Si è chiuso con tre assoluzioni il procedimento nato da un blitz dei Carabinieri della Forestale presso un’azienda agricola nelle campagne saluzzesi. Qui, nell’agosto 2019, qualche giorno prima della festa islamica cosiddetta ‘del sacrificio’, venne scoperto un macello abusivo dove venivano uccisi e lavorati alcuni ovini (LEGGI QUI).
L’operazione aveva portato al rinvio a giudizio in tribunale a Cuneo di B.R., titolare dell’azienda agricola di Saluzzo, e madre e figlio di origini marocchine, I.M. e M.R., accusati di uccisione di animale e di alcune violazioni in materia di sicurezza alimentare. Stando a quanto emerso nel corso delle indagini, le condizioni igienico sanitarie dei luoghi sarebbero state carenti: alcuni resti di animali giacevano a terra sgozzati, altri erano ammucchiati in alcune carriole e a terra un lago di sangue.
La macellazione secondo rito religioso islamico, quindi senza preventivo stordimento dei capi, è concessa in deroga alle ordinarie modalità e prevede specifiche procedure, che per la Procura gli imputati non avrebbero rispettato, tra i quali l’impiego di uno strumento meccanico per il contenimento dei capi al momento della iugulazione (metodo di abbattimento che consiste nella recisione delle vene giugulari provocando il dissanguamento dell’animale).
Nel corso dell’udienza celebratasi nell’ottobre scorso erano stati visionati alcuni video girati da I.M. con il suo cellulare in cui era stato ripreso il momento dell’uccisione di un ovino. Nel filmato sembrerebbe chiara la presenza di madre e figlio, mentre quella di B.R. no. “I luoghi sono certi – aveva riferito uno dei militari chiamato a testimoniare – quanto alla presenza di B.R. no. Ho estrapolato la foto della patente del signore e l’ho comparata con quelle estrapolate dal video. Non sono in grado di riconoscerlo. La macellazione però è lecita se effettuata in un centro autorizzato”.
Come emerso, dal video non è stato possibile riconoscere con certezza l’uomo indicato nelle foto estratte dal video. Argomento della difesa è stato che anche il locale dove venne girato il video non sembrava essere lo stesso, dal momento che, come sottolineato, nel filmato sarebbe stata presente una struttura rossa che però i militari non ricordavano di aver visto nel capannone dell’allevatore.
Tali incertezze hanno portato la Procura e le difese a chiedere l’assoluzione per tutti e tre gli imputati. Il giudice, accogliendo le richieste, ha assolto B.R., I.M. e M.R. per non aver commesso il fatto e ha pronunciato il non luogo a procedere per l’accusa riguardante la macellazione abusiva perché nel frattempo prescritta.