Nel laboratorio di Alba
Quando mi ha detto di andare a fargli visita nel suo studio mi sono stupito non poco.
Lui lo chiama “Orizzonti impossibili” e a dire il vero è un piccolo spazio sotto gli occhi di tutti, nel centro di Alba, a pochi metri dal teatro sociale “Giorgio Busca”.
Un luogo intimo, dove Maurizio D’Andrea sviluppa, sperimenta, dipinge, ascolta musica rock e nel contempo segue e insegue la sua anima. Non è un artista qualsiasi, non è solo un napoletano laureato in vulcanologia capitato al nord per caso. Non solo un pittore internazionale intanto.
La sua poliedricità lo porta ad essere contemporaneamente un programmatore informatico, un artista digitale, un poeta, uno scrittore e a esprimere il rimanente del suo iperattivismo artistico, nella pittura.
– È meglio che non mi vedi mentre dipingo – mi dice – sono un solitario, non voglio nessuno intorno: per questo vengo qui, in questo piccolo rifugio. Per me il momento della pittura è intimo, è una catarsi.
Mi lascia girellare fra le sue opere “in prova”.
– Quando finisco un quadro lo lascio in vista per qualche giorno, a volte anche per settimane, in una specie di “incubazione”. Se riguardandolo più e più volte mi convince, e continua a rispecchiare ciò che sentivo e che volevo esprimere, se l’idea dalla quale sono partito per realizzarlo regge ancora ed è ancora vivida e ricca di energia, allora lo conservo. Altrimenti lo scarto.
La “follia ragionante”
Lui si definisce un “folle ragionante”, ma dall’aspetto non si direbbe. Non indossa abiti strani, non esibisce tatuaggi, nemmeno porta i capelli lunghi o cappelli stravaganti: è un vulcano, la sua parte bollente, magmatica, sta all’interno.
Quando racconta della sua arte ne intuisci l’energia. Quella che hanno trasmesso le sue opere a migliaia di persone in tutto il mondo, giacché Maurizio, tra mostre collettive e personali ha già esposto a Madrid, Tokyo, Barcellona, Berlino, Berna, Roma, Genova e in varie altre città italiane.
Otto suoi quadri sono stati richiesti dall’Agora Gallery di New York, ed è stato selezionato per due grandi mostre curate da Vittorio Sgarbi tra il 2021 e il 2022, nel Museo Rimoldi a Cortina d’Ampezzo e nella Villa Reale di Monza.
Non sono nello studio di un pittore qualunque insomma. Cerco di indovinare o pensare ai titoli delle opere che vedo appese dappertutto, in un disordine ordinato e pulito, perché un informatico non perde mai del tutto la sua natura razionale.
– Ogni mio quadro rappresenta lo stato d’animo del momento. Può capitarmi di assistere ad un litigio e meditarci su. Poi sentire la necessità impellente di rappresentarlo a modo mio, come l’ho vissuto, con le stesse identiche emozioni che ho provato in quel frangente.
Il simbolismo, la tecnica
Ci sono simboli ricorrenti sulle tele. Noto i cerchi, simili a occhi o a vortici.
– Il cerchio è la bolla di salvezza, una via di fuga. Non mancherà mai in una mia opera, neppure nella più drammatica, tragica, sofferente, una via di fuga, la possibilità di salvezza. Ho rappresentato recentemente ciò che sentivo per i migranti e il mio inconscio ha raffigurato un faro, dunque la meta, e l’abisso in cui cade una figura indistinta, ma anche un vortice salvifico, l’ancora a cui ci si può aggrappare: perché la vita dà sempre un’altra possibilità.
Guardo la sua scrivania. È bellissima, gliela ruberei.
– Queste figure geometriche che ho applicato sul legno nascono da un software che ho sviluppato da solo e ho chiamato ARTETC. Posso ricavarne milioni, nessuna uguale ad un'altra. Questa è quella che si definisce “arte digitale”, che puoi praticare con qualsiasi device informatico. A volte mi diverto così.
La tecnica preferita è però l’acrilico su tela, anche se le sperimentazioni sono cominciate presto:
– A quindici anni dipingevo acquerelli o a olio. A dire il vero la curiosità mi ha portato a sperimentare tutto. Non mi sono mai innamorato della pittura figurativa. Un paesaggio ben fatto, fotografico, preciso e dettagliato può essere un utile esercizio di stile, ma l’emozione dov’è? Io cambio la prospettiva: il paesaggio esterno diventa paesaggio interno.
Le nevrosi dell’Uomo, lo studio del paesaggio interiore
Osservo in una tela i colori giallo ocra delle colline, il mare in lontananza.
– Ecco il “mio” paesaggio, in quel caso senese. Quel che mi ha trasmesso. Ho letto le opere di Jung e Freud, mi appassionano gli studi sulle nevrosi. Affronto le mie, vedo quelle negli altri: l’Uomo è complesso non possiamo far finta che non sia così. Io non dipingo per vendere, nonostante il mio coefficiente artistico sia molto alto. Dipingo perché sento qualcosa dentro di me e posso trasmetterlo a chiunque: questo è quel che definisco pittura “INCONSCICA”.
Sofferenza e passione ci sono sempre, l’energia che trasmettono i quadri di Maurizio sembra attenuata appena dall’uso costante del colore opaco, essenziale per comunicare il senso dell’attesa, del mistero, del dolore.
Proseguo l’esplorazione dello studio. In un angolo, dietro la tenda, il vero e proprio “crogiolo”: un tavolo, una gran quantità di pennelli, boccette di colori, attrezzi strani, bastoncini, stracci, pettini.
– Ci sono emozioni che non vogliono il pennello, vanno fissate con lo strumento giusto. Ho fatto un quadro tempo fa usando quel bastoncino lì… .
Il movimento
Nella sua ricerca continua, nel non fermarsi mai, Maurizio non poteva farsi mancare l’ideazione di una corrente pittorica tutta sua. Si chiama MOVIMENTO ARTISTICO INTROVERSICO RADICALE, ha sede nella prestigiosa galleria torinese AccorsiArte in via Fratelli Calandra 9, http://www.introversicoradicale.it
– Nel mondo del Metaverso digitale, la realtà virtuale rischia di soffocarci e di farci smarrire la nostra identità. Questo nuovo movimento vuole proporre un’arte che fissi sulla tela la nostra psiche, attraverso una pittura astratta, informale, priva di linee, forme e oggetti ben definiti, che proprio in quanto tale permette di unificare e liberare il nostro inconscio personale e collettivo. Un'arte in cui i protagonisti del processo creativo sono l’autore, l’opera e tutti coloro che entrano in dialogo con essa.
Usa un termine che mi è poco chiaro: “introversismo”. Mi domando se un’anima semplice come la mia possa capirci mai qualcosa. Trattandosi di una persona educata storce appena la bocca, disegnando un’espressione rassegnata.
– Non è importante capire. Tieni presente che un quadro ha una sua vita propria. Alla lunga può perfino stufare, magari va spostato d’ambiente, perché non coinvolge più i sensi. Tutto evolve.
La commistione tra pittura e musica
La commistione fra pittura e musica è quella che istintivamente mi attrae di più.
– Sì, mentre dipingo ascolto musica, a seconda dello stato d’animo. Se sono incavolato opto per quella dura, tipo l’Hard Rock. Ciò non toglie che ho collaborato a Venezia con il flautista Marco Gaudino e lo scorso anno a Padova con l’organista Gabriele Studer, che praticano tutt’altro genere.
Con l’interpretazione e l’accompagnamento di tre opere di Maurizio, intitolate DONNA, GUARDO IL BLU e PRENDIMI, Studer ha raccontato la relazione fra musica e pittura, con improvvisazioni e armonie cromatiche, seguendo di volta in volta felicità, ansia, vivacità dei tratti, dinamismo.
– Io cerco e amo lo scambio e la condivisione tra artisti unendo linguaggi e tecniche diverse, perché l’arte è unica. L’arte è profondità.
Il suo sito https://www.dandreart.info/ in inglese è una galleria di immagini, idee e suggestioni, di contaminazioni, di Fractal Art e Voronoi Art, di “Awards”, di colori.
Un quadro, un gioco
Gli faccio notare che lo vedrei bene a lavorare in un loft.
– È vero, qui può sembrare un ambiente claustrofobico. Ma in realtà ci sto bene. Mi isolo completamente, perdo la nozione del tempo: se ho qualcosa da dire, devo farlo subito e per lo sconforto di mia moglie posso dipingere per ore, dimenticando appuntamenti, cena, commissioni…
Mi aspetta ancora una sorpresa. In un armadio scorgo una tavola curiosa, fatta di tanti quadretti interscambiabili.
– Ricordi il gioco del quindici? Quello in cui dovevi riordinare i numeri dall’1 al 15 spostandoli grazie alla mancanza del sedicesimo tassello? Ecco, il mio dipinto si basa su quel meccanismo e ha ovviamente un’idea centrale e un focus: la vita è effimera, basta spostare una tessera, basta un singolo avvenimento per scompaginarne l’insieme.
Maurizio D’Andrea mi ha regalato la possibilità di vedere un luogo di privata creatività e lasciato vibrazioni stimolanti.
Progetti
Le prossime avventure?
– A dicembre ci sarà una mia mostra personale nella galleria Bortone di Parigi e con date da stabilire, due altre, alla Galleria Spazio Mecenate di Roma e nell’ex conservatorio S.Anna di Lecce. E a settembre inizierà una nuova esperienza di scrittore di monologhi teatrali!
Un fiume in piena. O meglio: un vulcano in eruzione!