Agricoltura - 29 agosto 2023, 18:15

Davide Barale, produttore di mele a Verzuolo: "Produrne un chilo ci costa 40 centesimi. A noi ne danno 20"

Agricoltore di 32 anni, lavora nell'azienda di famiglia, che esiste da quattro generazioni. Ma potrà avere un futuro, a queste condizioni? Barale ha lanciato una petizione per chiedere di fissare il prezzo minimo garantito in base al costo di produzione

Davide Barale, produttore di mele a Verzuolo: "Produrne un chilo ci costa 40 centesimi. A noi ne danno 20"

Davide Barale, agricoltore di 32 anni, lavora nell'azienda di famiglia a Verzuolo. Produttori di mele da 4 generazioni, con avvicendamenti colturali con il kiwi, quanto potranno resistere? 

Davide ama il suo lavoro e proprio in queste settimane è impegnato nella raccolta delle mele rosse IGP di Cuneo. Oltre al lavoro, sta portando avanti una battaglia per la sua azienda e per tutte quelle che lavorano nel settore delle frutticoltura che, lo sottolineiamo, è strategico per la nostra provincia, in particolare per il Saluzzese, dove si trova infatti l'azienda Barale.

Questo ragazzo sta portando avanti la sua battaglia anche attraverso Change.org, dove ha lanciato una petizione con la quale chiede di "fissare il Prezzo Minimo Garantito in base al costo di produzione dell'ortofrutta".

Sapete qual è il costo medio di una sola mela in Italia? 40 centesimi.

Sapete qual è il costo di produzione di un chilo di mele per un produttore? 40 centesimi al chilo.

Il costo di un chilo, per chi produce, è quello che si paga, mediamente, per acquistare una mela al supermercato.

Ma sapete quanto è stato riconosciuto, nella scorsa stagione, a chi produce le mele? Circa 20/25 centesimi al chilo, la metà di quanto si paga una singola mela. 

E' proprio Davide Barale a spiegarci come funzionano le cose nel settore frutticolo. 

"Noi non commerciamo direttamente con la GDO, ma ci affidiamo ai vari magazzini di zona, i quali si occupano di ritirare, calibrare, conservare e vendere la merce. I contratti con la GDO a noi non competono. Noi ci interfacciamo esclusivamente con il magazzino; quindi i costi di gestione del magazzino non sono direttamente di nostra competenza.

I costi che incidono sulla nostra produzione sono

- manodopera (stipendi, fornitura dei vari dispositivi di sicurezza, corsi di formazione, visite mediche e ospitalità abitativa agli stagionali)

- pratiche colturali (acquisto, potatura, salute, irrigazione e nutrizione delle piante)

- raccolta del prodotto

- acquisto e ammortamento dei macchinari e degli impianti

- costi energetici (luce e carburante)

- assicurazioni varie

- burocrazia (soffocante)

Tutto questo va a formare il famoso COSTO DI PRODUZIONE che, per quanto riguarda il melo, si attesta intorno agli 0.40 cent al chilogrammo.

Quello che sto chiedendo tramite la petizione è che questo costo di produzione venga riconosciuto come valore di partenza per creare il valore della merce da noi prodotto. Cosa che al momento non avviene.

Lo testimonia l’annata 2022, che ha registrato una liquidazione della merce di molto al di sotto del costo di produzione, ovvero (circa) 0.20/0.25 cent al chilogrammo.

Anche un bambino delle elementari capisce che economicamente un’azienda, con questi prezzi di vendita, non sta in piedi.

Infatti il dramma è proprio questo: una moria di aziende che chiudono, sia per un discorso economico sia perché non c’è più il ricambio generazionale, fondamentale per la vitalità imprenditoriale. I giovani non scelgono più l’agricoltura perché non è un lavoro semplice e non è economicamente sicuro, proprio per questo COSTO DI PRODUZIONE non riconosciuto".

A livello legislativo si punta a modificare il d.lgs. 198 del 2021, in particolare l’art. 2 comma 1 lett. E). Questo decreto esclude dalla definizione di contratti di cessione i conferimenti di prodotti agricoli ed alimentari da parte di imprenditori agricoli e ittici a cooperative o ad organizzazioni di produttori di cui sono soci. In pratica, ai soci che conferiscono a cooperative o a organizzazioni di produttori non viene riconosciuto il costo di produzione.

Con questa petizione, Barale chiede al governo italiano di prendere misure atte al considerare il costo di produzione al chilogrammo come base su cui costruire tutta la filiera commerciale, a partire dal produttore.

Lo sta sostenendo in questa battaglia una senatrice della Repubblica Italiana in carica nella XVIII legislatura, Rosa Silvana Abate, che ha presentato il disegno di legge 1583 per il RICONOSCIMENTO DEL COSTO DI PRODUZIONE nel settore ORTOFRUTTICOLO tramite le linee guida definite dall’ISMEA. Purtroppo, con la caduta del governo Draghi, il disegno si è arenato. La senatrice ha quindi fondato il COPOI, ovvero il coordinamento produttori ortofrutticoli italiani, con lo scopo di avviare delle interlocuzioni istituzionali per risolvere i molteplici problemi che soffocano l’agricoltura italiana, tra cui il riconoscimento del costo di produzione.

Nel frattempo, Davide ha deciso di lanciare anche la petizione, firmata fino ad oggi da circa 600 persone. E' evidente che non basta. Servono leggi che tutelino chi produce perché, a chi dà l'avvio a tutta la catena commerciale della frutta, restano solo le briciole.

"Il nostro è un lavoro pesante. Se non c'è almeno il giusto riconoscimento econimico, chi lo farà più? Vedere quanto costa la frutta al chilo nei negozi è un oltraggio per tutte le aziende che sono in difficoltà".

Barbara Simonelli

TI RICORDI COSA È SUCCESSO L’ANNO SCORSO A MAGGIO?
Ascolta il podcast con le notizie da non dimenticare

Ascolta "Un anno di notizie da non dimenticare" su Spreaker.

WhatsApp Segui il canale di LaVoceDiAlba.it su WhatsApp ISCRIVITI

Ti potrebbero interessare anche:

SU