Da un’intuizione possono nascere grandi progetti. E quella che Giacomo Oddero, l’allora presidente del Centro Nazionale Studi Tartufo, ebbe nel 2012 lo conferma.
La “cerca e cavatura del Tartufo in Italia” è ad un passo da essere considerata Patrimonio dell’Umanità, dopo il parere positivo del tecnici della commissione Unesco riunitasi pochi giorni fa a Parigi. La decisione definitiva sarà comunicata a metà dicembre.
È stato analizzato il lungo e completo dossier iniziato nel 2013, ed approfondito negli anni successivi con interviste ai tartufai italiani, soprattutto sulla dorsale appenninica, una riscrittura nel 2016, ed ulteriori aggiunte nel 2018/19 sotto la guida del servizio Unesco del Ministero della Cultura, grazie al lavoro delle Città del Tartufo, del Centro Studi e delle associazioni dei tartufai.
Ora siamo ad un passo da un altro importante riconoscimento che, se da una parte conferma il valore del prodotto a livello economico, dall’altro ne sottolinea il lato culturale.
Tagliare un simile traguardo è un onore ed un impegno per tramandare questa antica pratica che si svolge in tutta Italia dove è presente la crescita spontanea di questo magnifico tubero, soprattutto quello bianco.
L’attuale presidente del Centro Nazionale Studi Tartufo Antonio Degiacomi dichiara: «Partiamo da un ricordo: sull’intuizione di Giacomo Oddero si era fatta una riunione nel Comune ad Alba con i sindaci e le associazioni dei trifolau, per iniziare questo iter che, cammin facendo, abbiamo capito su quale focus incentrare. La chiave è stato il risvolto antropologico del tartufo, dei rapporti dell’uomo con la natura e come agire nei suoi confronti. Ora, dopo il parere positivo della commissione a livello tecnico, attendiamo la decisione definitiva tra il 13 e 18 dicembre.
Si tratta di un riconoscimento di valore immateriale cioè del sapere e delle pratiche tramandate tra le generazioni, soprattutto nelle città i cui territori donano il tartufo.
Occorre una particolare attenzione sulla trasmissione del sapere, e su questo aspetto è prezioso il lavoro delle associazioni dei tartufai.
Quando dico aspetto antropologico intendo il saper riconoscere le piante da tartufo, l’addestrare il cane, rapportarsi con l’animale nel rispetto e nel gioco della cerca.
L’unione di intenti da parte dei tartufai permette di avere idee comuni nella salvaguardia delle tartufaie e degli ambienti naturali, a livello pubblico e privato.
Se la decisione della commissione sarà positiva avremo un riconoscimento ed una responsabilità su un patrimonio che abbiamo in Italia, e che va tramandato e salvaguardato, al di là dell’aspetto economico. Una tutela da parte della comunità: parliamo di cultura, di azioni antropologiche, di biodiversità».
Cosa significa parere tecnico?
«Un aspetto interessante del parere tecnico, conclude Antonio Degiacomi, sono le raccomandazioni che vengono fatte all’Italia, e nelle quali ci rispecchiamo in pieno: ad esempio evitare l’eccesso commerciale di questo eventuale riconoscimento, di essere attenti al fenomeno dell’ “over tourism” per rispettare meglio l’ambiente. E su questo le nostre aree delle tartufaie sono in piccoli Comuni e da sempre portiamo avanti il turismo responsabile.
L’attenzione al benessere animale dei tabui (cani da tartufo) a livello di alimentazione, cura, della valorizzazione dell’aspetto di gioco, di intesa tra cane e padrone, importante per la cerca e la cavatura del tartufo. E, non ultimo, la condivisione delle best practice con altri territori a livello ambientale».