Schegge di Luce - 29 ottobre 2023, 08:17

Schegge di luce: pensieri sui Vangeli festivi delle Sorelle Clarisse di Bra

Commento al Vangelo del 29 ottobre, XXX domenica del tempo ordinario

La chiesa del Monastero delle Clarisse, a Bra

La chiesa del Monastero delle Clarisse, a Bra

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».

Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22,34-40).

Oggi, 29 ottobre, la Chiesa giunge alla XXX domenica del tempo ordinario (Anno A, colore liturgico verde). A commentare il Vangelo della Santa Messa sono le Sorelle Clarisse di Bra.

Amore, vita, valori, spiritualità sono racchiusi nella loro riflessione per “Schegge di Luce, pensieri sui Vangeli festivi”, una rubrica che vuole essere una tenera carezza per tutte le anime in questa valle di esilio. Pensieri e parole che sono come scintille per accendere le ragioni della speranza che è in noi.

Eccolo, il commento.

Rispondendo che il primo e più grande dei comandamenti è amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente, Gesù non dice nulla di nuovo.

Semplicemente richiama il libro del Deuteronomio al capitolo 6, uno dei passi più conosciuti di tutta la Legge: «Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte» (Dt 6,4-9).

Nemmeno l’amore per il prossimo è una novità rispetto all’Antico Testamento: come secondo comandamento, Gesù cita un passo del Levitico, il versetto 18 del capitolo 19: «Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore».

Nulla di nuovo, quindi, ma possiamo anche dire… nulla di facile da vivere. E forse è proprio per questo che abbiamo bisogno che ci venga “comandato” di amare. Sembra assurdo: sappiamo benissimo che l’amore dato e ricevuto è la cosa che più ci è necessaria per vivere bene, sappiamo quant’è bello essere travolti da quell’energia positiva, di vita, che spinge a uscire dai propri comodi per cercare il bene dell’altro. Che si possa comandare una cosa del genere suona strano. Eppure capitano delle volte che abbiamo bisogno che qualcuno ci ricordi l’aspetto obbligante dell’amore, soprattutto quando uno dei tre (cuore, anima, forze) sta istintivamente tirando da un’altra parte e amare davvero ci pare essere diventato troppo faticoso. E inutile.

Gesù non ci dice che amare è sempre appagante; però ci dà qualche suggerimento per amare in pienezza. Ci parla di totalità, di tenere insieme. Di tenere insieme cuore, mente e forze, di usare tutto quello che abbiamo a disposizione in noi stessi per amare davvero, attraversando e superando con Lui (co-mandamento = mandare con) anche quel periodo in cui un amore più grande pare umanamente impossibile. L’amore autentico esige reciprocità, eppure non sempre gli altri ricambiano come vorremmo l’amore che stiamo dando loro. Oppure ci chiedono un amore che non ci sentiamo di dare. L’amore vero, però, non cerca primariamente il nostro benessere, ma il bene dell’altro. Perseguito con ogni mezzo: cuore, mente, volontà… in costante ricerca di unità.

Ma Gesù va oltre, ci dice che è importante anche tenere insieme l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo. Non si tratta di amori in concorrenza, ma di un circolo virtuoso: l’amore verso il prossimo attinge forza dall’amore di Dio verso di noi e verso il prossimo stesso e allo stesso tempo dà concretezza al nostro amore verso Dio, mettendolo al sicuro da forme di disimpegno e ricerca egoistica di appagamento.

Infine è importante tenere insieme l’amore verso il prossimo e verso se stessi. Dio non ci chiede di essere totalmente sbilanciati verso gli altri, anzi in quel «Il tuo prossimo come te stesso» ci offre un criterio di equilibrio e un avvertimento. Ci chiede, per il nostro bene, di non pensare egoisticamente soltanto a noi stessi, ma ci mette in guardia anche dal problema opposto: se trascuri una sana cura di te stesso, dei tuoi legittimi bisogni e desideri, con il tempo… finirai con il trascurare anche quelli del tuo prossimo, tratterai gli altri con la stessa durezza che ti sei autoinflitto.

E forse, tra le righe, Gesù sta cercando di dire a quel dottore della Legge che questa capacità di amare, “tenendo insieme” è quella che ci permette di andare incontro agli altri in modo bello, facendo domande non per mettere alla prova, ma per camminare e crescere insieme.

Silvia Gullino

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