Un imprenditore monregalese, M.C., deve rispondere di truffa di fronte al tribunale di Cuneo perché, secondo la Procura, nel luglio 2021 avrebbe pagato con tre assegni scoperti, per un valore di circa 37mila euro, un debito che aveva con il suo commercialista. Il professionista, con il quale l’imputato avrebbe avuto un rapporto di amicizia, ha deciso di costituirsi parte civile in tribunale contro l’imprenditore che, in quel periodo, avrebbe attraversato un momento di difficoltà economica.
Come emerso, sembrerebbe che M.C. più volte avesse rassicurato l’amico sul fatto che avrebbe saldato i suoi debiti e quest’ultimo, fidandosi delle sue promesse, entrò in società con lui al 30%. Ed è proprio su questo aspetto, sui presunti “artifizi e raggiri” che si sarebbe concretizzato il reato di truffa: ciò che infatti viene contestato all’imputato non è di aver sottoscritto degli assegni scoperti, ma di aver raggirato il beneficiario.
Éd è proprio su questo punto che si è concentrata la difesa di M.C., che ha sostenuto la totale assenza di preordinazione nell’emissione degli assegni da parte del suo assistito i quali, tra l’altro, non sarebbero stati protestati. La Corte di Cassazione, con una pronuncia a Sezioni Unite del 2021, ha infatti definito il concetto di preordinazione come “un’ azione ispirata da una particolare intensità del dolo, che si traduce in una fredda e perdurante determinazione a commettere il reato senza ripensamenti e senza soluzione di continuità”.
Nel corso della discussione, il pubblico ministero ha invece chiesto per M.C la condanna a un anno e mezzo di reclusione, oltre al pagamento di mille euro di multa. Ad associarsi, anche il difensore del commercialista sostenendo come in realtà l’imputato fosse pienamente a conoscenza del fatto che che quelli assegni erano scoperti e, dunque, impossibile da incassare.
Il giudice pronuncerà la sentenza dopo aver ascoltato le repliche del pubblico ministero il 21 novembre.