“The Wizard of Oz” (Il Mago di Oz) è un film americano del 1939, scritto da Noel Langley, Florence Ryerson ed Edgar Allan Woolf a partire dal romanzo di L. Frank Baum, e diretto da Victor Fleming, George Cukor, Mervyn LeRoy, Norman Taurog e King Vidor.
La celebre favola vedere come protagonista la piccola Dorohty, che si ritrova suo malgrado catapultata nel fatato mondo eponimo, dominato dalle streghe e dal misterioso Mago di Oz: con il coraggio, l’amore e l’astuzia – e aiutata dallo Spaventapasseri, dal Leone e dall’Uomo di Latta – la ragazzina riuscirà a fare ritorno a casa, in Kansas.
Una fine, che però sa di nuovo inizio (forse, per una volta da due anni a questa parte, un VERO nuovo inizio). Personalmente la percepisco un po’ così la conclusione dello stato di emergenza che – sempre che non sia successo qualcosa nei giorni che passeranno da quando sto scrivendo questo appuntamento della nostra beneamata rubrica e il momento in cui voi lo leggerete – è avvenuta nella giornata di ieri, venerdì 1° aprile.
In tutta sincerità, ancora faccio fatica a comprendere davvero e ad accettare il fatto che, in stato di emergenza, abbiamo passato due più di due anni. Non so voi ma io non ho ancora deciso se sono passati in un lampo oppure in ben più di quanto siano passati i due anni precedenti. E non sono nemmeno sicuro di poterla davvero fare, una scelta di questo tipo. Insomma: è stata comunque vita vissuta, no? Limitata, restrittiva, instabile, strana, inaspettata… ma pur sempre vita.
Penso che questa possa essere una delle lezioni più importanti da trarre da tutto questo periodo di emergenza sanitaria più stringente (perché, è chiaro, il ‘problema Covid-19’ non si conclude con il concludersi dello stato di emergenza). Che la vita non è solo ciò che ci accade di positivo, e fortunatamente non è solo ciò che ci accade di profondamente negativo, ma un miscuglio caotico e il più lungo possibile tra le due cose.
La narrativa fantastica, in questo, aiuta. O almeno, aiuta e ha aiutato me e una miriade di altri piccoli e grandi nerd nel corso dei secoli. “Il Mago di Oz” è tra gli esempi più fulgidi della narrativa fantastica e favolistica, di cui conserva ed esalta gli stilemi tipici; è un vero e proprio viaggio in un mondo lontano dal nostro - ma raggiungibile facilmente in mongolfiera - , ricco di stupore, meraviglia e avventure a non finire.
Recuperatelo, specie nella sua versione restaurata del 1939, perché davvero una perla cinematografica capace di scavallare senza troppa difficoltà i grandi blockbuster moderni pieni di soldoni ed effettoni speciali.
E come in tutte le favole, alla fine, c’è il ‘vissero tutti felici e contenti’: ogni personaggio con una certa importanza narrativa raggiunge il proprio obiettivo principale e, in definitiva, migliora la propria condizione (quantomeno morale). Non so se per noi vale o varrà la stessa cosa, io personalmente mi accontenterei del ‘vissero’.
L’hanno detto in diversi: “Le favole non insegnano che i draghi esistono, ma che si possono sconfiggere”. Sono d’accordo, ma credo insegnino anche che si può ridere, gioire, emozionarsi, imparare, cambiare mentre si cerca un modo efficace per sconfiggere il drago (o la Strega Malvagia dell’Est, nel nostro caso). Che si può, semplicemente, crescere.
Non è l’impresa a rendere ‘eroe’ un eroe. È il viaggio che compie, fuori e dentro di sé. Tu come guardi al tuo di questi due anni?
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