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Cronaca | 19 aprile 2024, 12:44

Uccise il figlio a coltellate: ventuno anni di carcere la richiesta dell’accusa per Piero Pesce

Nel novembre 2022 l’omicidio del 28enne tabaccaio di Alba Valerio Pesce

Valerio Pesce, ucciso dal padre nel novembre 2022

Valerio Pesce, ucciso dal padre nel novembre 2022

Ventuno anni di reclusione quale pena per l’omicidio volontario del figlio, esclusa la premeditazione e riconosciute non soltanto le attenuanti generiche, ma anche la seminfermità mentale dovuta alla grave depressione di cui l’uomo avrebbe sofferto da tempo. 

Questa la condanna che il pubblico ministero Stefano Cotti ha pocanzi richiesto nei confronti di Piero Pesce, 62enne contabile che il 23 novembre 2022 uccise a coltellate il figlio Valerio, 28 anni, nell’appartamento di famiglia di Canelli. 

La richiesta è arrivata nel corso dell’udienza in corso presso la corte d’assise del Tribunale di Asti, di fronte alla quale l’uomo, detenuto presso il carcere di Biella, è chiamato a rispondere del fatto da lui confessato alle forze dell’ordine poche ore dopo l’aggressione compiuta alle prime luci dell’alba di quel mercoledì, probabilmente mentre il giovane dormiva, e seguita da un tentativo di suicidio non andato a buon fine. 

L’uomo – era emerso nei giorni successivi al fatto –, da tempo alle prese con una profonda depressione, avrebbe agito anche in preda alla forte preoccupazione nutrita per la situazione del giovane, che da alcuni anni gestiva una tabaccheria in piazza Cristo Re ad Alba. Acquistato coi risparmi di famiglia, l’esercizio commerciale, da alcune settimane era chiuso per le problematiche di alcolismo e ludopatia di cui il ragazzo, in attesa di ricovero presso una struttura dedicata, avrebbe sofferto da tempo. 

Di fronte alla corte si è quindi tenuta l’arringa del difensore, l’avvocato biellese Carla Montarolo, che per Piero Pesce, visto anche il contenuto delle consulenza tecnica di parte effettuata dagli specialisti Ilaria Rossetto e Stefano Zago – secondo la loro perizia l’ex contabile era parzialmente incapace di intendere e di volere perché affetto da "depressione maggiore grave ricorrente" –, ha chiesto per il suo assistito il riconoscimento dell’infermità totale e l’assoluzione. 

Il pronunciamento della corte è atteso con l’udienza in programma per il prossimo 17 maggio.

E. M.

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