Schegge di Luce - 02 novembre 2025, 08:18

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi del cardinale Roberto Repole

Commento al Vangelo del 2 novembre 2025, commemorazione di tutti i fedeli defunti

Il Cimitero monumentale di Torino (foto di Mihai Bursuc)

Il Cimitero monumentale di Torino (foto di Mihai Bursuc)

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (Gv 6,37-40).

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Oggi, 2 novembre 2025, la Chiesa fa commemorazione di tutti i fedeli defunti (Anno C, colore liturgico viola).

A commentare il Vangelo della Santa Messa è il cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

Quando ci viene a mancare una persona cara, un'amica, un amico, un papà, una mamma, un fratello, un familiare, una persona intima, qualcuno con cui abbiamo stretto dei legami veri e autentici… noi abbiamo la sensazione immediata, che si prolunga poi nel tempo, della perdita. Anche nel cordoglio, che in genere ci esprimiamo, facciamo le condoglianze “per la perdita” di una persona. È la perdita di una presenza fisica, ma è la perdita anche di tutta una storia, che ci ha legati a quella persona, una storia che abbiamo vissuto insieme e che ci pare svanisca. È la perdita di una fonte di amore e di affetto. Molto più di quello che in genere riflettiamo, noi siamo il frutto dell'amore che riceviamo. E quando una persona cara viene meno, in qualche modo percepiamo la perdita di una risorsa di amore che ci rende quello che siamo. Per certi aspetti, abbiamo anche la sensazione della perdita del futuro, sentiamo che da lì in poi la nostra vita non sarà più la stessa.

Ed è molto illuminante, allora, questa parola del Vangelo, che appare davvero come un “vangelo”, come una buona notizia. Gesù dice: io sono venuto «non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di Colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto Egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno». Noi sentiamo il sentimento della perdita, ma nella fede “sappiamo” che nulla di ciò che è stato voluto da Dio, nessuno di coloro che sono stati creati da Dio sarà perduto. Perché se c'è una volontà, un'unica volontà che Dio ha e che ha manifestato in Gesù soprattutto nella sua morte e nella sua risurrezione dai morti, è che nulla vada perduto.

E, allora, davanti a noi si aprono due strade, inesorabilmente. La strada che ci fa attraversare la vita in assenza di Dio, ed è una strada in cui imbocchiamo il sentiero del nulla, il sentiero della perdita inesorabile. Oppure la strada di collocarci nel posto in cui è collocato Cristo, il risorto. E allora percepire che, nonostante i nostri sentimenti che rimangono e non ci vengono tolti, tuttavia la verità della nostra vita è un'altra: non siamo destinati al nulla, ma siamo destinati tutti ad essere raccolti dall'amore tenero e benevolo di Dio. E quanto più siamo in Cristo, quanto più sediamo e abitiamo il posto di Cristo, tanto più possiamo percepire che i nostri sentimenti possono trovare pace. Niente di quello che abbiamo vissuto è perso; non ci è tolto nulla del passato, del presente, del futuro; nessuna fonte di amore viene meno, perché i nostri morti sono vivi in Cristo e noi stessi siamo vivi nella misura in cui siamo in Cristo.

Ed è estremamente interessante che Gesù dica queste parole nel Vangelo di Giovanni, quando fa il discorso sul «pane della vita», che allude all'Eucaristia. Quando noi celebriamo l'Eucaristia, non siamo mai soltanto noi, ma siamo noi nella grandissima, infinita comunione dei Santi, che include anche tutte le persone defunte, che vivono con noi dall'altra parte della morte.

Silvia Gullino

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