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Cronaca | 09 ottobre 2025, 06:02

Tenda-Bis, quei materiali erano scarti o refurtiva? A dicembre si riaccende la battaglia in Corte d’Appello

Prosegue il ping-pong giudiziario dell’inchiesta “maledetta”: la Cassazione ha annullato l’assoluzione d’appello demolendo l'impianto accusatorio di primo grado e rinviato gli atti a Torino

L'operazione della Finanza al cantiere del Tenda Bis

L'operazione della Finanza al cantiere del Tenda Bis

Può essere rubato qualcosa che si detiene? Per il Procuratore capo cuneese Onelio Dodero, che aveva istruito il processo di primo grado sì, mentre per i giudici della Corte d'Appello di Torino no.  Ed è proprio questa ultima pronuncia ad essere stata annullata dalla Corte di Cassazione nel gennaio scorso e rinviata, nuovamente, di fronte ai giudici di secondo grado all’11 dicembre prossimo. 

Che cosa significa? Per i cinque imputati ,accusati di furti di materiale sul cantiere Tenda-Bis, il processo è da rifare e a decidere sarà, ancora una volta in diversa composizione, la Corte d'Appello di Torino. Inoltre, Comune di Limone Piemonte e Anas potranno avanzare richieste di i risarcimento.

Ad essere stata cassata dai giudici del 'palazzaccio' è stata infatti la sentenza assolutoria pronunciata nel maggio 2024  la quale aveva demolito l’impianto accusatorio di un’inchiesta che, zoppicante, era riuscita a tagliare il traguardo prima della maturazione di tutti i termini della prescrizione. Il gennaio scorso, infatti, anche la seconda tranche dell’inchiesta “maledetta” è giunta, almeno in primo grado, al capolinea.  

Tutto iniziò nel maggio del 2017, con il sequestro del cantiere di Limonetto. La Guardia di Finanza di Cuneo, ricevute alcune segnalazioni che riguardavano una presunta rivendita di gasolio e materiali da costruzione da parte di alcuni addetti della ditta appaltatrice per il raddoppio della galleria Tenda, iniziò una corposa indagine investigativa.

Attraverso intercettazioni, pedinamenti e perquisizioni, si apprese che le centine inutilizzate sarebbero state rivendute una volta scaricate sul cantiere di Limone Piemonte. Sugli atti di indagine, stando ai soli carichi tracciati dalla Gdf, si sarebbe trattato di una rivendita, dunque un ammanco, di circa 212 tonnellate di materiali ferrosi, con un guadagno di circa 23mila euro. 

Il periodo preso in considerazione andava dal gennaio 2014 fino a maggio 2017. Si ritenne però che il guadagno potesse essere superiore ai 100mila euro, in quanto la rivendita sarebbe stata effettuata tutta in nero al prezzo di 850 euro a tonnellata. Gli ammanchi, secondo la tesi difensiva, sarebbero stati solo degli scarti di lavorazione. 

Da qui la presa di posizione della Procura di Cuneo, rappresentata dal procuratore Onelio Dodero, che aveva chiesto la condanna di tutti e cinque gli imputati per furto, e la differente interpretazione dei fatti da parte della Corte d’Appello, interpellata dalle difese degli imputati in sede di impugnazione.

Può essere rubato qualcosa che è nella propria disponibilità? Per il magistrato cuneese sì.
 Quel materiale, che comprendeva non solo centine, ma anche ferro in disuso destinato allo smaltimento, venne rubato e rivenduto dai dipendenti della Grandi Lavori Fincosit.   

Per il tribunale di secondo grado, invece, no: quei materiali ferrosi, essendo già nella disponibilità della ditta, non potevano essere rubati. Al massimo, “indebitamente presi”. Da qui la diversa pronuncia e il clamoroso goal per le difese: l’appropriazione indebita è procedibile solo con querela di parte, che mancò.  

Quanto alla detenzione illegale di esplosivi e allo smaltimento dello “smarino”, la prescrizione ha corso più veloce della macchina giudiziaria, pertanto i reati sono da considerarsi estinti. Insomma, la tesi torinese, cassata poi in ultimo grado di giudizio, era stata che in realtà quei "furti", contestati dalla procura di Cuneo, altro non fossero che smaltimento di materiali non più utilizzabili in cantiere.   

Una sentenza, quella di secondo grado, che oltre ad aver messo in dubbio la qualificazione giuridica dei fatti stabilendo che la sparizione delle centine, che tra l'altro sarebbero state inutili ai fini della costruzione del cantiere perché smaltite, fosse un’appropriazione indebita e non un furto, aveva completamente sgretolato l’impianto accusatorio di un’inchiesta durata più di sette anni.  

Una guerra di interpretazione sul diritto, quindi. La parola, quindi, di nuovo ai giudici della Corte d’Appello che si riuniranno l’11 dicembre. 
 

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CharB.

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