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Attualità | 27 giugno 2022, 13:04

Spiragli di riapertura per il tribunale di Alba? Ora si teme pure per quello astigiano

Tra Camera e Senato orientamenti opposti e il rischio di una ulteriore accelerazione sulla strada indicata con la riforma Severino. L’avvocato Ponzio sollecita la politica locale: «La città faccia sentire la propria voce»

L'ingresso dell'ex tribunale di Alba

L'ingresso dell'ex tribunale di Alba

«Altro che riaprire i tribunali accorpati, c’è chi le sedi giudiziarie le vorrebbe ridurre ancora». A denunciare quello che definisce «un paradosso» nel redivivo dibattito sulla riorganizzazione della geografia giudiziaria è l’avvocato albese Roberto Ponzio, che nel 2012 fu in prima linea nella battaglia per salvare il foro langarolo e che da allora ha più volte sollecitato la politica locale a farsi promotore di un suo possibile ripristino.

Un tema, quest’ultimo, tornato ora in auge in forza dell’iniziativa assunta a fine aprile dalla parlamentare campana Felicia Gaudiano (M5S), promotrice di un disegno di legge (numero 2139) per il ripristino di alcuni palazzi di giustizia tra i 37 cancellati dieci anni addietro. Proposta che dal 30 maggio scorso è all’esame della Commissione Giustizia di Palazzo Madama.  

Un’ipotesi, quella di poter vedere il ritorno dei magistrati nelle aule del palazzo Gabetti e Isola di piazza Medford – dove nel frattempo hanno preso casa le sedi locali di diversi enti tra i quali Inps e Inail – della quale si è parlato anche durante l’ultima recente seduta del Consiglio comunale albese, dove il sindaco Carlo Bo, sollecitato dal consigliere di "Uniti di Alba" Alberto Gatto, ha spiegato di aver preso contatto con la stessa senatrice e di voler approfondire la questione anche col sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, atteso in città per la questione del carcere.

Peccato che intanto del tema si sia ripreso a parlare anche nell’altro ramo del Parlamento, dove nell’omologa commissione è giunta un’analoga proposta, a firma di un’altra esponente grillina, l’onorevole Elisa Scutellà, rispetto alla quale l’orientamento espresso da eminenti rappresentanti della maggioranza di governo – nella fattispecie l’onorevole "dem" bresciano Alfredo Bazoli – vanno però in una direzione diametralmente opposta a quella di una possibile riapertura dei palazzi di giustizia accorpati, guardando piuttosto alla possibilità di un’ulteriore riduzione di tribunali e corti d’appello, ora possibile anche grazie alla possibilità di svolgere udienze da remoto.

Una presa di posizione che, insieme a qualche preoccupazione per il rischio che la giustizia albese possa finire nelle mani non più astigiane, ma addirittura alessandrine, ha suscitato le vibrate proteste espresse dall’Associazione Italiana Giovani Avvocati, che auspica «un repentino passo indietro» ricordando anche come il Pnrr ha dato risorse proprio per investire nel comparto giustizia e non certo per penalizzarlo ulteriormente.

Dello stesso avviso lo stesso avvocato Ponzio: «C’è da capire – rileva – se quello espresso dall’onorevole Bazoli è un orientamento personale o del partito, là dove questa seconda ipotesi è ovviamente quella più verosimile. Registro che Bazoli è un avvocato, ma penso che frequenti poco le aule di giustizia. Altrimenti saprebbe che nelle sedi accorpanti l’amministrazione della giustizia in questi anni è fortemente peggiorata. Il caso di Alba in questo senso è emblematico, considerato anche che, come noto, rientrava tra i tribunali che per risultati ed efficienza potevano dirsi virtuosi».

Per Ponzio occorre che la politica si renda parte attiva: «Nei giorni scorsi il comitato parlamentare intergruppo chiamato a occuparsi della proposta di legge ha previsto un ciclo di audizioni per assicurarsi una visione più ampia e sondare le criticità della riforma. Ecco, sarebbe necessario che in questo contesto Alba facesse sentire la propria voce, per capire se rientra tra le priorità o se c’è da rassegnarsi a essere colonizzati e aggregati a un’altra struttura. La situazione è a dir poco schizofrenica, ma senza un’iniziativa di questo tipo non avremmo ovviamente voce in capitolo, ammesso e non concesso che i tempi della legislatura consentano ancora un intervento».

Ezio Massucco

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