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Alba | 05 ottobre 2018, 07:45

Moncalvo (Coldiretti): "Il mondo chiede cibo italiano, ma c'è la concorrenza sleale di molti Paesi stranieri"

Intervista al presidente nazionale dell'organizzazione agricola, relatore al convegno di Pollenzo promosso dalla Fondazione Crc. Una chiacchierata sullo stato di salute del settore, la qualità, l'etichettatura, le richieste alle Istituzioni e il vigore rurale della provincia di Cuneo

Il presidente nazionale di Coldiretti, Roberto Moncalvo

Il presidente nazionale di Coldiretti, Roberto Moncalvo

Roberto Moncalvo, nato nel 1980 a Settimo Torinese, è il presidente nazionale di Coldiretti dal 15 novembre 2013. Laureato in Ingegneria dell’Autoveicolo, gestisce con la moglie Elena e la sorella Daniela l’azienda agricola “SettimoMiglio”.

La sua presenza al convegno organizzato dalla Fondazione Crc sull’agroalimentare, a Pollenzo, è stata l’occasione per parlare del mondo rurale. Iniziando dallo stato di salute del settore. “Ci sono - risponde Moncalvo - luci e ombre. Per quanto riguarda la parte positiva l’export continua a crescere. Il mondo chiede cibo italiano. Siamo leader a livello europeo come aziende gestite dai giovani under 35 anni: 55 mila. E altre 33 mila si stanno insediando con i bandi del Programma di Sviluppo Rurale. L’etichettatura aiuta le imprese. E sta passando l’idea che agricoltura, cibo, salute e territorio sono aspetti collegati: una prospettiva già importante oggi, ma fondamentale per il futuro”.   

Le ombre? “La contraffazione del Made in Italy è uno dei problemi. Però anche la competizione sleale dei Paesi che producono a un costo più basso in quanto hanno regole di tutela dei lavoratori e dell’ambiente non paragonabili alle nostre. C’è una competizione non più basata sulle capacità imprenditoriali, ma solo sulla possibilità di sfruttare il lavoro delle persone e di utilizzare prodotti chimici banditi in Italia. Una diversità di percorso produttivo che sta mettendo a dura prova la nostra agricoltura”.

Soluzioni su quest'ultimo fronte? “Servono nuovi accordi internazionali nei quali al centro della discussione non ci può essere il prezzo dei prodotti, ma le tecniche per ottenerli. Che, soprattutto nei Paesi extraeuropei, per garantire la sicurezza di consumatori, agricoltori e ambiente, devono essere le stesse dell’Unione e dell’Italia”.

La qualità dei nostri prodotti rimane un percorso irrinunciabile? “Assolutamente, sì. I settori agricoli che crescono di più sono quelli fortemente distintivi, in cui si percepisce il valore aggiunto di avere l’impronta italiana e di essere ancorati al territorio. Per rimanere in provincia di Cuneo i vini e la carne bovina di razza piemontese rappresentano due esempi importanti. Al contrario della frutta: un comparto dalle grandi opportunità anche a livello occupazionale che, però, è in una situazione critica in quanto ha perso il patrimonio di identità di un tempo e subisce la concorrenza, pur sleale, dei Paesi stranieri”.

Come si colloca la provincia di Cuneo nel contesto agricolo italiano? “Costituisce un’eccellenza come qualità e come numeri della produzione. E poi è all’avanguardia per i progetti di filiera se pensiamo che la Ferrero, azienda multinazionale, ma profondamente legata al territorio in cui ha avuto origine, compra il latte in polvere dall’Inalpi la quale lo trasforma acquistandolo direttamente in stalla dagli allevatori. Un circolo virtuoso”.

Un percorso che state costruendo in tutto il Paese? “Come Coldiretti, attraverso il progetto Filiera Italia, siamo seduti allo stesso tavolo della parte più illuminata dell’industria agroalimentare di trasformazione. Stiamo costruendo degli accordi nei quali industria e agricoltura hanno lo stesso peso. E al mondo rurale viene riconosciuto il giusto prezzo delle produzioni, dando loro garanzie pluriennali di poter investire nelle aziende”.

Cosa chiedete alle Istituzioni? “Di prestare attenzione al bilancio della Politica Agricola Comune - la Pac - in modo che gli imprenditori del settore si vedano riconosciuto il loro lavoro in misura maggiore. A livello nazionale di mantenere alcuni provvedimenti: il bonus verde; le agevolazioni Iva per i settori più in difficoltà; la decontribuzione riservata ai giovani, importante nell’insediamento di nuove aziende; l’etichettatura obbligatoria da sviluppare ulteriormente".

Poi c’è il tema della fauna selvatica. "Va gestito con equilibrio sull’intero territorio nazionale. Un equilibrio che è saltato e sta scappando di mano. Invece la questione va affrontata in modo determinato perché altrimenti ci rimettono tutti: l’ambiente; gli agricoltori e anche i cittadini vittime di incidenti stradali a causa di quegli animali liberi e pericolosi”.   

Sergio Peirone

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