Cosa direi al Marcello bambino che a sei anni scriveva poesie delicate e sognava di fare il giornalista? E al Marcello adolescente che a 13 anni scrisse il primo articolo per il Corriere delle Langhe e del Roero, 4.000 battute su un Roero-Usaf Favari conclusosi 0-0? Ma anche al Marcello che a 30 anni molla un lavoro sicuro in Ferrero per fare il giornalista a tempo pieno, per trasformare quella enorme passione in un lavoro e diventare professionista?
Gli direi quello che mi dico ogni giorno: di continuare a tenere duro, nonostante tutto. Nonostante questo sia, in Italia, uno dei periodi più difficili mai vissuti da questa categoria che in passato ha vissuto stagioni di attentati, di omicidi, di eroi, ma che mai, come ora aveva rischiato di scomparire.
Occorre serrare i ranghi, difendere non la categoria, ma un mestiere da cui passa la libertà e la crescita di un paese e da cui non si può prescindere. Il filtro del giornalista è o, meglio, dovrebbe essere, come un filtro che depura l’acqua e la rende fruibile e pura.
L’attacco alla redazione de “La Stampa” al grido di giornalista terrorista è il culmine di un 2025 che è l’anno nero di una carta stampata che continua a perdere lettori. Un’emorragia che fa sanguinare la libertà di informazione e che non fa sorridere i giornali online, seri e liberi come quello per cui sto scrivendo.
Quel giornalismo ritenuto di serie B che viaggia sul web ha saputo crescere, migliorare, affinarsi e oggi garantisce la professione a migliaia di giornalisti scappati dalla carta stampata dove un articolo viene pagato da 10 a 28 euro.
Come è possibile fare giornalismo di inchiesta o pretendere un giornalismo libero quando si pagano i servizi da 10 a 28 euro? È un cane che si morde la coda, è vero, ma la risposta non può essere nel leggere sempre meno o nel regalare l’informazione.
Il filtro dei giornalisti è fondamentale e lo sarà sempre di più e va retribuito adeguatamente.
Quello della morte della carta stampata non è un processo irreversibile, anzi, in Francia si legge più di 20 anni fa. France-Ouest, il sesto quotidiano d’Oltralpe tira 400 mila copie, il Corriere della Sera, il primo quotidiano italiano, ne stampa 200 mila al giorno.
Il livello altissimo dell’informazione francese sulla carta spinge verso l’alto tutto il giornalismo francese che vola anche online, dove è radicata l’idea che l’informazione di qualità si paga e non può essere pretesa dal lettore in modo gratuito.
La battaglia, forse, è già persa, ma la guerra non è perduta fin quando rimane anche solo un Mohicano a lottare perché il giornalismo non muoia in Italia e per fortuna i Mohicani sono ancora molti, non quanti dovrebbero essere, ma tengono duro.
Sono i giornalisti e gli editori che non hanno mai accettato di vendersi alla politica o al soldo facile. Sono quei giornalisti come il sottoscritto che hanno deciso di lottare senza lasciare la propria terra pur di non farsi dire cosa scrivere o di cosa parlare.
In quasi 30 anni di carriera dal Corriere delle Langhe e del Roero, passando per Tuttosport, Sprint e Sport, Gazzetta d’Alba, Radio Alba, per arrivare al Corriere della Sera Torino e a Targato Cn posso dire di non aver mai lasciato che qualcuno mi dicesse cosa dovevo scrivere o come dovevo scriverlo, sono sempre rimasto ad Alba senza prendere il volo verso altri lidi e altri stipendi, ma va bene così, sono fiero di quello che ho fatto e di come l’ho fatto.
Passa dagli ultimi Mohicani del giornalismo la libertà di questo paese e non certo da un Ordine dei giornalisti che ha risposto. Sì, ha risposto, ma sapete come? Aumentando la quota annuale di 10 euro.
Però l’amore è così, si alimenta di emozioni positive e, alla lunga, dimentica le brutture, le difficoltà, le notti insonni, i pianti, i sacrifici, le delusioni, il dolore nell’assistere a episodi come l’assalto a “La Stampa” o all’attentato al collega Sigfrido Ranucci.
Se mi trovassi di fronte quel bambino di 6 anni che sogna di fare il giornalista tutte queste cose non gliele direi. Gli racconterei delle 6.000 interviste che potrà realizzare, dei grazie, delle emozioni di chi leggendo un articolo ha sentito il bisogno di esprimere la propria gioia, dei sorrisi, ma anche del bene che si può fare dando voce a chi una voce di solito non ne ha.
Glielo racconterei con le lacrime agli occhi, quelle lacrime, belle, cariche di emozione che mi bagnano le pupille, in questo istante, pensando a questa professione ingrata, difficile, scostante, ma che continuo ad amare di un amore vero e incondizionato.





