Farinél - 07 gennaio 2024, 18:56

Farinèl - Che il 2024 sia l’anno di Pinot Gallizio, uno dei più grandi albesi di sempre

Il 13 febbraio 1964 moriva di infarto Pinot Gallizio, artista per nulla maledetto che seppe rivoluzionare il modo di intendere l’arte partendo dal ruolo del farmacista. Poi fu produttore di caramelle, archeologo, erborista, partigiano, consigliere comunale, democristiano, comunista, attivista e, solo infine, pittore

Pinot Gallizio - Foto Aldo Agnelli

Pinot Gallizio - Foto Aldo Agnelli

Tra poco più di un mese ricorrerà l’anniversario dalla morte di Pinot Gallizio, personaggio eclettico e difficilmente inquadrabile, che ha legato la propria vita alla città di Alba con un impegno costante e dedizione non comune. A lui sono intitolati, cosa più unica che rara, il campo nomadi e il liceo artistico della città, e già questo fa capire molto di un personaggio che non è possibile inquadrare.

Pinot Gallizio merita di essere celebrato nel migliore dei modi a partire dall’amministrazione in carica e da quella entrante a metà 2024, perché è un personaggio che unisce e dietro il quale è possibile riconoscere il meglio di un’albesità fatta di attenzione per il prossimo e ricerca della bellezza.

Per trovare una biografia approfondita su quello che verrà soprannominato “il re degli zingari” è sufficiente consultare il sito del Centro Studi “Beppe Fenoglio” che conserva lo Spazio Gallizio e tutela la memoria di un artista che ha scritto pagine importanti della vita cittadina albese.

Importante è proprio partire dalla biografia dell’artista per ricostruire i passaggi chiave della sua vita e le tappe che ne hanno contraddistinto l’esistenza.

Giuseppe, detto Pinot, era nato ad Alba il 12 febbraio del 1902 da Innocente Gallizio e Teresa Chiarlone in una famiglia dignitosa che era riuscita a garantirgli l’accesso agli studi presso il Collegio San Giuseppe di Torino, che frequenta dall'età di 10 anni e presso il quale consegue un diploma tecnico, iscrivendosi successivamente alla Facoltà di Chimica e Farmacia di Torino, dove si laurea nel novembre del 1924.

Dopo il servizio militare inizia a lavorare come farmacista in via Garibaldi a Torino, dove conoscerà Augusta Rivabella, che sposerà nel 1933, trasferendosi ad Alba ed aprendo la farmacia Gallizio in via Cavour. Due anni dopo, nel 1935 nasce il figlio Giorgio.

La farmacia non gli basta e Gallizio si appassiona di cultura, di storia cittadina, di tradizioni dedicandosi in particolare all'archeologia e seguendo le iniziative del Circolo Sociale dell'Unione Sportiva Albese.

Tra le sue intuizioni quella del Palio degli Asini partendo da un episodio storico del Duecento con una manifestazione in pieno stile di Pinot: colorata e goliardica.
Richiamato alle armi, dopo l’8 Settembre entra a far parte delle formazioni partigiane della Divisione Alpi, partecipando alla Lotta di Liberazione, col nome di battaglia Gin, diventando membro del CLN Langhe, designato dalla Democrazia Cristiana.
Anche in questo caso si distinguerà con alcune canzoni, Fiore di Langa e All'erta partigian, musicate dal professor Raimondo.

Al termine della Seconda Guerra mondiale viene eletto consigliere comunale nella lista della Dc e in seguito aderisce al Partito Comunista; rieletto consigliere nel 1951 per la lista PCI-PSI, viene riconfermato nel 1956 e resterà in carica sino al 1960 per la fine del mandato.

Gallizio fa proprie le battaglie a favore delle popolazioni più discriminate con una mostra che Pinot esponeva sulla vetrina della farmacia, intitolata “L’uomo è sempre l’uomo. É iniziata la grande battaglia per la sosta degli zingari” e in cui si ipotizza per lui la possibilità di diventare “il gran capo di più di 1.200.000 zingari”. In mostra anche una foto famosa che lo ritrae con due enormi orecchini da zingara indossati orgogliosamente e che gli guadagnarono l’appellativo tra gli albesi perplessi di "re degli zingari".

Pur continuando la sua attività di farmacista, assume anche la cattedra di Aromateria presso la Scuola Enologica di Alba e sarà professore di tanti di quegli enotecnici che rivoluzioneranno il mondo del vino di Langhe e Roero proiettando Barolo e Barbaresco nell’olimpo mondiale dell’enologia.

All’arte Gallizio arriva solamente nel 1952, a 50 anni compiuti, dopo l’incontro con Piero Simondo, giovane pittore e ceramista, allora studente alla Facoltà di Filosofia dell'Università di Torino.

Dall’anno successivo inizia la produzione di Gallizio con i primi vasi in terracotta. Nel 1954 conosce Asger Jorn che per il Movimento internazionale per una Bauhaus immaginista organizza gli incontri internazionali della ceramica a cui prendono parte Fontana, D'Angelo, Scanavino, Appel, Corneille, Matta e altri.

Nel 1955 produce i primi monotipi e il 29 settembre fonda, con Jorn e Simondo, il Primo laboratorio di esperienze immaginiste del movimento internazionale per una Bauhaus immaginista. Al gruppo si unisce Enrico Baj e il nome di Gallizio inizia a essere conosciuto in tutta Europa. 

Dal 2 all'8 settembre 1956 Alba diventa il centro dell’arte europea con il 1° Congresso Mondiale degli Artisti Liberi sul tema “Le arti libere e le attività industriali”, che ha in Pinot Gallizio l'organizzatore e l'animatore. Nel dicembre dello stesso anno la Manifestazione si sposta a Torino all'Unione culturale, con la partecipazione di Guy Debord.

Gallizio diventa a tutti gli effetti pittore, al centro di mostre e convegni in tutto il vecchio continente. L’attività di Gallizio diventa frenetica, le mostre si susseguono in Italia ed in tutta Europa e la sua produzione suscita vivaci discussioni, ma anche apprezzamenti e consensi da gallerie d'arte e collezionisti.

La sua viene definita pittura industriale e il solco è ormai tracciato verso l’Olimpo dell’arte. Una crescita che viene interrotta solo dal fato perché Pinot muore improvvisamente nella sua Alba il 13 febbraio 1964.

Nello stesso anno la XXXII Biennale Internazionale d'Arte di Venezia gli dedica una sala personale, già concordata prima della morte, con un catalogo presentato da Maurizio Calvesi e sono esposte le seguenti opere: Jus primae noctis (1956), La maschera ed il volto (1956), La cicogna(1957), Il teatrino dello zingaro(1957), Flamenco (1957), Alti pascoli (1957), La lanterna spenta(1961), Una cosa da nulla: il crollo dei miti(1963), dalla serie Le fabbriche del vento (1963), Coperta funebre(1963), dalla serie Oggetti e spazio per un mondo peggiore (1963), Tarocco moderno (1963).

Sono state numerose le mostre per ricordare il grande artista albese, ma è dal 2000 che non si registrano esposizioni dedicate a Gallizio nella sua città. Un vuoto che merita di essere colmato per un personaggio che ha saputo rappresentare gli aspetti migliori dell’albesità e che si spera possa unire tutti gli albesi nella ricorrenza dei 60 anni dalla morte di un personaggio mai troppo celebrato.

Marcello Pasquero

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