Schegge di Luce - 01 novembre 2023, 09:05

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi di monsignor Andrea Bruno Mazzocato

L’arcivescovo di Udine commenta per noi il Vangelo del 1° novembre, solennità di Ognissanti

In foto monsignor Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo metropolita di Udine

In foto monsignor Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo metropolita di Udine

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5,1-12).

 

Oggi, 1° novembre, la Chiesa celebra la solennità di Ognissanti (Anno A, colore liturgico bianco). A commentare il Vangelo della Santa Messa è monsignor Andrea Bruno Mazzocato, arcivescovo metropolita di Udine.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella sua riflessione per “Schegge di Luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole per accendere le ragioni della speranza che è in noi.


Eccolo, il commento.


Il 1° e il 2 novembre la Chiesa cattolica ricorda tutti i suoi morti: oggi nelle chiese celebriamo la festa solenne di Tutti i Santi mentre, già nel pomeriggio e domani, commemoriamo i defunti con visite e preghiere particolari nei cimiteri.

Sono due giorni che invitano a rinnovare la speranza che è come l’ossigeno che dà forza e dà un senso alla nostra vita che scorre, giorno dopo giorno. Essa è come un cammino che non si può fermare e lungo il quale, di tanto in tanto, perdiamo qualche caro compagno di viaggio, perché è stato assorbito dal misterioso silenzio della morte.

Con la festa di Tutti i Santi e la commemorazione dei defunti la Chiesa mette davanti ai nostri occhi dei testimoni di speranza a cui guardare: sono i santi e i nostri cari defunti.

I santi sono quei cristiani che, dopo attente verifiche, sono stati riconosciuti come battezzati che hanno vissuto sostenuti da una grande fede e dalla speranza che vivere per amore, a volte eroico, non significa sprecare l’esistenza, ma realizzarla per l’eternità.


Ci sono i santi che troviamo nel calendario, ma ci sono anche i santi che abbiamo avuto più vicino a noi; quelli che papa Francesco, con felice espressione, ha definito «i santi della porta accanto». Se ci fermiamo un momento a ricordare i compagni di viaggio che abbiamo avuto nella vita, quasi certamente riconosciamo che ci è stato vicino qualche piccolo santo che aveva una fede salda, che si è consumato nel dono quotidiano di sé e che era sempre sereno, nonostante le fatiche e le prove della vita. Forse qualcuno di questi santi o sante li abbiamo avuti anche in famiglia, tra i parenti stretti o tra gli amici più cari. Essi ci hanno fatto respirare speranza vera, perché hanno vissuto convinti che la loro esistenza non si riduceva ai pochi o tanti anni su questo mondo, ma aveva la parte più bella ed eterna oltre la morte, nella comunione eterna con Dio Padre, con Gesù risorto, con Maria e con tutti i santi. Avevano scoperto l’unica speranza che non muore.

Essa si rafforza nel nostro cuore ricordando non solo i santi, ma anche tutti i nostri cari defunti di cui, magari, abbiamo conosciuto anche i limiti e i difetti. Sono dei gesti di grande umanità verso i cari morti mantenere in noi la loro memoria, curando le tombe e ponendo dei fiori. Essi, però, da noi si aspettano prima di tutto la preghiera; quella che la tradizione cristiana chiama “preghiera di suffragio”. Si aspettano che partecipiamo a qualche Santa Messa che abbiamo chiesto ad un sacerdote di offrire specificamente per qualcuno di loro per la sua salvezza eterna.  In ogni Santa Messa, poi, la Chiesa prega sempre per tutti i fedeli defunti dei quali «Dio solo ha conosciuto la fede».

Queste preghiere di suffragio rafforzano la nostra speranza, perché ci fanno sentire che la morte fisica non ha rotto la comunione con i nostri cari, i quali non sono scomparsi nel nulla, ma sono passati nella vita eterna. Il dialogo con loro è aperto, perché siamo uniti nello stesso Gesù che noi possiamo incontrare nella comunione con Lui nell’Eucaristia e che loro contemplano faccia a faccia. Possiamo continuare ad amarli e a fare loro del bene con quell’atto di vero amore che è la preghiera di suffragio. Essi certamente rispondono, pregando a loro volta per le nostre necessità. Questo è il dialogo della speranza che la fede cristiana ci ha rivelato.

Alle preghiere possiamo aggiungere per i defunti anche il dono dell’indulgenza plenaria che è una grazia della misericordia di Dio che li purifica da ogni loro colpa, da lucrare secondo le tradizionali condizioni previste dalla Chiesa.

Quando recitiamo il Credo, ripetiamo: «Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà». Questo è il fondamento della speranza cristiana che in questi giorni ci ricordano i santi e i defunti.

Silvia Gullino

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