Si sono dati appuntamento a Ceresole d’Alba nell’azienda agricola dei fratelli Ferrero in cascina Caburna, una realtà di allevamento intensivo di capre da latte con oltre duemila capi di bianchissime “Saanen”.
Il neo senatore Giorgio Bergesio ha ascoltato con attenzione le istanze di un comparto che nel 2021 ha prodotto 80000 ton di formaggi grazie ai 4197 allevamenti professionali distribuiti in tutta Italia e concentrati soprattutto nel sud, in Sardegna e a seguire in Lombardia e Piemonte: in queste ultime tre regioni si concentra l’80% dei capi allevati, ben 237.000, essendo presenti molte aziende medio-grandi, con almeno 100 capi, e in pratica il 70% del patrimonio caprino italiano.
Uno dei problemi con cui si devono confrontare queste aziende specializzate è l’essere inserite in un settore ovi-caprino troppo generico, che non tiene conto delle loro specificità.
Al senatore Bergesio si sono presentate le richieste di ottenere un riconoscimento peculiare a sé stante, di ottenere quindi un aumento del prezzo del latte proporzionale alle spese di investimento e gestione, paragonabili a quelle del settore zootecnico bovino, e anche una equiparazione dei contributi ministeriali rispetto agli altri tipi di allevamento. E naturalmente un’adeguata valorizzazione del latte di capra.
Capitolo triste quello degli aumenti delle spese di produzione che gli allevatori di capre da latte devono affrontare in questo ultimo periodo. Il gasolio agricolo ha avuto aumenti intorno all’86%, le spese di alimentazione dal 70 fino addirittura al 235% per certe tipologie di mangimi, le spese dell’energia elettrica hanno fatto un balzo del +157%: situazione che ha portato alla chiusura di quasi 3000 aziende nel 2021.
Dalle dichiarazioni del senatore Bergesio traspare la volontà di intervenire e la competenza nel trovare le vie più opportune: "Capisco le istanze di questi allevatori che svolgono un lavoro di grande professionalità, con risultati di assoluta eccellenza. Bisogna senz’altro mettere in campo misure eccezionali nel prossimo piano di sviluppo nazionale dell’agricoltura in partenza nel 2023".
"Devono intervenire sostegni veri e soprattutto vanno valorizzati i contratti di filiera, che permettano di creare un processo virtuoso e redditizio anche per la parte più debole della catena, proprio quella di chi opera sul campo. Le filiere devono essere 'settoriali', distinguere bene un prodotto dall’altro, perché sennò non funzionano. Questi allevatori sono bravi e si stanno organizzando. Se si riuscirà a formare una loro associazione dedicata, in grado di dialogare con le grandi associazioni agricole e di avere un peso, i loro problemi verranno affrontati nei modi e nei tempi giusti, con buone possibilità di riuscita".