Bra - 27 novembre 2025, 09:55

Una storia d’amore più forte del dolore: da Bra la lettera che non vuole commuovere, ma aiutare

Il coraggio di Diego, la voce di Lorenza e la forza della prevenzione che può salvare una vita

Una storia d’amore più forte del dolore: da Bra la lettera che non vuole commuovere, ma aiutare

Ci sono storie che arrivano come un colpo allo stomaco, altre che si depositano piano, in silenzio. E poi ci sono storie che fanno entrambe le cose insieme, come è successo alla nostra lettrice Lorenza, che ha dovuto dire addio troppo presto alla sua dolce metà. 

Oggi quella storia torna, non per riaprire una ferita, perché quella ferita non si è mai chiusa, ma per diventare immagine, voce, memoria, lezione di vita. Ecco il suo racconto.

"Il 7 settembre 2025 la mia vita è cambiata per sempre. Mio marito Diego ha smesso di soffrire dopo 3 anni di lotta contro il cancro. La sua è stata una battaglia lunga, affrontata con coraggio, dignità e una forza immensa. Raccontare la sua storia, la nostra storia finita troppo presto, non è facile, ma credo sia importante farlo, affinché possa diventare un messaggio di consapevolezza e speranza per molte altre persone. 

Credo nel destino e nell’amore che vince su tutto e la nostra storia ne è una conferma. 

Io e Diego ci siamo conosciuti 9 anni fa, ma è come se ci fossimo conosciuti da sempre. Era una persona di altri tempi, educato, posato, attento, dolce e mi ha amata e coccolata in un modo speciale. Da lì a poco più di un anno il nostro desiderio di famiglia si è avverato, portandoci una gioia immensa. 

Il matrimonio, la nascita di Simo e i suoi primi anni li ricordo come i momenti più felici e spensierati della nostra storia, siamo cresciuti con lui, abbiamo costruito la nostra casetta come volevamo, e finalmente sembrava arrivato il momento di iniziare a goderci con calma e tranquillità la nostra adorata famiglia. 

Poi è arrivato il desiderio di un secondo figlio, e quando abbiamo scoperto che sarebbe stata una femmina siamo esplosi di gioia. Purtroppo, però quella gioia sarebbe durata poco, perché quel maledetto 3 aprile 2022 è arrivata la diagnosi di tumore a 10 giorni dal parto di Annalisa. 

Ma fin da subito, dopo ovviamente lo sconforto iniziale, abbiamo intrapreso questa strada diversa che la vita ci aveva messo davanti, l’abbiamo affrontata a testa alta, superando le aspettative di tutti, lui fisicamente e io psicologicamente, standogli accanto. I nostri figli sono stati la medicina più grande. 

Sono stati 3 anni di terapie, interventi, esami e visite in diversi ospedali. Le abbiamo provate tutte e, nonostante le difficoltà, siamo riusciti ad andare avanti e goderci ogni momento. L’ultimo a marzo di quest’anno, una settimana di crociera, che era un nostro desiderio da tempo. Poco dopo il rientro è iniziato un periodo che nessuno si aspettava, un ultimo intervento che sembrava fosse risolutivo e invece da lì tutto è cambiato e le cose sono peggiorate drasticamente. 

La rabbia c’è ancora ogni tanto, ma non abbiamo rimpianti, perché abbiamo fatto tutto ciò che potevamo, ci siamo goduti tanti bei momenti e supportati sempre l’un l’altra. 

Racconto questo pezzo della nostra vita per onorare mio marito e per ricordare a tutti quanto la prevenzione e il supporto siano fondamentali. Uno degli insegnamenti più dolorosi di questo percorso è che il cancro non è una malattia “da adulti maturi”, come spesso si pensa. Colpisce anche i giovani, spesso senza dare sintomi chiari nelle fasi iniziali. 

Per questo la prevenzione è fondamentale: ascoltare il proprio corpo, anche se sembra “niente di grave”; non rimandare controlli o visite, anche se si è impegnati o si ha timore; parlarne apertamente, senza vergogna, perché normalizzare i controlli salva vite. Durante i tre anni di malattia, ciò che ha fatto davvero la differenza (oltre alle cure mediche) è stato il supporto umano. 

La malattia ti cambia, fisicamente e psicologicamente. Anche quando stai “bene” non riesci più a vivere spensierato come prima, ma impari a vivere alla giornata, a godere delle piccole cose. Non rimandate un abbraccio, un saluto, una chiamata, un caffè, la parola “scusa” dopo un litigio. Il tempo se si vuole lo si trova, ma bisogna approfittare degli attimi che la vita ci regala, altrimenti poi è troppo tardi.

In questi momenti ti rendi conto quanto anche un minuto in più sia importante. Tante volte si pensa di disturbare, di non sapere cosa dire, ed è tutto comprensibile, ma la presenza, la vicinanza e la normalità è ciò di cui si ha più bisogno. A chi sta lottando oggi, o accompagna qualcuno nella lotta, vorrei dire: “non siete soli”. 

Chiedere aiuto non è un segno di debolezza, ma di coraggio. Cercate sostegno, parlate, condividete. E non smettete mai di credere nella forza delle piccole cose, perché possono cambiare una giornata difficile. Non ho mai smesso di sperare nel miracolo, ma ora mi rendo conto che il miracolo sono stati questi 3 anni in cui abbiamo potuto vivere ancora tante cose belle, le più vere e importanti della nostra breve, ma intensa storia. 

Ringrazio di cuore le nostre famiglie, gli amici, i nostri datori di lavoro per la presenza, il supporto e la comprensione costante; il dottor Attilio Piselli, nostro medico di base che ci ha sostenuti fino alla fine in un modo unico e delicato, facendo il possibile per far stare al meglio Diego; i dottori Veronica Prati, Marco Vaira e Maura Sanino che non hanno smesso di lottare con noi fino alla fine, facendo di tutto per compiere quel miracolo in cui speravamo tutti; e infine gli infermieri del reparto oncologico di Verduno e dell’A.d.I di Bra, degli angeli terrestri che accompagnano le persone in questo percorso difficile. 

La vita sa mettere a dura prova, ma la vita toglie e dà… e bisogna sempre cercare di cogliere il lato positivo delle piccole cose. 

Grazie Diego per la bella persona che sei stata, un gigante buono che temi a prima vista, ma che non puoi non amare, perché ha sempre solo fatto del bene a chiunque lo abbia incontrato nella sua vita. Per sempre tua, Lorenza".

La morale di questa storia è prevenzione e sostegno, perché una persona che muore non può tornare. Ma noi possiamo andare avanti, con lei, per lei.

Silvia Gullino

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