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Attualità | 24 dicembre 2025, 09:45

La sparatoria di Tetto Chiappello a Robilante, memoria ferita di un Natale di guerra

Il 24 dicembre 1944 una cruenta battaglia segnò la vita degli abitanti della piccola borgata: quando la storia locale diventa monito universale contro l’indifferenza

La sparatoria di Tetto Chiappello a Robilante, memoria ferita di un Natale di guerra

Che sia Natale, Pasqua o giorno qualunque, la guerra non guarda in faccia nessuno. Non risparmia i deboli, non distingue tra colpevoli e innocenti, non conosce tregua nemmeno nei giorni che dovrebbero essere consacrati alla pace. 

In questo 2025 segnato da conflitti cruenti nel panorama internazionale, la quiete e l’opulenza che caratterizzano le nostre terre appaiono come un privilegio raro, un lusso che vaste aree del mondo non possono permettersi.

Eppure, presi dalla frenesia quotidiana, dalla corsa all’apparire e all’emergere, da una civiltà sempre più improntata al “tutto e subito”, abbiamo smarrito il senso profondo dei valori. Ci dimentichiamo della sofferenza altrui, la rimuoviamo, talvolta la respingiamo persino quando ci viene mostrata senza filtri. Un’amnesia collettiva  che stride con la memoria di un passato in cui il dolore era invece condiviso.

Un passato che, proprio alla vigilia di Natale del 1944, segnò tragicamente la storia di Robilante, in Valle Vermenagna. Nel tardo pomeriggio del 24 dicembre, nella borgata di Tetto Chiappello, un gruppo di partigiani ingaggiò uno scontro a fuoco con una pattuglia della polizia militare repubblichina. Era un territorio ad altissima tensione, strategico per il controllo della strada e della ferrovia verso la Francia, presidiato da forze nazifasciste e già insanguinato da recenti eccidi.

Solo pochi giorni prima, il 15 e il 19 dicembre, nella stessa borgata erano stati uccisi nove civili e partigiani. La Valle viveva da mesi una spirale di sabotaggi, come il ponte di Robilante fatto saltare nell’aprile del 1944, e di feroci rappresaglie. Tetto Chiappello era considerata un luogo “ostile”, sospettato di dare rifugio ai ribelli.

Dopo lo scontro della vigilia di Natale, il tenente fascista Slavi ordinò la cattura di cinque ostaggi civili, minacciando di radere al suolo la borgata e di procedere alla fucilazione pubblica il giorno di Natale se i responsabili non si fossero consegnati entro le ore 21. Un ricatto brutale, che trasformava una festa di speranza in un incubo di morte imminente.

Furono le indagini comunali a cambiare il corso degli eventi: emerse la partecipazione alla sparatoria di un militare della divisione “Littorio”, elemento che smentì la versione iniziale e spiazzò il comando fascista. La rappresaglia venne annullata e gli ostaggi furono liberati. Ma la paura, l’umiliazione e la consapevolezza di quanto sottile fosse il confine tra la vita e la morte restarono scolpite per sempre nella memoria degli abitanti di Tetto Chiappello.

Ecco perché, chiudere gli occhi oggi significa tradire ieri. Ricordare fatti come quelli della piccola borgata sulle alture di Robilante non è retorica né un rituale: è un dovere morale. In un mondo che sembra assuefatto alla violenza, la memoria è l’ultima sponda contro l’indifferenza. Perché la pace non è mai scontata, e ogni silenzio davanti alla sofferenza rischia di renderci, ancora una volta, complici.

Cesare Mandrile

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