Langhe - 29 novembre 2025, 09:40

L’avventura di Domenico De Michele: da Cherasco a Dakar in moto [FOTO]

Ha attraversato cinque Paesi e il Sahara per realizzare un sogno. Il suo racconto

C’è chi l’Africa la sogna da casa e chi, come Domenico De Michele, decide di raggiungerla in sella a una moto. Il centauro, originario di Bra, ha compiuto un viaggio che sembra uscito da un romanzo d’avventura: oltre 10.500 km in un mese, da Cherasco dove vive fino a Dakar, in Senegal, attraversando Italia, Marocco, Mauritania, Gibilterra, Spagna e Francia.

Avete letto bene: Dakar, leggendaria meta motociclistica nata dalla fama regalatale dalla celebre gara che, come alternativa esotica a Capo Nord, rappresenta uno dei miti da conquistare sulle due ruote.

Nei suoi tanti viaggi in moto, Domenico ha raccontato di averne viste di tutti i colori, ma ha definito questa esperienza come la più bella di sempre. Tutto per realizzare un sogno: scattare una foto davanti al Monumento al Rinascimento africano.

Sui social, tante persone hanno seguito il suo percorso tappa dopo tappa, commentando e incoraggiandolo fino al traguardo. Ora, alla fine dell’impresa, abbiamo voluto parlare un po’ con lui di questa esperienza, tanto impegnativa quanto meravigliosa. Due continenti, un mare da attraversare e in mezzo il nulla, o il tutto, del Sahara. Ecco il suo racconto.

«Mi presento, mi chiamo Domenico De Michele, sono nato a Bra nel 1965 e da circa vent’anni vivo nella vicina Roreto di Cherasco. Qui ho lavorato per 34 anni al Cash & Carry della Dimar, e da due anni sono in pensione.

Ho sempre avuto un sogno: poter fare un viaggio in moto senza limiti di tempo. Dopo un decennio di viaggi su due ruote in compagnia di mia moglie Bruna Pirra, toccando quasi tutti i Paesi europei, Nord Africa, Russia e Asia occidentale, era arrivato il momento di affrontare un viaggio in solitaria.

Dopo l’esperienza del 2024, che mi ha visto impegnato in un viaggio in Tunisia per 17 giorni sempre in solitaria, ho maturato il desiderio di un viaggio più impegnativo: fare la Cherasco-Dakar. Da braidese mi piaceva però l’idea che il ritorno si chiamasse Dakar-Bra. Perciò, il 27 settembre di quest’anno sono partito con una moto 300 di cilindrata.

All’andata ho preso il traghetto a Genova per Tangeri in Marocco, in compagnia di due miei amici, Gianpietro e Bruno. Con loro ho condiviso i primi tre giorni di viaggio e, arrivati ad Agadir (Marocco), le nostre strade si sono divise. Ho continuato da solo verso Dakar (Senegal), con l’obiettivo di scattare una foto davanti al Monumento al Rinascimento africano.

Da Agadir la strada è diventata un po’ monotona, perché il Sahara occidentale è una lunga via asfaltata in mezzo al deserto. La mia media giornaliera è stata di circa 400 km, con partenza quasi sempre verso le 8, arrivando nel primo pomeriggio in posti dove dormire, trovati utilizzando booking o Google Maps. Queste tappe intermedie mi sono servite per fare la doccia e trovare riposo e un po’ di cibo.

L’arrivo alla dogana della Mauritania mi ha fatto provare nuove emozioni. Il mio viaggio stava proseguendo come volevo, ma la Mauritania un po’ mi spaventava, perché i racconti di altri viaggiatori allertavano della scarsità di benzina lungo il tragitto, del vento forte e della sabbia.

Però ero tranquillo, perché mi ero portato 10 litri di benzina, ma ho constatato che in effetti qui non sempre si trova il carburante.

L’ingresso al tramonto nella capitale della Mauritania, Nouakchott, è stato impattante: caos totale e macchine scassate ovunque. Qui sono stato in compagnia di Alexandre, che avevo conosciuto a Akhfennir (Marocco). Dopo il pernottamento in hotel ci aspettava la pista di Diama, una strada sterrata di 50 km per arrivare all’altra dogana ed entrare in Senegal. Un percorso disseminato di trappole di sabbia, fes-fes e toule-ondulé, percorribile solo nella stagione secca dato che con le piogge non si può fare nemmeno con un Unimog preparato per la Dakar.

Durante il tragitto, Alexandre ed io abbiamo conosciuto Vitali, un bravissimo ragazzo tedesco. Abbiamo attraversato la dogana del Senegal insieme e alla sera abbiamo alloggiato nello stesso campeggio e cenato allo stesso tavolo, precisamente a Saint-Louis.

Il giorno dopo le nostre tre strade si sono divise, e finalmente ho raggiunto la mia meta. A Dakar ho sostituito la catena e fatto una piccola manutenzione alla moto. Qui si è avverato il mio sogno: fare una foto sotto il Monumento al Rinascimento Africano. Ho ringraziato la gendarmeria per avermi concesso la salita fin sotto il monumento.

Dopo Dakar sono passato da Lac Rose (Lago Rosa), una delle attrazioni più rinomate del Senegal che, fino al 2007, è stato il punto d’arrivo del leggendario rally motociclistico Paris-Dakar. La laguna salata Retba si trova ad una manciata di chilometri dall’oceano e a una trentina dalla capitale. Il nome si deve alla colorazione che le sue acque assumono in determinati momenti della giornata per effetto dei pigmenti rilasciati da un’alga (la Dunaliella salina) in risposta ai raggi solari. Le membrane cellulari di questa alga contengono pigmenti responsabili delle colorazioni rosso-rosacee (l’intensità cambia in base alla quantità di luce, nei giorni nuvolosi rispecchia il grigio del cielo).

Poi ho fatto di nuovo tappa a Saint-Louis, il primo insediamento urbano francese sul continente africano, fondata nel 1659 da Louis Caullier sull’Isola di Ndar. Il ponte metallico Faidherbe, chiamato la “Tour Eiffel orizzontale”, collega l’isola alla terraferma e venne progettato nel 1897 dall’impresa di Émile Nouguier, anche se la leggenda lo vorrebbe disegnato dallo stesso Eiffel. È il simbolo della città e un esempio notevole dell’ingegneria industriale ottocentesca, con la parte centrale che ruota su se stessa per consentire il passaggio delle navi. Subito dopo il ponte si trova lo storico Hotel de la Poste, albergo dove soggiornarono i piloti aeropostali in epoca coloniale, tra cui Saint-Exupery e Mermoz. Più avanti c’è il monumentale Palazzo del Governatore, fiancheggiato dalle Rognât Casernes risalenti al 1837. Poco distante c’è la Cattedrale in stile neoclassico e a nord la curiosa Grande Mosquée, con un campanile cristiano adiacente, eretta nel 1847.

Detto questo, ho riattraversato tutta la Mauritania, una strada asfaltata di circa 500 km in mezzo al deserto con il viaggio che aveva ripreso la strada del ritorno.

Ad Agadir è cominciata la seconda parte della mia avventura, visitare il Marocco e tutti i suoi luoghi iconici:

·      Tizi ‘Test, uno dei passi più pericolosi del mondo, si trova ad un’altitudine di 2.093 m è notevole il dislivello, circa 1.600 m che si scala in circa 40 km;

·      Marrakech, l’antica città imperiale che deve questo soprannome alle sue caratteristiche case in terracotta, mentre il suono del suo nome evoca da subito lo stridio del passaggio di carovane, l’allegro vociare dei mercati, i colori e i profumi delle spezie. In berbero, Marrakech significa “Terra di Dio” (Mur-Akush), inteso come riparo e accoglienza, due caratteristiche che trovano la loro concreta espressione proprio nelle verdi palme che abbracciano la città in un confortevole riparo, separandola dalle montagne dell’Atlante e dall’Oceano;

·      Tizi n’Tichka, un passo di montagna alto ben 2.260 m che attraversa l’Alto Atlante tra Marrakech e Ouarzazate (198 km);

·      Ouarzazate, conosciuta come la Porta del Deserto, il nome deriva da una frase araba che significa “senza rumore”, è anche conosciuta come la Hollywood d’Africa con studi cinematografici fra i più grandi al mondo (Film come Il gioiello del Nilo, Asterix e Cleopatra o I Dieci Comandamenti furono girati in questi set);

·      Gole di Todra e le vicine Gole del Dades, tappa imperdibile lungo la strada che parte da Marrakech al Deserto del Sahara a Merzouga. Il fiume Todra scorrendo tra le alte pareti delle montagne ha scavato questo spettacolare canyon con rocce a strapiombo che raggiungono i 160 m di altezza. Nell’ultimo tratto lo scenario è ancora più straordinario con i due versanti talmente vicini tra loro da essere a soli 10 m di distanza;

·      Agoudal, città che offre una vista panoramica sulle montagne dell’Atlante centrale;

·      Imilchil, che si trova a 1.000 m di altezza alle pendici dei monti della catena dell’Alto Atlante. Il villaggio è reso famoso da un “moussem”, festival, che si celebra ogni anno a settembre ed è dedicato al “matrimonio”. Secondo la tradizione, il festival è celebrato in ricordo di due giovani innamorati appartenenti a tribù diverse, una sorta di “Romeo e Giulietta” marocchini. Le famiglie impedivano ai due ragazzi di incontrarsi, così i due piansero e si disperarono fino a lasciarsi morire. Le loro lacrime diedero vita a due laghi: Isli, che significa “di lui” circondato da un paesaggio molto brullo, un po’ più distante dal villaggio, e Tislit, che significa “di lei” più in prossimità del villaggio;

·      Azrou, un centro berbero molto accogliente, è la porta delle montagne del Medio Atlante e si trova lungo due importanti vie del commercio, quelle che da Meknes e Fes raggiungono Khenifra e Midelt. La città è famosa per le tegole smaltate verdi che ricoprono i tetti delle sue case ed è il luogo ideale per fuggire dal caldo visto che si trova a 1.200 m di altitudine. Azrou vanta anche una lunga tradizione di tessitura ed infatti le coperte e i tappeti sono le merci più ricercate al souk del martedì;

·      Fes, città che si trova all’interno di una fertile valle incastonata tra le colline del Maghreb, a 350 m sul livello del mare. Fez si divide in Città nuova o Fès el-Jedid, cioè la città imperiale costruita a partire dal 1.200, dove si trovano la stazione, il Palazzo Reale e il quartiere ebraico, e la Città Vecchia, o Medina, chiamata Fès el-Bali, la più antica parte murata di Fes, un vero labirinto di stradine, oltre 9.000, con mercati di ogni tipo, dai tappeti agli oggetti in ottone, della ceramica ai tessuti e alla pelle, e dove le merci vengono ancora trasportate a dorso d’asino;

·      Chefchaouen, la Perla blu del Marocco è situata ai piedi delle aspre montagne del Rif. Si caratterizza per una cascata di case dalle pareti blu armonicamente inserite in un meraviglioso paesaggio naturale;

·      Tanger med, con i suoi mercati, la sua cucina tradizionale e le sue mille attrazioni, è anche chiamata la città bianca, si trova nel nord del Marocco, sulla punta più settentrionale del Paese sullo stretto di Gibilterra a soli 16 km dalle coste spagnole, ed è una città cosmopolita e vivace che si sviluppa ad anfiteatro intorno ad un porto dove solitamente attraccano gli yacht milionari.

Ho lasciato in sospeso Merzouga, le cascate di Ouzoud e tanto altro che spero di visitare in futuro.

Arrivato in traghetto ad Algeciras in Spagna, ho proseguito l’itinerario, giungendo a Gibilterra e Marbella. Il giorno seguente ho visitato Ronda e Setenil de las Bodegas nella comunità autonoma dell’Andalusia.

Ho dedicato un giorno anche al Caminito del Rey, un percorso spettacolare dall’inizio alla fine, che si sviluppa tra gole, canyon e una grande valle. Attraversa i paesaggi dello scenario naturalistico Desfiladero de los Gaitanes, scavato dal fiume Guadalhorce e con pareti che raggiungono i 700 m di profondità.

Quindi ho deciso di raggiungere casa il prima possibile, mi trovavo a Murcia a circa 1500 km di distanza da Bra e in 2 giorni, il 27 ottobre scorso, dopo aver percorso 10.416 km, ho potuto riabbracciare mia moglie, la famiglia e gli amici.

Merita un grande grazie proprio mia moglie, perché la moto CRF 300 è un suo regalo per il mio compleanno di 2 anni fa, ma il dono più grande è aver avuto la libertà di fare un viaggio senza limiti di tempo. Grazie anche a Silvia Gullino, che mi ha dato la possibilità di raccontarlo e condividere le mie emozioni con tutti voi.

Il mio viaggio si è concluso a Bra, scattando delle foto sotto la Zizzola e davanti al Municipio».

Che storia. Molto wild.

Silvia Gullino