Attualità - 09 luglio 2025, 19:44

Celo, il produttore albese che firma le hit italiane: "Scrivo per Alfa e Rkomi, ma è al Govone che ho imparato a cavarmela"

Dai primi Dj set nei locali di Alba alla Sae di Milano, fino alle collaborazioni con Alfa, Ernia, Rkomi, Amoroso e Nigiotti: il viaggio musicale di Pietro Celona, tra elettronica, pop e radici langarole

Pietro Celona, cresciuto tra Alba e Neive: la sua carriera da producer ora si snoda a Milano

Pietro Celona, cresciuto tra Alba e Neive: la sua carriera da producer ora si snoda a Milano

Le sue mani non compaiono nei videoclip, ma si sentono ovunque: nei battiti nascosti che fanno esplodere un ritornello, nel ritmo di una strofa cucita su misura. Pietro Celona, in arte Celo, è uno dei produttori più originali e ricercati della nuova scena musicale italiana. Classe 1997, radici ad Alba e Neive, un passato da dj tra compleanni e club locali, ha scelto la via della musica come mestiere e, con pazienza e determinazione, ha trasformato il gioco in lavoro, e l’intuizione in mestiere. Oggi collabora con artisti del calibro di Alfa, Rkomi, Alessandra Amoroso, Ernia, Enrico Nigiotti. Ma torna spesso in Langa. Perché – come racconta lui stesso – "le canzoni migliori nascono dove ci si sente al sicuro".

Partiamo da Alba: che peso ha avuto il tuo territorio nella formazione musicale?

“Ho iniziato proprio nell’albese, facendo il DJ ai diciottesimi, poi all’XL. Era un ambiente che mi permetteva di sperimentare. Ho suonato anche in duo con Matteo Bordino, un ragazzo di Alba, nel mondo della dance più internazionale. È da lì che è partita la voglia di continuare, e quindi mi sono trasferito prima a Torino, poi a Milano. Però le prime esperienze sono tutte lì. Ed è sempre un piacere tornarci.”

Hai frequentato il liceo classico Govone. Ti ha lasciato qualcosa?
“Moltissimo. Non ero uno studente modello – ero uno di quelli che magari preferiva la musica allo studio – però sicuramente mi ha dato un bagaglio culturale importante. Il Govone ti insegna a parlare, a esprimerti, a costruire un pensiero. E questa cosa, anche se inconsapevolmente, si riflette anche nei testi delle canzoni. Filosofia, greco, latino  hanno avuto un peso, anche se oggi faccio un mestiere molto pratico. Ero considerato un 'pelandrone', ma questa etichetta mi ha insegnato a cavarmela.”

Quando hai capito che la musica poteva diventare il tuo lavoro?
“Diciamo che è un lavoro sempre molto fluttuante e quindi nel momento in cui le cose vanno benissimo, nel momento in cui bisogna remare, bisogna rimare molto forte. Quindi sicuramente la cosa che mi ha aiutato di più nel corso del tempo è stata la perseveranza, perché poi anche quando le cose non andavano come dovevano andare, mi sentivo comunque che, perlomeno attraverso la musica, potevo comunicare qualcosa. E in generale che le scelte che stavo facendo erano scelte giuste, bastava soltanto avere un minimo di esposizione iniziale.  Ho studiato a Milano alla SAE, per diventare ingegnere del suono. All’inizio era una scommessa. Poi, pian piano, i progetti hanno iniziato a funzionare. La prima vera svolta è stata proprio 'Bella fregatura' con Ernia nel 2022. Da lì si sono aperte delle porte”.

Il rapporto con Alfa quanto è stato determinante?
“Decisivo. Ci siamo conosciuti nel 2024, poco prima di Sanremo. All’inizio era solo una conoscenza professionale, poi è nata un’amicizia vera. Questa energia personale si riflette anche nel lavoro: quando c’è fiducia e sintonia, le canzoni nascono meglio. Insieme abbiamo fatto 'Il filo rosso', Vabbè ciao', 'Il mio colore preferito'.

Ma CELO non lavora solo con Alfa…
“Ho scritto e prodotto tre brani nell’ultimo album di Rkomi. Ho fatto 'Cose stupide' con Alessandra Amoroso. Sto collaborando sempre di più anche con Enrico Nigiotti – è uscito un primo pezzo e ne stanno arrivando altri. Inoltre ho fatto sessioni con artisti più sperimentali, tra cui Dargen D’Amico, con cui ho scritto proprio nelle Langhe.”

Come descriveresti oggi il tuo ruolo nel mondo musicale?
“Sono un produttore, ma con una funzione ibrida. Non faccio solo la base strumentale: mi occupo anche dell’arrangiamento, della scrittura, della regia del brano. Molto spesso una canzone nasce con me, in studio. Poi sono anche quello che mette in ordine tutto il lavoro, che coordina chi ha collaborato e manda fuori il prodotto finito.”

Un ruolo creativo ma anche molto organizzato, quindi.
“Sì, ed è la parte che mi pesa di più, perché io sono uno creativo. Però per stare a certi livelli devi essere anche concreto. Per esempio, ad agosto io sono a Milano a lavorare, non in vacanza. Bisogna stare sul pezzo sempre”.

Ti immagini un giorno in prima linea, con un progetto a tuo nome?
“Ci ho pensato spesso. In passato sentivo il bisogno di esprimermi con il mio nome. Ora invece credo di essere più bravo come figura di supporto. Mi piace valorizzare la creatività altrui. E anche se la figura del produttore oggi è più esposta, io non cerco la fama. Anzi, ho visto da vicino cosa comporta e ho capito che non fa per me. Però mai dire mai. Se un’idea forte mi rappresenterà, forse cambierò idea”.

E il legame con le Langhe? 
“Torno appena posso. Sono molto legato alle Langhe: ci sono i miei amici, la mia famiglia a Neive, e ci ho scritto anche tante canzoni. 'Come il sole' e 'Bella fregatura' sono nate lì. Ho fatto sessioni con artisti venuti apposta per scrivere in quel contesto. È uno spazio creativo e protettivo. Ora lavoro a Milano, ma sto pensando a un modo per tornare. Un posto mio in Langa, dove rifugiarmi e magari, un giorno, portare lì la musica.”

Daniele Vaira

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