Cronaca - 10 maggio 2024, 07:02

Processo Tenda-Bis, guerra d'interpretazione giuridica: può essere rubato qualcosa che si detiene?

Un'opera che non trova pace, né nelle aule di giustizia né in cantiere. La Corte d'Appello, prosciogliendo tutti gli imputati, ha demolito l'impianto accusatorio di primo grado

Processo Tenda-Bis, guerra d'interpretazione giuridica: può essere rubato qualcosa che si detiene?

“Siamo soddisfatti dell’esito processuale, Finalmente siamo riusciti a dimostrare l’estraneità ai fatti dei nostri clienti”. È questo il commento del pool dei legali (Paolo Verra, Cinzia Mureddu, Andrea De Carlo, Angela Rocca e Eugenio Naccarato) all’indomani della clamorosa sentenza della Corte d’Appello di Torino che ha prosciolto tutti e cinque gli imputati accusati di furti di materiale sul cantiere del Tenda-Bis.

Una sentenza che oltre ad aver messo in dubbio la qualificazione giuridica dei fatti, stabilendo che la sparizione delle centine, che tra l'altro sarebbero state inutili ai fini della costruzione del cantiere perché smaltite, fosse un’appropriazione indebita e non un furto, ha completamente sgretolato l’impianto accusatorio di un’inchiesta durata più di sette anni. Ma il diritto non è una scienza esatta, come lo è la matematica, ma interpretazione e su questo, nulla questio.

Ma andiamo con ordine.

Tutto iniziò nel maggio del 2017, con il sequestro del cantiere di Limonetto. La Guardia di Finanza di Cuneo, ricevute alcune segnalazioni che riguardavano una presunta rivendita di gasolio e materiali da costruzione da parte di alcuni addetti della ditta appaltatrice per il raddoppio della galleria Tenda, iniziò una corposa indagine investigativa.

Attraverso intercettazioni, pedinamenti e perquisizioni, si apprese che le centine inutilizzate sarebbero state rivendute dopo essere scaricate sul cantiere di Limone Piemonte. Sugli atti di indagini, stando ai soli carichi tracciati dalla Gdf, si sarebbe trattato di una rivendita, dunque un ammanco, di circa 212 tonnellate di materiali ferrosi con un guadagno di circa 23mila euro.

Il periodo preso in considerazione andava dal gennaio 2014 al maggio 2017. Si ritenne però che il guadagno potesse essere superiore al 100mila euro, in quanto la rivendita sarebbe stata effettuata tutta in nero per 850 euro a tonnellata. Gli ammanchi, secondo la tesi difensiva, sarebbero stati solo degli scarti di lavorazione.

Da qui la presa di posizione della Procura di Cuneo, rappresentata dal procuratore capo Onelio Dodero che aveva chiesto la condanna di tutti e cinque gli imputati per furto e la differente interpretazione della Corte d’Appello dei fatti interpellata dalle difese degli imputati in sede di impugnazione.

Può essere rubato qualcosa che è nella propria disponibilità? Per il magistrato cuneese sì.

Quel materiale, che comprendeva non solo centine, ma anche ferro in disuso destinato allo smaltimento, venne rubato e rivenduto dai dipendenti della Grandi Lavori Fincosit.

Per il tribunale di secondo grado, invece, no: quei materiali ferrosi, essendo già nella disponibilità della ditta non potevano essere rubati, al massimo “indebitamente presi”. Da qui la diversa pronuncia e il clamoroso goal per le difese: l’appropriazione indebita è procedibile solo con querela di parte, e qui è mancata. 

Quanto alla detenzione illegale di esplosivi e allo smaltimento dello “smarino” la prescrizione ha corso più veloce della macchina della giustizia. Giusto? Sbagliato? I reati sono estinti.

Insomma, la tesi torinese è che in realtà quei "furti" contestati dalla procura di Cuneo altro non fossero che smaltimento di materiali non più utilizzabili in cantiere.

La Corte di Cassazione avvallerà questa interpretazione?

 

CharB.

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