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Attualità | 02 maggio 2025, 07:02

Lunedì 5 maggio il consiglio provinciale: sul tavolo il NO al declassamento dei Pronto Soccorso di Ceva e Saluzzo

Il tema è anche politico. E si scontra con la mancanza di risorse e, ancora di più, con la mancanza di medici di emergenza e urgenza. Secondo i dati più recenti, in Piemonte ne mancano circa 300

Lunedì 5 maggio il consiglio provinciale: sul tavolo il NO al declassamento dei Pronto Soccorso di Ceva e Saluzzo

Nei giorni scorsi, in Commissione Sanità in Regione, è stato presentato il nuovo Piano Socio-Sanitario Regionale, o meglio il documento propedeutico alla sua redazione. 

Un piano che si basa su un dossier elaborato dalla Bocconi, dossier che parte dai numeri e, di conseguenza, indicano la necessità di tagliare.

Ne avevamo parlato con il consigliere regionale Luigi Genesio Icardi, ex assessore alla Sanità e attuale presidente della Commissione succitata. Era stato chiaro, Icardi: "Si deve riorganizzare. E si deve tenere conto delle peculiarità dei territori. Chiaro il riferimento a due ospedali e, in particolare, a due pronto Soccorso della Granda, quelli di Ceva e Saluzzo". 

Al servizio di aree vaste e marginali, in particolare Ceva, devono essere trattati con criteri diversi da quelli meramente numerici. 

Icardi aveva detto: "Va fatto un lavoro scientifico di studio della rete di emergenza-urgenza regionale, dei PS/DEA coordinato col 118 per una migliore assistenza e riduzione del boarding. I Pronto Soccorso non si chiudono con la calcolatrice, perché ci sono realtà e territori diversi, di cui non si può non tenere conto. Serve un lavoro di riorganizzazione che dia un ruolo a ogni Pronto Soccorso. La salute pubblica - conclude - è un diritto di tutti, anche di chi vive in aree più marginali". 

Una rassicurazione che, evidentemente, non rassicura il territorio e in particolare il Consiglio provinciale, che si riunirà oggi alle 14 in Sala Giolitti, nel palazzo dell'ente. 

All'ordine del giorno, infatti, compare quello relativo alla "Difesa del sistema sanitario provinciale e dei presidi di emergenza-urgenza nel Cuneese. Contrarietà alla proposta di declassamento dei Pronto Soccorso di Ceva e Saluzzo e alla ridefinizione della vocazione degli ospedali minori". 

Il tema è ovviamente anche politico. E si scontra con la mancanza di risorse e, ancora di più, con la mancanza di medici di emergenza e urgenza. Un problema irrisovibile nel breve termine e che comporterà una riorganizzazione di tutto il sistema dei Pronto Soccorso. 

Al di là, infatti, della volontà, qui contano davvero i numeri: secondo i dati più recenti, in Piemonte mancano attualmente circa 300 medici nei pronto soccorso. Nei prossimi due anni, si prevede che solo 40 nuovi specialisti usciranno dalle scuole di specializzazione regionali, un numero insufficiente a colmare il deficit esistente 

Un’analisi del 2022 evidenziava che, su 663 medici previsti per coprire le esigenze dei pronto soccorso piemontesi, ne mancavano all’appello 284. Questa situazione ha portato a un ricorso crescente a medici e infermieri “gettonisti”, ovvero professionisti assunti tramite cooperative per coprire i turni scoperti.

Per affrontare questa crisi, la Regione Piemonte ha adottato diverse misure: ha esteso l’utilizzo delle prestazioni aggiuntive per il personale medico e infermieristico nei servizi di emergenza-urgenza, al fine di ridurre l’uso delle esternalizzazioni; ha implementato gli algoritmi clinico-assistenziali infermieristici per rafforzare il ruolo degli infermieri nel sistema di emergenza sanitaria preospedaliera, consentendo loro di sopperire, in parte, all’assenza di medici (decisione contro la quale gli ordini dei medici di tutte le province piemontesi si sono opposti) e ha riaperto i termini per l’ammissione ai corsi di formazione per l’esercizio dell’attività di emergenza sanitaria territoriale.

Ma la situazione resta critica.

E lo è ancora di più per quei presidi marginali quali sono Ceva e Saluzzo, che vivono il corto circuito di un'apertura 8-20, per la quale, quindi, non danno assistenza in fascia notturna, anche per la mancanza di medici. 

Inevitabile, quindi, che ci si rivolga ad altri presidi, quali Mondovì e Savigliano e ovvio che, sic stantibus rebus, il numero degli accessi non possa, senza un intervento politico, garantirne la sopravvivenza. 

Barbara Simonelli

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