Curiosità - 30 ottobre 2022, 13:10

Emorragia d'identità - Dead Ringers

Una fiaba senza lieto fine che riesce a terrorizzare lo spettatore nel bombardarlo con una domanda singola e devastante: che cos’è un essere umano, davvero?

I due gemelli interpretati (entrambi) da Jeremy Irons

I due gemelli interpretati (entrambi) da Jeremy Irons

“Dead Ringers” (Inseparabili) è un film del 1988 di produzione canadese e statunitense, scritto da David Cronenberg e Marc Boyman a partire da un soggetto di Bari Wood e Jack Geasland, e diretto dallo stesso Cronenberg.
Beverly ed Elliot Mantle sono gemelli omozigoti, importanti ginecologi che fanno della loro identità una parte fondamentale delle proprie esistenze. Verranno entrambi trascinati in un baratro di dipendenza, violenza e follia autolesionista dopo che uno dei due finisce per innamorarsi dell’attrice Claire Niveau (dotata, tra l’altro, di un utero ‘triforcuto’ a metà tra la mutazione genetica e l’evoluzione della specie).

Sono passati alcuni mesi dall’ultimo appuntamento con la rubrica preferita da chi ama le riflessioni d’attualità, il cinema e chi non ha la credibilità per esporre le prime e discutere della seconda. Come state? Spero bene, sul serio.

Per riprendere con la rubrica dopo queste ultime settimane, diciamocelo, avevo l’imbarazzo della scelta. Sono successe talmente tante cose, dallo scorso aprile ad oggi, che trovare qualcosa da commentare e appiopparci un consiglio cinematografico non si è presentata come una sfida particolarmente complessa. Ma tra tutte le cose che sono capitate o che ci siamo fatti capitare come esseri umani, tra tutti i piccoli e grandi momenti storici a cui abbiamo assistito, mi sento di dire che uno solo ha raggiunto magnitudine simile all’ultima campagna elettorale per le elezioni politiche.

C’è molto da dire, anche solo sul risultato finale, che però non commenterò: mi pare meno interessante di tutto quel che è accaduto prima. E cioè una campagna elettorale tra le meno stimolanti, sentite e comunicate (comunicate davvero, eh, attenzione) delle quali io abbia memoria, nella quale anche i, pochi, colpi di scena hanno riservato più tristezza che sorpresa. Sintomo di qualcosa che va oltre i colori politici, la definizione filosofica, la collocazione intellettuale di ciascuno di noi. Sintomo di un’emorragia d’indentità: l’italiano, medio e non, non riesce più a riconoscersi in niente in maniera profonda, non riesce più a comprendere le informazioni con cui entra in contatto costantemente, senza soluzione di continuità.

L’identità, il suo confondersi e le conseguenze che questo ha nella vita delle persone, è una delle tematiche principali della produzione cinematografica del maestro dell’orrore, del thriller e dell’inquietudine che è il canadese David Conenberg. E tra tutti i suoi film uno di quelli che tratta l’argomento in maniera più chiara – ma, anche, più straziante – è proprio “Dead Ringers”. Una pellicola rivoluzionaria dal punto di vista tecnico per l’utilizzo della tecnologia necessaria a ‘sdoppiare’ un Jeremy Irons freddo e alieno nei propri comportamenti, quando non violento e smisurato. Una fiaba senza lieto fine che si discosta, apparentemente, dalle tinte ‘body horror’ care al regista ma che riesce comunque a terrorizzare lo spettatore nel bombardarlo con una domanda singola e devastante: che cos’è un essere umano, davvero?

E che cosa siamo noi, quindi, cittadini italiani del 2022? Chi o cosa sono le persone che abbiamo chiamato, anche questa volta, a rappresentarci (a prescindere dalla posizione che hanno poi finito per assumere nel governo appena partito)? A decidere delle nostre esistenze concrete, in un contesto in cui giorno dopo giorno le condizioni internazionali appaiono incupirsi sempre più?

Credo questa sia una domanda che dovremmo porci, da qui ai prossimi cinque anni. Tutti, nessuno escluso. E la risposta, come spesso accade con le domande davvero importanti, potrebbe non piacerci. Perché l’identità è come un diritto fondamentale: non ti rendi conto di quanto sia importante, per te, finché capisci di non avercelo più.

Simone Giraudi

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