Avrebbe atteso il colloquio con la psicologa del carcere Cerialdo prima di raccontare quelle violenze che, a suo dire, avrebbe subito per circa tre giorni da parte di quel compagno di cella che avrebbe dovuto aiutarlo, in quanto, non autosufficiente.
È questa la vicenda su cui la Procura della Repubblica di Cuneo sta indagando per ricostruire quanto denunciato in una cella della sezione "aperta” del Padiglione Gesso in cui ieri mattina, giovedì 27 novembre, il Nucleo Investigativo Regionale della Polizia Penitenziaria ha condotto accertamenti volti a fare chiarezza su quanto accaduto.
La violenza sessuale denunciata dal detenuto, un uomo residente in provincia e ristretto per reati contro il patrimonio, sarebbe avvenuta in una delle tre sezioni a custodia attenuata, dove la vigilanza viene garantita in modalità "dinamica": una sezione del carcere che promuove la socialità tra gli ospiti meritevoli dell’istituto.
Essere ristretti in una “sezione a custodia attenuata con vigilanza dinamica” significa non avere un presidio fisso con un agente di polizia penitenziaria, proprio perché i detenuti sono liberi di circolare, mangiare insieme nelle celle e socializzare. Solo all’orario di chiusura, previsto alle 19, gli ospiti ritornano nelle rispettive stanze.
Le telecamere sono apposte al di fuori delle celle: impossibile, dunque, controllare ciò che accade all’interno delle stanze quando i detenuti sono chiusi all'interno. E sarebbe proprio quello il luogo che si sarebbero consumate le violenze denunciate dall’uomo.
Dopo il colloquio con la psicologa la vittima, sotto shock, è stata subito collocata in isolamento.
Con lui, in un’altra stanza, anche il compagno di cella, che il 61enne accusa di essere “l’uomo africano” che “ha tentato di strangolarlo, l’ha stuprato e minacciato con un coltello”. Ai medici, la vittima ha anche riferito di essere stato costretto a rapporti orali.
Ma circa le eventuali responsabilità del detenuto è necessario ancora fare chiarezza, perché, come si apprende, potrebbe trattarsi di un altro soggetto, anche lui di origine africana, presente anche lui nella sezione aperta.
Lo scorso 20 novembre, dopo il colloquio con la psicologa, l’uomo è stato portato in ospedale a Cuneo, dove è stato visitato. Al triage gli è stato assegnato un codice arancione. Per la vittima, affetta da una patologia psichiatrica con manifestazione e discontrollo degli impulsi, che più volte avrebbe tentato porre in essere gesti anticonservativi, la diagnosi ha confermato la violenza sessuale, accertando la presenza di tracce di sanguinamento.
Contattato dal nostro giornale, il direttore della casa circondariale Domenico Minervini ha ritenuto di non rilasciare dichiarazioni alla luce del procedimento penale in corso.
Nel frattempo, il procuratore capo Onelio Dodero ha confermato in una nota che la Procura di Cuneo ha instaurato un procedimento penale per violenza sessuale, che gli inquirenti stanno procedendo con riguardo a "un unico episodio avvenuto in ora notturna e nella stanza condivisa dalla vittima e dall'indagato". La Procura ha anche confermato la circostanza che "le stanze di ritenzione sono chiuse durante la notte e (che), ovviamente, non sono dotate di telecamere di sorveglianza" e infine che "nella stanza in questione non sono stati rinvenuti né coltelli, né altri strumenti atti a offendere". "Le indagini sono in corso – conclude il procuratore –, anche avvalendosi di accertamenti scientifici".





