Mentre scrivo questo Farinél il campanile scandisce otto rintocchi, mancano più di sei ore al via della grande sfilata storica dei 1.200 figuranti albesi, ma già da ore fervono i preparativi. Si lucidano gli stivali, si spazzola il mantello, si aiuta a vestire o a truccare il compagno di borgo, tutti con quella meravigliosa sensazione che è possibile provare 24 ore all’anno, quella in cui poter dire: “Oggi è il giorno del Palio”.
È il giorno segnato in rosso sul calendario da un anno, quello in cui se vesti i colori Rosso, argento e nero del borgo Santa Rosalia sarai chiamato a difendere la vittoria del 2024, se indossi gli smalti di qualsiasi altro borgo, invece, starai sperando di vedere il drappo del palio disegnato da Enzo Mastrangelo nella tua sede, da questa sera.
Un drappo dal titolo “Oro d’Alba” nato dal passaggio del tratto dell’artista sulla lapide bronzea collocata nell’atrio del Palazzo comunale. Il rilievo riporta la motivazione con cui è stata conferita ad Alba la Medaglia d’oro al Valor Militare nel 1949. Il pennello di Mastrangelo ha portato alla luce, sulla tela rossa, parole chiave come “Alba”, “Valor”, “Epopea”, “Popolo”.
Parole legate alla Resistenza che ogni albese ha e deve avere nel cuore, specie in un periodo come l’attuale in cui le immagini di guerra e distruzione sono di quotidiana attualità.
Mastrangelo ha anche realizzato una seconda linea, intitolata “Alba Signora”, sulla corona indossata dalla Signora di Alba, altra figura del folclore cittadino, che verrà assegnata al borgo vincitore del Premio sfilata. Pe entrambi il colore rosso con il segno bianco rimanda ai colori della città.
Vincere il Palio o la sfilata fa tutta la differenza del mondo quando si è un borghigiano, significa camminare per i 365 giorni successivi con il petto in fuori per essere stato il più bravo permettendosi qualche sfottò agli amici che indossano altri smalti.
Mentre sto scrivendo sono sicuro che in piazza Cagnasso sia già tutto pronto per accogliere sfilata e corsa dei ciuchini grazie all’inestimabile lavoro di Romano Cugnasco, di Felice Dezzani, del presidente della giostra Luca Sensibile, dell’affiatata squadra dell’Ente Fiera, guidato da Axel Iberti e Stefano Mosca e dai tanti volontari impegnati per tutta la notte per allestire al meglio il campo del Palio.
In ogni caso oggi a vincere sarà la città di Alba grazie ai colori e all’impegno dei borghigiani che rendono unica la nostra piccola, ma grande realtà-
Per il sottoscritto poter vantare di essere lo speaker ufficiale del Palio degli Asini è una delle coccarde più belle e importanti da mettere sulla giacca.
Tutto sarà affidato al fato con il sorteggio integrale degli asini e quindi con una totale imprevedibilità che ha caratterizzato fin dall’inizio il palio dei ciuchini, notoriamente anarchici e poco avvezzi agli sproni dei fantini.
La leggenda vuole che tutto parta dal 1275 quando le città di Alba e Asti, da sempre acerrime nemiche, erano in guerra. Il 10 agosto di quell’anno una parte delle truppe Astesi misero a ferro e fuoco il Monastero di San Frontiniano situato a sud della città rivale.
A manifestazione della loro momentanea supremazia, gli astesi corsero un palio lungo le mura di Alba. L’episodio venne riportato anche dal cronista dell’epoca Guglielmo Ventura: una menzione documentale che costituisce la prima traccia storica del Palio di Asti.
La leggenda narra che, per farsi beffe del nemico riuscito semplicemente a sconfiggere una piccola comunità di frati senza scalfire minimamente l’integrità della città, il nuovo Podestà di Alba ordinò di correre un palio cittadino con gli asini.
Da quell’episodio storico nel 1932 il geniale Pinot Gallizio reinventò il palio moderno come evento popolare di svago e di divertimento cittadino e come campo di corsa fu scelta piazza S. Giovanni, detta anche “Piassa dij Brichèt e di Cochèt” (trad Piazza dei Bricchi e dei Bachi da seta). La città fu divisa inizialmente in 6 borghi: San Giovanni Postiglioni o della Stazione, Sagrinte nen (trad. non disperarti), Bonomo (trad. Buonuomo), San Lorenzo e Catena. Ogni borgo aveva un borgomastro che rappresentava tutti i borghigiani e, tutti insieme, partecipavano alla preparazione dell’evento. Tale evento non aveva solide radici storiche ma nacque con lo scopo di divertire, per emulare in modo goliardico il palio della storica città rivale di Alba: la città di Asti. A tal scopo fu così confezionato il primo palio: un drappo con su dipinta la testa di un asino e l’anno 1932. Il borgo vincitore della corsa deteneva il palio fino all’anno successivo, quando, alla vigilia dell’evento successivo, lo doveva restituire in modo tale da poterlo assegnare al nuovo vincitore.
Nel 1951 Osvaldo Cagnasso fece rinascere il palio, sotto il nome di “Giostra delle Cento Torri”. La città fu nuovamente divisa in quattro rioni: San Lorenzo, San Giovanni, San Damiano e Moretta, ma poterono partecipare anche i comuni di Canale, Guarene, Neviglie, Priocca, Barbaresco e Vezza.
Nel 1967, durante una riunione del comitato fiera si ebbe l’idea di ripristinare il palio degli asini durante la Fiera del Tartufo, aggiungendo una grandiosa rievocazione storica in costume del comune medioevale: “La Giostra delle Cento Torri”. L’entusiasmo dei promotori contagiò la città e ovunque vi fosse un bar nacque un borgo e assieme il suo comitato: al Calissano, storico bar del centro, nacque il Borgo San Lorenzo, al Rossetti il Borgo dei Sagrin, al Vecchio Elefante (non più esistente) il Borgo dei Brichèt, al Saionara (non più esistente) il Borgo delle Rane, al bar Principe il Borgo di Santa Barbara, al bar Piave (non più esistente) il Borgo del Fumo, al Croce Bianca (attualmente Hotel Medea) il Borgo dij Bijin (dalla frazione Piana Biglini) e al bar del Rondò il Borgo dei Passatempi. Altri borghi nacquero invece in abitazioni private come il Borgo dei Patin e Tesor, Borgo della Moretta, Borgo del Gallo, o San Frontiniano, e il Borgo Piassa d’Arme. Alla giostra presero parte dodici borghi andando a segnare così il periodo di maggior partecipazione all’evento. Il campo venne allestito in Piazza Duomo e Piazza Rossetti con data scelta nel primo ottobre, giornata inaugurale della Fiera del Tartufo. I premi che si stabilirono furono il Palio al vincitore, un paio di speroni dorati al secondo, un gallo di razza al terzo, una corona di quercia al quarto, un’insalata per il quinto e un’acciuga per il sesto.
Nel corso degli anni il Palio è cambiato perdendo borghi e vedendone nascere di altri, è cambiato il sito del campo (Piazza Cagnasso prima, poi Piazza A. Sarti, poi di nuovo piazza Cagnasso, piazza Medford, piazza del Duomo e ancora piazza Cagnasso, ma è rimasto inalterato lo spirito che caratterizza i borghi albesi e i milleduecento volontari che ogni anno sfilano nelle vie cittadine con il sogno di vincere il drappo del Palio.
Ciò che non è cambiato è la passione che anima i borghigiani, la loro voglia di lasciare un segno, un bel segno coi loro smalti.
E allora bando alle ciance e tutti in strada e in piazza, oggi è il giorno del Palio degli asini, il giorno più bello per Alba e per gli albesi e allora buon Palio a tutti.





