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Attualità | 27 aprile 2024, 10:00

“A braccia aperte” per la pace: da Bra a Roma con l’Azione Cattolica

Un 25 aprile di festa e di ringraziamento che ha riunito circa 80mila persone da tutta Italia

In foto papa Francesco che il 25 aprile ha incontrato il popolo dell’Azione Cattolica in piazza San Pietro, a Roma

In foto papa Francesco che il 25 aprile ha incontrato il popolo dell’Azione Cattolica in piazza San Pietro, a Roma

Un 25 aprile da ricordare per i fedeli braidesi, arrivati in piazza San Pietro, a Roma, per stringersi in un unico abbraccio con papa Francesco.

Un momento di festa e ringraziamento dal titolo “A braccia aperte”, che ha riunito da tutta Italia circa 80mila persone di Azione Cattolica e salutato dal Santo Padre con un monito: «Lo slancio che oggi esprimete in modo così festoso non è sempre accolto con favore nel nostro mondo: a volte incontra chiusure e resistenze, per cui le braccia si irrigidiscono e le mani si serrano minacciose, divenendo non più veicoli di fraternità, ma di rifiuto e contrapposizione, anche violenta, di diffidenza nei confronti degli altri, vicini e lontani, fino a portare al conflitto. Quando l’abbraccio si trasforma in un pugno è molto pericoloso», ha sottolineato il Pontefice.

Poi Francesco ha espresso una convinzione: «All’origine delle guerre ci sono spesso abbracci mancati o abbracci rifiutati, a cui seguono pregiudizi, incomprensioni e sospetti, fino a vedere nell’altro un nemico. E tutto ciò purtroppo, in questi giorni, è sotto i nostri occhi, in troppe parti del mondo».

Quindi, ha invitato a riscoprire il senso e il valore degli abbracci. «L’abbraccio è una delle espressioni più spontanee dell’esperienza umana». Per ognuno di noi, al primo abbraccio dei genitori ne seguono tanti altri, ma la nostra vita è soprattutto «Avvolta dal grande abbraccio di Dio, che ci ama, ci ama per primo». Tre i tipi di abbraccio che Francesco ha posto alla riflessione dei presenti: «L’abbraccio che manca, l’abbraccio che salva, l’abbraccio che cambia la vita».

L’abbraccio che manca

«Non sempre i sentimenti di amicizia e di accoglienza che l’abbraccio manifesta sono compresi e accettati nelle società - afferma il Papa -, spesso trovano resistenza e opposizione fino ad arrivare ai conflitti. Sì, all’origine delle guerre ci sono spesso abbracci mancati o rifiutati, a cui seguono pregiudizi, incomprensioni e sospetti, fino a vedere nell’altro un nemico. E tutto ciò purtroppo, in questi giorni, è sotto i nostri occhi, in troppe parti del mondo! Con la vostra presenza e con il vostro lavoro, invece, voi potete testimoniare a tutti che la via dell’abbraccio è la via della vita».

L’abbraccio che salva

C’è poi l’abbraccio che è salvezza: succede quando ai valori positivi insiti in questo gesto si aggiunge la dimensione della fede al cui centro c’è proprio «L’abbraccio misericordioso di Dio che salva» e che Gesù morendo in croce ci ha dimostrato, donando la sua vita. E questo, spiega Francesco, «Perché anche noi impariamo a fare lo stesso. Perciò, non perdiamo mai di vista l’abbraccio del Padre che salva, paradigma della vita e cuore del Vangelo, modello di radicalità dell’amore, che si nutre e si ispira al dono gratuito e sempre sovrabbondante di Dio. Fratelli e sorelle, lasciamoci abbracciare da Lui, come bambini. Ognuno di noi ha nel cuore qualcosa di bambino che ha bisogno di un abbraccio. Lasciamoci abbracciare dal Signore. Così, nell’abbraccio del Signore impariamo ad abbracciare gli altri».

L’abbraccio che cambia la vita

Il Papa ricorda che molte volte un abbraccio dato e ricevuto ha cambiato una vita. Come è successo a Francesco d’Assisi, che decise di seguire Cristo «Dopo aver stretto a sé un lebbroso». Questo è valido anche per l’Azione Cattolica, sottolinea Francesco, «Che trova il denominatore comune proprio nell’abbraccio della carità, unico contrassegno essenziale dei discepoli di Cristo». La raccomandazione è allora che sia la carità «A plasmare ogni vostro sforzo e servizio, perché possiate vivere fedeli alla vostra vocazione e alla vostra storia» e per porre segni concreti di cambiamento a tutti i livelli della vita sociale. Il Pontefice prosegue: «Allora, fratelli e sorelle, la “cultura dell’abbraccio”, attraverso i vostri cammini personali e comunitari, crescerà nella Chiesa e nella società, rinnovando le relazioni familiari ed educative, rinnovando i processi di riconciliazione e di giustizia, rinnovando gli sforzi di comunione e di corresponsabilità, costruendo legami per un futuro di pace».

Atleti e portabandiera di sinodalità

Infine il Pontefice ha parlato del cammino sinodale in cui è impegnata tutta la Chiesa cattolica: «C’è bisogno di gente forgiata dallo Spirito, di “pellegrini di speranza”, di uomini e donne sinodali, che sappiano dialogare, interloquire, cercare insieme, come dice il tema del Giubileo ormai vicino, uomini e donne capaci di tracciare e percorrere sentieri nuovi e impegnativi. Vi invito dunque ad essere “atleti e portabandiera di sinodalità”, nelle diocesi e nelle parrocchie di cui fate parte, per una piena attuazione del cammino fino ad oggi».

Silvia Gullino

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