“Egregio Avvocato,
mia madre è da alcune settimane ricoverata in una struttura di cura. Pochi giorni fa ho scoperto che, su invito di mio fratello, ha firmato dei fogli perché gli donasse alcuni beni.Dal momento che lo stato psico-fisico di mia mamma non è buono, vista la malattia, volevo sapere se questi atti potessero essere annullati. Dopo una breve ricerca, ho visto che sia il Codice civile che il Codice penale sembrano avere dei rimedi e volevo quindi chiederle chiarimenti sul punto”.
Gentile lettore,
esprimo innanzitutto il mio dispiacere per la situazione in cui attualmente si trova sua madre.
Quanto da lei cennato è corretto: l’ordinamento, infatti, prevede, per casi come questo, sia un rimedio civilistico all’articolo 428 c.c. che un rimedio penalistico all’articolo 643 c.p.
La prima norma è rubricata “Atti compiuti da persona incapace d'intendere o di volere” e prevede al primo comma, che “gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace d'intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all'autore”. Il secondo comma, invece, afferma che “l'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona incapace d'intendere o di volere o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente”. Come si può evincere, dunque, è richiesto, per la sua applicazione, l’accertamento di una condizione espressamente qualificata d’incapacità d’intendere o volere, ovvero uno stato patologico psichico che non consente di comprendere sul piano intellettivo e cognitivo la natura e gli effetti dell’atto che si compie. Inoltre, essendo la donazione un atto bilaterale, risulta rilevante e fondamentale il requisito della malafede dell’altro contraente.
Il Codice penale, invece, disciplina la circonvenzione di persone incapaci. Questa norma, a differenza della prima, opera una distinzione tra il cosiddetto “infermo psichico” e il “deficiente psichico”. In aggiunta, non fa alcun riferimento alla necessaria sussistenza del requisito dell’interdizione o inabilitazione. Il primo stato psico-fisico cennato è senza dubbio più grave, intendendosi “ogni alterazione psichica derivante da un vero e proprio stato patologico, conosciuto e codificato dalla scienza medica o da una condizione soggettiva che, sebbene non patologica, menomi le facoltà intellettive o volitive del soggetto quale conseguenza di una anomalia mentale, non importa se definitiva o temporanea”. Per “deficienza psichica”, invece, si intende "un’alterazione dello stato mentale, ontologicamente meno grave e aggressivo della infermità e non conseguente ad uno stato patologico, dipendente da particolari situazioni fisiche (età avanzata e fragilità di carattere come ribadito anche dalla Cassazione n. 3209/2013) ovvero da una anomala dinamica relazionale tra l’autore dell’induzione e l’autore dell’atto pregiudizievole, situazioni che comportino l’indebolimento della funzione volitiva o affettiva, inficiando il potere di critica e di difesa dall’altrui opera di suggestione e sia comunque idonea a porre il soggetto passivo in uno stato di minorata capacità di autodeterminazione, in quanto i cedimenti intellettivi, volitivi o affettivi, compromettendo il pensiero critico, minano la autonoma determinazione del soggetto”.
Questo è il discrimine che effettua la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 29003/2012, citata, tra le altre, anche dalla Corte d’Appello di Appello di Venezia, nella recente sentenza n. 2912 del 6 ottobre 2025, la quale ha svolto una dettagliata disamina della differenza tra le due norme sopra richiamate e oggetto del suo interesse.
Nel caso di specie deve essere citato anche l’art. 775 c.c., il quale, come ricorda il predetto provvedimento, per l’annullamento della donazione fatta da persona incapace di intendere o volere nel momento in cui è stata fatta, non prevede la prova della mala fede del beneficiario e del pregiudizio, dovendosi ritenere insito nel compimento dell’atto.
Oltre a ciò, si evidenzia che il rilievo della cosiddetta “anomala dinamica relazionale” costituisce l’elemento di maggiore differenziazione tra le due fattispecie. Infatti, questo criterio è necessario per l’applicabilità della norma del Codice penale, mentre è richiesto, ai fini civilistici, un requisito più severo e stringente, ovverosia quello dell’incapacità di intendere o di volere.
Per quanto riguarda, invece, l’induzione, aspetto citato dall’art. 643 c.p., la Suprema Corte afferma, sentenza n. 28080/2015, che, per la sua sussistenza, “non è richiesto l'uso di mezzi coattivi o di artifici o raggiri, ma è pur sempre necessaria un'attività apprezzabile di pressione morale, di suggestione o di persuasione, cioè di spinta psicologica”.
Riassumendo dunque, ai fini dell'integrazione dell'elemento materiale del delitto di circonvenzione di incapace, devono concorrere: la minorata condizione di autodeterminazione del soggetto passivo in ordine ai suoi interessi patrimoniali, l'induzione a compiere un atto che comporti, per il soggetto passivo e/o per terzi, effetti giuridici dannosi di qualsiasi natura, che deve consistere in un'apprezzabile attività di pressione morale e persuasione che si ponga, in relazione all'atto dispositivo compiuto, in rapporto di causa ad effetto. Infine, deve sussistere anche l'abuso dello stato di vulnerabilità del soggetto passivo, che si verifica quando l'agente, ben conscio della vulnerabilità del soggetto passivo, ne sfrutti la debolezza per raggiungere il fine di procurare a sé o ad altri un profitto.
In definitiva, come afferma anche la giurisprudenza civile della Cassazione (sentenza n. 3594/2024), deve ritenersi che ai fini dell'art. 643 c.p., sia sufficiente che l'autore dell'atto versi in una situazione soggettiva di fragilità psichica derivante dall'età, dall'insorgenza o dall'aggravamento di una patologia neurologica o psichiatrica anche connessa a tali fattori o dovuta ad anomale dinamiche relazionali che consenta all'altrui opera di suggestione ed induzione di deprivare il personale potere di autodeterminazione, di critica e di giudizio.
Si evidenzia, così, quanto già anticipato, ovverosia la maggior rigidità della norma civilistica, la quale richiede necessariamente che il soggetto versi in un’appurata e clinicamente confermata situazione di incapacità.










