere un rapporto con gli animali tanto meglio!

Andare a cavallo è sicuramente la prima scelta per Giorgio Revelli, patron della Scuderia del Bandito, che si trova a Bra, in frazione Bandito via Tetti Milanesi, 20. Scopriamo insieme il perché e la storia di un uomo che ha fatto di una passione la sua filosofia di vita.

Quando è nato il tuo amore per i cavalli?

«Ho sempre avuto amore per la natura e la passione per il cavallo, ma sentivo che tra me e il cavallo c’era qualcosa di più che il semplice piacere dell’equitazione».

Cosa significa per te andare a cavallo?

«Prima di tutto si tratta di instaurare una relazione con l’animale. Non lo considero un mezzo di trasporto, ma una creatura con la quale c’è una sintonia e un’empatia che si sviluppa nel tempo e con l’impegno».

Che tipo di monte ci sono?

«Nell’equitazione, esistono tre monte: quella all’inglese, prevista ad esempio nei salti; quella all’americana, utilizzata dai cowboy nei ranch, per la gestione delle mandrie e poi quella all’indiana, mutuata dai Nativi americani».

Nell’immaginario collettivo, il cavallo è un animale elegante, potente, veloce, intelligente e sensibile, ma anche irritabile. È tutto vero?

«Il cavallo è un animale da branco ed è una preda. Perciò è silenzioso e solitamente sta insieme ai suoi pari, per essere compatti in caso di pericolo. Quando un uomo si avvicina al cavallo, lui si sente in pericolo, perché lo vede come predatore e quindi ha paura di noi. Per instaurare una relazione, dobbiamo fargli capire che siamo il suo capobranco e che non vogliamo fargli del male».

E come si fa?

«Bisogna fare scorta di calma e di pazienza. Se ci avviciniamo all’animale da impauriti, il cavallo lo sente e si agita anche lui. Se vogliamo essere il suo capo, dobbiamo comportarci come tale: respiro profondo, contatto affettuoso e rassicurante, voce calma, conoscenza dei comandi. Il cavallo che ti riconosce capobranco, si rilassa totalmente, perché sa che il capobranco lo protegge».

Una filosofia di vita, praticamente…

«Qualcuno pensa che con i cavalli così come con le persone, basta alzare la voce o usare metodi violenti per ottenere le cose, quando invece bisogna avere chiari gli obiettivi, essere autorevoli, non autoritari e fare le cose insieme, non comandare».

L’equitazione è uno sport più al maschile o al femminile?

«L’equitazione è uno sport adatto a tutti, maschi e femmine. Le donne hanno il bacino più largo, quindi l’assetto in sella, rispetto a un uomo, è migliore. Poi c’è l’aspetto emotivo: sono più sensibili, più brave a stabilire un rapporto di empatia con l’animale».

Dacci una buona ragione per andare a cavallo…

«Andare a cavallo non è solo uno sport, ma è un’attività che fa bene, diverte e rilassa, favorendo il contatto con la natura e permette di stabilire un rapporto sano e distensivo con il cavallo. Per questa ragione nel nostro maneggio si svolgono anche esercizi di ippoterapia per sconfiggere ad esempio la depressione o per scopi riabilitativi. La terapia con i cavalli infatti è utile a risolvere diverse problematiche in pazienti con traumi fisici oppure patologie neuropsichiatriche. Nella nostra scuderia abbiamo anche una mula (Lauretta) e un mulo (Kansas), morbidi da accarezzare, pazienti, lenti nei movimenti e la loro indole ne fa degli amici insostituibili per bambini che devono superare problemi di socializzazione».

Quanto è importante l’equitazione per i bambini?

«L’equitazione è uno sport che permette di sconfiggere le proprie insicurezze, aiutando a ritrovare equilibrio sia nella postura, che nella mente. Per i bambini è l’ideale per stringere nuove amicizie anche oltre al mondo della scuola. E se praticato con tutta la famiglia, trascorrerete insieme momenti indimenticabili».

Consiglieresti di provare anche a chi è già adulto?

«L’età non conta. Se la passione è vera non ci sono preclusioni. Non si deve andare a cavallo per moda. Il cavallo è un animale bellissimo, ma impegnativo: ha bisogno di cure, attenzioni costanti, sacrifici. Non è un gioco».

È il monito di Giorgio Revelli, l’uomo che sussurrava ai cavalli.      

Silvia Gullino

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