Langhe - 23 aprile 2023, 20:00

TAGLIA 14-19: RACCONTI DALL’ETA’ DEI SOGNI/ Danilo

“Anche oggi verifica ed interrogazione. Ma come cavolo faccio?”, pensa Danilo. “Non riesco mai, mai a studiare. Proprio non mi viene di concentrarmi. E ora come la mettiamo con la pagella di metà quadrimestre?"

TAGLIA 14-19: RACCONTI DALL’ETA’ DEI SOGNI/ Danilo

“Taglia 14-19” è una raccolta di storie vere, riproposte sotto pseudonimo. Un progetto che nasce dopo tre anni di ricerca, tra fonti orali e scritte, tra studenti e studentesse delle superiori in età compresa, appunto, tra i 14 e i 19 anni. Amarezza, gioia ed emozioni palpabili riproposti attraverso i loro occhi, i temi scritti, i “pizzini” lasciati nell’agenda dell’insegnante, i messaggi durante i periodi di vacanza e i dialoghi sospesi tra un intervallo e l’altro. Ragazzi e ragazze che hanno una loro visione del mondo e della vita, anche se coglierle non è sempre così immediato.

L’autrice. Francesca Gerbi è un’insegnante di lettere e sostegno nelle scuole superiori, giornalista e scrittrice. Con l'editrice "La collina dei libri" ha appena dato alle stampe "La memoria di Viola", romanzo col quale affronta con delicatezza lo spinoso tema dell’Alzheimer.***

“Anche oggi verifica ed interrogazione. Ma come cavolo faccio?”, pensa Danilo. “Non riesco mai, mai a studiare. Proprio non mi viene di concentrarmi. E ora come la mettiamo con la pagella di metà quadrimestre? A mamma ho detto che va tutto bene, papà non ha mai chiesto. Ci hanno creduto. Ma ho più materie sotto che sufficienze. Un disastro”. Così si rimprovera il ragazzo, rimuginando su tutte le occasioni perse per rimediare ai brutti voti collezionati nei mesi precedenti.

La scuola, seppur considerato un luogo protettivo e sereno, per molti ragazzi è un vero e proprio inferno. Una giungla di mostri, fatta di insegnanti lontani dal loro modo di vivere e di insidie visibili, come le verifiche programmate e nascoste, quali le interrogazioni a sorpresa. E come districarsi tra le sfide quotidiane, mentre sul cellulare si rincorrono le chat degli amici, dei compagni di calcetto, delle belle ragazze della classe a fianco?

“Non ce la posso fare, ormai sono spacciato, l’anno è perso”, sussurra Danilo a se stesso, entrando in quella monotona classe con l’intonaco vecchio e dalla tinta segnata dal tempo. Le giornate passano lente, troppo svilenti per l’immaginazione di un ragazzo che vive di sogni, diviso tra quella voglia di emergere, di diventare popolare, un campione e la tentazione di far trascorrere i secondi nella spensieratezza immatura delle ultime settimane di adolescenza.

“Eppure, che sarà mai? Non sono l’unico ad essere in pericolo di bocciatura, e ben dovessi non superare l’anno scolastico, quale sarebbe il dramma? Vabbè! Al massimo addio alla moto, ai videogiochi ed al calcetto, magari mi trovo un lavoretto la sera. Dovrò farmi perdonare da mamma, sopportare l’ira di papà, ma non cambierà nulla. L’anno prossimo riparto e studio, intanto mi godo qualche mese di nulla”.

Piccoli dilemmi, grandi progetti per sopravvivere in quella giungla così cattiva, quanto conosciuta e redentrice.

Appena seduto, il coordinatore di classe, un professore fin troppo giovane e cordiale per conversarci spontaneamente dandogli del “lei” come vorrebbe la formalità, si avvicina al ragazzo: «Danilo, prima che inizi la lezione, ho bisogna di parlarti in privato. Ti aspetto in ufficio».

Un tonfo al cuore del ragazzo, ma anche un barlume di speranza in quei toni amichevoli e rassicuranti.

«Eccomi prof! Posso sedermi?» - dice con toni entusiasti il giovane.

«Certo, mettiti comodo. Se siamo qui è per parlare di una cosa non bella. Insomma, non è una tragedia, però le situazioni ora le devi affrontare da adulto. Stamattina ho chiamato tua mamma per discutere con lei del tuo pessimo andamento scolastico. Sei un bravo ragazzo, ma vivi nel tuo mondo, nel tuo disordine e nella tua scarsa voglia di fare. Perché non sfrutti al meglio il tuo tempo? E soprattutto, perché non hai confidato alla mamma che eri così messo male con i voti? Lei si è stupita, arrabbiata, l’hai delusa».

«Delusa?». Danilo per la prima volta si accorge di aver deluso qualcuno. Deludere è un termine poco usato, desueto, forse rimasto ad adito degli animi gentili. Ma risuona e fa eco nel cervello del ragazzo. Il suo animo si intristisce, sprofonda nella gravità della situazione, di una colpa che ricade tutta su di sé, sulla sua stupidità, il suo menefreghismo, sulla sua incapacità di tener fede all’amore della propria famiglia.

«Danilo, venire a scuola è il tuo lavoro. Mamma e papà fanno un sacco di sacrifici per consentirti il privilegio di poter studiare serenamente e con tanto tempo a disposizione per stare sui libri e fare ciò che ti piace. E poi, perché non raccontare dei tuoi problemi in classe con i tuoi genitori? Ti avrebbero sicuramente supportato e aiutato». Ribatte il professore con uno sguardo languido e pieno di spirito di convincimento.

«Ma prof, non posso più recuperare?».

Il docente si alza; con un paio di passi rapidi, quasi come un movimento di danza, si sposta dietro la grande sedia con i braccioli su cui troneggia il ragazzo e gli stringe forte la spalla, sussurrandogli all’orecchio con un sorriso: «Non dirlo a nessuno, ma io ero messo peggio di te e le ho tirate su tutte!».

Danilo sente il cuore sussultare di gioia : “Ce la posso fare, ce la devo fare”, pensa fra sé e sé.

Torna in classe e si avvicina alla cattedra, dove già il giovane insegnante si è apprestato a compilare il registro di classe: «Prof, le dispiace se mentre lei spiega ripasso, anzi, studio per la verifica di storia?»

Il docente non risponde, ma gli strizza l’occhio. «Ok, studio prof, andrà bene».

Passano alcune ore, tempo di intervallo. Danilo non si mette in fila per il panino, nemmeno per il caffè al distributore, vaga entusiasta per i corridoi a cercare il suo coordinatore di classe. Lo vede discorrere con un’altra insegnate. Anche questa giovane, dai ricci capelli biondi: gli sguardi intrecciati, oltre i discorsi di scuola, quasi a spogliarsi degli abiti delle reciproche anime.

«Prof, prof» urla il ragazzo, cercando di sovrastare la caciara indistinta dei compagni riversati in corridoio, mantenendosi a qualche metro di distanza. Non appena gli sguardi dei due giovani uomini si incrociano, Danilo esclama: «Bella prof, ho preso 7!».  Il docente non smette di conversare con la collega, ma risponde con un pollice in alto, strizzando l’occhio sinistro.

Danilo sorride, pensando che in quella giungla di scuola si accende ed arde anche molto amore.

Francesca Gerbi

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